Allarme costi sul mercato del dispacciamento elettrico. Chi ci sta guadagnando?

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Sul Mercato dei Servizi di Dispacciamento da aprile si sta verificando una situazione anomala che potrebbe costarci in bolletta quasi un miliardo in appena 3 mesi. Soldi che vanno ad alcuni impianti termoelettrici e a trader che approfittano della situazione. Vediamo cosa sta succedendo.

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Sta accadendo qualcosa di strano sul mercato elettrico. Si tratta di una dinamica che renderà più care le bollette portando guadagni a chi riesce ad approfittare della situazione: alcuni trader e alcuni grandi impianti termoelettrici, i quali, in parte estromessi dal mercato ad opera di solare ed eolico, potrebbero aver trovato altri modi per rifarsi dei mancati introiti.

Questa situazione anomala nel solo mese di aprile è costata al sistema elettrico quasi 300 milioni di euro e, se i dati di maggio e giugno saranno in linea con quelli di aprile, in tre mesi peserà per quasi un miliardo.

La denuncia (rilanciata oggi anche dal Senatore del M5S Gianni Girotto), come anche la stima dei costi citata, arriva dal Coordinamento Consorzi di Confindustria e riguarda quel che sta succedendo negli ultimi mesi sull’MSD, il mercato dei servizi di dispacciamento, che come sappiamo Terna gestisce per mantenere in equilibrio il rapporto tra domanda e offerta.

In particolare, si stanno registrando prezzi sempre più bassi “a scendere”, allorché gli impianti vengono pagati meno per ridurre la produzione rispetto a quanto previsto (situazione che si verifica quando c’è troppa poca domanda in rapporto alla produzione prevista); mentre si verificano prezzi sempre più alti “a salire”, cioè diventano più generosi i compensi che gli impianti percepiscono quando vengono chiamati da Terna a produrre più di quanto previsto, per colmare un deficit di energia rispetto alla domanda.

Questi ultimi prezzi ad aprile (ultimo mese per il quale si hanno i dati) hanno toccato punte di 600 €/MWh. In quel mese lo sbilanciamento “si è letteralmente infiammato”, denuncia in un intervento pubblicato oggi su Quotidiano Energia Marco Bruseschi, presidente del Coordinamento Consorzi di Confindustria, con un prezzo medio dello sbilanciamento per l’intera zona nazionale superiore a 70 €/MWh, contro i meno di 40 €/MWh del MGP, il mercato del giorno prima.

Questa situazione influenza il comportamento di alcuni soggetti e nel contempo è influenzata dal loro stesso comportamento. Sul banco degli imputati da un parte alcuni impianti termoelettrici abilitati a fornire servizi sull’MSD, dall’altra trader e altri soggetti non abilitati.

Per semplificare la spiegazione tecnica fornita a QualEnergia.it dall’analista di eLeMeNS Andrea Marchisio, i termoelettrici abilitati, presumendo di essere chiamati a offrire servizi “a salire” sull’MSD, tendono a partecipare poco all’MGP. Mercato, l’MGP, dal quale peraltro sono spesso in parte estromessi dalle nuove fonti rinnovabili, a causa del merit order effect, cioè per il fatto che vengono accettate prima le offerte economiche più basse di fonti con costi marginali praticamente nulli come appunto il fotovoltaico e l’eolico.

Questi impianti tendono così ad “uscire spenti” dal mercato, oppure offrono su MGP e ricomprano su MI (mercato infragiornaliero), avendo dunque un programma di produzione a zero. In questo modo influenzano il bilanciamento zonale, contribuendo a rendere la zona di mercato “corta”, ossia con segno negativo: una situazione in cui c’è più domanda che offerta e nella quale Terna è obbligata a chiamare a produrre “a salire” gli impianti abilitati, remunerandoli con i generosi prezzi sopra citati. Osservando la situazione viene da chiedersi se non ci sia un abuso di posizione dominante.

Tra i termoelettrici che impattano più sui costi, il presidente del Coordinamento Consorzi di Confindustria cita: la centrale di EP a Fiumesanto in Sardegna, chiamata costantemente su MSD a salire per 204 MW ad un costo di 210 €/MWh (centrale a carbone il cui costo di produzione di attesta sotto i 30 €/MWh); la centrale di Enel a Brindisi, chiamata costantemente su MSD a salire per 265 MW ad un costo di 350 €/MWh (moderna centrale a gas il cui costo di produzione si attesta sotto i 40 €/MWh); la centrale di Sorgenia a Brindisi, chiamata costantemente su MSD a salire per 180 MW ad un costo di 499 €/MWh (come per quella di Enel anche questa moderna centrale a gas).

Qualcosa di simile ai termoelettrici lo fanno anche alcuni soggetti non abilitati a partecipare all’MSD, come trader e unità di consumo. Intuendo che la zona zona sarà “corta”, programmano in modo da essere “lunghi”: cioè prevedono di prelevare più di quanto poi effettivamente consumeranno.

In questo modo possono valorizzare l’energia che hanno “prenotato” ma che non useranno rivendendola, con cospicuo vantaggio dato dai prezzi MSD e MI in situazioni zonali sistematicamente “corte”. Nel contempo evitano di essere penalizzati (con costi fino a 3/400 € a MWh) nel caso si trovassero nella situazione opposta, cioè essendo rimasti “corti” sulla programmazione e trovandosi ad aver bisogno di più energia rispetto a quella prenotata.

Il costo di tutto questo, stima Bruseschi, solo per il mese di aprile è stato di circa 230 milioni di euro euro per le unità abilitate al dispacciamento e di circa 60 milioni da addebitare ai presunti comportamenti  speculativi dei trader. Come anticipato, se questa dinamica fosse confermata dai dati di maggio e giugno (non ancora disponibili), il costo totale sarebbe di quasi un miliardo e  l’impatto sull’uplift, cioè il corrispettivo unitario per l’approvvigionamento delle risorse sull’MSD potrebbe arrivare a 15 €/MWh.

Da Confindustria sono giustamente preoccupati per gli aumenti in bolletta che colpiranno le PMI e che si sentiranno da luglio: “Chi doveva monitorare? Chi doveva intervenire? Tali comportamenti, pur se apparentemente in linea con il codice di rete, sono legittimi?”, chiede Bruseschi.

Terna, sentita da QualEnergia.it, dovrebbe fornirci una risposta a breve su quanto sta succedendo. Dall’Autorità per l’Energia invece ci fanno notare che molte criticità sul MSD sono affrontate nel nuovo documento di consultazione 316/2016 sulla disciplina degli sbilanciamenti, che dovrebbe impedire comportamenti opportunistici come quelli messi in atto da molti trader ad aprile.

Per il professor Alessandro Marangoni, contattato da QualEnergia.it, le modifiche delineate nel dco potranno risolvere il problema “in parte, ma non del tutto”. La dinamica, spiega, “potrà essere frenata dalla drastica riduzione delle zone (prevista dal dco, ndr), ma il gioco di arbitraggio tra i mercati che genera margini resta giuridicamente legittimo. Bisognerebbe vedere se in questo deve intervenire l’autorità o il legislatore. Un’idea – suggerisce Marangoni – potrebbe essere quella di mettere un tetto che limiti le possibilità di arbitraggio tra i diversi mercati”.

Marangoni e Marchisio sono poi d’accordo che i costi sul MSD si ridurranno con l’apertura di questo mercato a rinnovabili non programmabili e domanda, avviata dall’Autorità in un altro dco. Ma di questo parleremo in un altro articolo che uscirà presto su queste pagine.

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