Il paese del sol levante ripensa la sua energia

In Giappone gli interessi contrari all'atomo sono fortissimi, ma a breve bisognerà riorientare il sistema energetico per sostituire almeno 10 GW nucleari inutilizzabili. Spazio allora all'efficienza energetica, al gas e alle rinnovabili per uno scenario elettrico alternativo al 2050. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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Il comparto nucleare giapponese rappresenta un blocco di interessi molto forti che comprende le 10 aziende elettriche, le industrie che costruiscono centrali (Toshiba, Mitsubishi e Hitachi) e quelle coinvolte nella gestione del ciclo del combustibile. Le interazioni delle imprese con i vari governi che si sono succeduti sono state strettissime e questo spiega la politica decisamente filonucleare finora imperante e lo spazio molto limitato destinato alle rinnovabili.


L’incidente di Fukushima potrebbe mettere radicalmente in discussione questa situazione, anche perché viene quattro anni dopo il danneggiamento a causa di un altro terremoto del complesso nucleare da 8.000 MW di Kashiwazaki con 3.000 MW ancora fermi e perdite economiche elevatissime per la Tepco, proprietaria anche di Fukushima. L’attuale sisma ha bloccato il funzionamento di ben 20,3 GW sui 47,5 GW dell’intero parco nucleare giapponese, mettendo in evidenza la fragilità della tecnologia atomica nei confronti degli eventi sismici e la bassa resilienza di un sistema elettrico che dipende per il 29% dal contributo dell’atomo (dati 2010).


Nei prossimi mesi si rivedrà l’attuale strategia energetica proiettata a coprire con il nucleare la metà della domanda entro il 2030. Un primo settore che vedrà un forte impulso sarà quello dell’efficienza energetica. E questo, aldilà della necessità di far fronte anche con misure eccezionali di risparmio al deficit previsto di 10.000 MW a fronte di un picco della domanda estiva di 57 GW nell’area servita dalla Tepco. Il gas vedrà inoltre una forte espansione, grazie anche alla congiuntura internazionale che vede una espansione delle esportazioni grazie allo sfruttamento dello shale gas.


E poi ci sono le rinnovabili, che nel 2010 hanno soddisfatto il 10% della domanda elettrica. Diversi studi hanno verificato la possibilità di un riorientamento delle strategie per arrivare a coprire tutta la domanda con le energie verdi entro il 2050 (vedi grafico: Scenario elettrico alternativo al 2050 in Giappone).


Il Giappone ha in effetti notevoli potenzialità nel campo del solare, dell’eolico, del geotermico. Quella che è mancata finora è la volontà politica di sostenere con forza queste opzioni. Emblematica da questo punto di vista la vicenda del fotovoltaico. Nel 2000 il Giappone era decisamente in testa nello sviluppo mondiale di questa tecnologia, con una propria forte industria e con una potenza solare installata 3 volte superiore a quelle della Germania e degli Stati Uniti e 20 volte superiore a quella italiana. Negli ultimi anni la politica di sostegno è stata molto discontinua e nel 2010 la situazione si è ribaltata con la Germania e l’Italia che hanno installato rispettivamente 7 e 5 volte di più rispetto al Giappone.


È prevedibile dunque che, a fronte di un profondo ripensamento sul nucleare, le rinnovabili nei prossimi anni avranno una rapidissima crescita. Anche se gli interessi contrari sono enormi e non deporranno le armi così facilmente. A proposito di controinformazione, citiamo una notizia comparsa sul sito americano del costruttore nucleare francese Areva secondo la quale per sostituire la produzione nucleare giapponese con il solare sarebbe necessaria una superficie pari al 52% dell’intero territorio del paese. In realtà, con buona pace del nucleare, si utilizzerebbe solo l’1% della superficie, in larga parte coperture di edifici.

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