Edifici a energia quasi zero, la sfida e l’opportunità

Entro il 2020 varrà per tutti gli edifici, ma già dalla fine del 2018 per quelli pubblici o ad uso pubblico: ogni nuova costruzione in Europa dovrà essere “a energia quasi zero”. Una sfida ma anche un'opportunità per il settore dell’edilizia. Ne parliamo con Lorenzo Pagliano, coordinatore del convegno "Nextbuilding" tenutosi a The Innovation Cloud.

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Entro la fine del 2020 per tutti gli edifici – ma già dalla fine del 2018 per quelli pubblici o ad uso pubblico – ogni nuova costruzione in Europa dovrà essere “a energia quasi zero”, mentre un processo di trasformazione verso l “energia quasi zero” dovrà essere avviato anche per il patrimonio edilizio esistente. Lo prevede a direttiva europea 31 del 2010 sulla performance energetica degli edifici. Una vera sfida e, al contempo, un’opportunità importantissima per garantire una crescita sostenibile del settore dell’edilizia. Se ne è parlato oggi a The Innovation Cloud a Milano in un convegno dal titolo Nearly zero energy buildings: tra attualità e futuro prossimo.

Abbiamo fatto qualche domanda ad uno dei coordinatori del convegno, Lorenzo Pagliano del gruppo di ricerca negli usi finali di energia del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano.

Ingegner Pagliano, cosa sono gli edifici ad ‘energia quasi zero’ e come si sta preparando il nostro paese ad affrontare la sfida che pongono?

Gli edifici a energia quasi zero, definiti dalla Direttiva europea sugli edifici del maggio 2010, sono edifici ad alte prestazioni, con una bassissimo fabbisogno energetico coperto in parte o completamente con le fonti rinnovabili. Nel nostro paese finora vari decreti hanno progressivamente richiesto requisiti di efficienza più stringenti per i nuovi edifici. Adesso gli Stati membri e, dunque, anche l’Italia, devono preparare un piano per lo sviluppo degli edifici a energia quasi zero. In questo piano daranno una loro interpretazione della definizione in base al contesto climatico nazionale e stabiliranno azioni per promuovere questo tipo di edifici da qui al 1° gennaio 2021, data in cui l’obbligo si applicherà a tutti i nuovi edifici. Si adopereranno anche per promuovere la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente per renderlo a energia quasi zero. Al momento solo la Danimarca ha preparato il suddetto piano.

Come deve evolvere la normativa degli Stati membri secondo la direttiva e, in particolare, cos’è l’ottimizzazione dei costi?

La normativa, secondo la Direttiva, dovrà appunto evolvere secondo il criterio dell’ottimizzazione dei costi su tutta la vita dell’edificio: i requisiti da rispettare verranno spostati verso il miglior rapporto costi-benefici. Si dovranno fare dei calcoli per verificare che le prestazioni richieste consentano di ottenere il livello di costo più basso, comprendendo sia l’investimento iniziale che le spese per la manutenzione, oltre che per l’energia che l’edificio consumerà su un arco di 30 anni. Probabilmente in molti Stati membri questo porterà a requisiti più stringenti in termini di prestazioni energetiche.

La sfida degli edifici a ‘energia quasi zero’ può portare anche a benefici economici. Quali sono?

Il fatto stesso di perseguire il costo ottimale si traduce ovviamente in un beneficio economico. Poi ci sono i benefici per l’economia in generale: tutto il settore dell’industria edile, dalla produzione di materiali e componenti al lavoro in cantiere, ha in questo un’opportunità incredibile per uscire dalla profonda crisi in cui si trova. Si tratta di sostituire parte della spesa che sosteniamo per importare dall’estero combustibili fossili con una spesa in materiali e lavoro da fare in Italia. In sintesi, oltre al beneficio economico dato dal risparmio sulle bollette per i proprietari degli immobili, abbiamo vantaggi per l’economia nazionale sotto forma di un riequilibrio della bilancia commerciale e di un aumento dell’occupazione.

Studiando l’ottimizzazione dei costi avete individuato quali sono le tecnologie migliori in quanto a rapporto tra spesa che comportano e risparmio energetico che si può ottenere?

Attraverso lo studio dell’ottimizzazione dei costi abbiamo trovato conferma che la strategia migliore è innanzitutto ridurre fortemente la domanda di energia, ad esempio con l’isolamento, il recupero del calore dall’aria di rinnovo, le protezioni solari. Solo a quel punto diventa possibile coprire il fabbisogno energetico con le rinnovabili e con un investimento ragionevole. Produzione di energia pulita e consumi devono essere il più possibile allineate, dato che avere un eccesso di produzione in certi periodi dell’anno, come l’estate, significa trasferire parte dei costi sulla rete, utilizzata come una sorta di accumulatore virtuale. In generale i migliori rapporti costi/benefici li hanno le tecnologie per il risparmio energetico, ma è sbagliato parlare di singole tecnologie: per ogni particolare situazione climatica e costruttiva c’è un mix più adatto di soluzioni per ridurre i consumi e coprirli con le rinnovabili. Ci sono dunque diverse soluzioni e combinazioni che dipendono dalle caratteristiche locali.

Cosa mi dice delle soluzioni di domotica: sono già tra le tecnologie che permettono di migliorare il rapporto globale tra investimento aggiuntivo e risparmio energetico o bisognerà attendere che i prezzi dei sistemi calino?

Dipende dal tipo di edificio. Se si parla di edificio per il terziario i sistemi di controllo domotico sono ormai quasi sempre parte del pacchetto. Queste tecnologie stanno calando di prezzo. Poi, ovviamente, bisogna sempre trovare il giusto compromesso tra costi e prestazioni, specie nell’ambito del residenziale, dove comunque ci sono soluzioni semplici che danno buoni risultati.

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