Contabilizzazione del calore: il condomino non può rifiutare valvole e contatori

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Lo ha stabilito la corte d'Appello di Trento rigettando il ricorso di un condomino che si opponeva a che nel suo appartamento fossero installati i contabilizzatori sui radiatori. Su questi interventi non serve l'unanimità dell'assemblea condominiale. La sentenza e una sintesi della decisione.

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Un condomino non può rifiutarsi di installare sui termosifoni di casa propria le valvole termostatiche e i sistemi di contabilizzazione del calore deliberati dall’assemblea condominiale e deve assicurare ai tecnici la possibilità di accedere ai locali.

Lo ha ribadito la Corte d’Appello di Trento, mettendo fine ad una disputa condominiale con la sentenza 134/2016 (in allegato in basso).

Nel caso in esame, l’assemblea condominiale aveva deliberato a maggioranza l’acquisto di una nuova caldaia comune e l’installazione di un sistema di contabilizzazione e telelettura del calore consumato dai singoli condòmini.  

Successivamente alla delibera, installate sia la caldaia comune che le valvole termostatiche sui radiatori nei singoli appartamenti, un condomino si è opposto all’accesso dei tecnici della ditta incaricati di apporre, su ciascun termosifone, l’ulteriore dispositivo idoneo al rilevamento del consumo del calore.
 
Contro il rifiuto del condomino, il condominio ha agito in giudizio, invocando l’art. 843 cod. civ. e il principio di buona fede e correttezza nei rapporti condominiali. Il condomino ha resistito, sostenendo la nullità assoluta della delibera in quanto non assunta all’unanimità e comunque negando l’applicabilità dell’art. 843 cod. civ. e del principio di solidarietà.

I giudici in primo grado hanno dato ragione all’assemblea condominiale, che con la delibera aveva voluto adeguarsi ai nuovi obblighi di legge.

Il condomino renitente a questo punto è ricorso alla Corte d’appello che, però, con la sentenza in allegato in basso, ha rigettato le sue obiezioni sia sulla validità della soluzione tecnica scelta dal Condominio, sia alla possibilità di definire “comuni” anche i radiatori del proprio privato appartamento, sia sulla validità della delibera assembleare, non assunta all’unanimità.

“La trasformazione – spiegano i giudici – opportunamente illustrata ai condomini e poi voluta dalla maggioranza di essi, rientra pacificamente nel potere deliberativo dell’assemblea e non necessita certo dell’unanimità, come ripetutamente sottolineato sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina, non rientrando tra le innovazioni voluttuarie o gravose (il CTU ne ha appurato sia l’utilità che la corrispondenza ai prezzi medi di mercato), né tra quelle atte a recare un pregiudizio alla stabilità e alla sicurezza, o all’alterazione del decoro architettonico, ovvero a rendere inservibili parti comuni all’uso o al godimento dei condomini”.

La delibera “non essendo nulla, ma semmai annullabile” – inoltre – “avrebbe dovuto essere impugnata nel termine di trenta giorni”, fa presente il tribunale.

L’accesso dei tecnici all’abitazione del ricorrente per installare i contatori si sottolienea “non costituisce certo una violazione dei diritti soggettivi del cittadino, dovendosi in esso ravvisare semplicemente l’espressione della volontà espressa dalla maggioranza dell’assemblea condominiale di voler realizzare il nuovo impianto”.

Il condomino renitente è stato condannato a pagare 3.777 euro di spese legali.

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