La roulette russa del deposito di scorie nazionale

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Si scatena la bagarre sulla mappa dei siti individuati dalla Sogin per il deposito nazionale di scorie nucleari. Sarebbero una cinquantina, ma Berlusconi chiede che il documento sia tenuto ancora segreto. In effetti, come può essere già pronto e valido un documento che richiede il controllo di una Agenzia per la sicurezza nucleare, ancora inesistente, e che non sia stato prima sottoposto a VAS?

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La mappa dei siti individuati per accogliere il deposito definitivo di scorie nucleari sembra ormai pronta. Se ne sta occupando la Sogin che ne avrebbe indicati una cinquantina, con una maggiore concentrazione nel Lazio, in Toscana, in Puglia e Basilicata. Tuttavia qualche giorno fa Berlusconi, ministro ad interim dello Sviluppo Economico, piuttosto nell’ombra finora in questo ruolo, ha scritto alla stessa società che la divulgazione di questo documento “potrà essere validamente attivata solo a seguito del verificarsi dei presupposti” (da IlSole24Ore).


Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, spiega almeno due ragioni per questa lettera nel suo blog:
“1. I criteri per la definizione dei siti idonei dovrebbero essere quantomeno “validati” da un’Agenzia per la sicurezza nucleare, che in tutti i Paesi in cui questa tecnologia esiste, è la massima autorità di garanzia per la sicurezza. Purtroppo l’Agenzia non esiste ancora e dunque non può aver emesso alcun criterio di scelta. Peraltro, quando verrà costituita, avrà un centinaio di tecnici (ce ne vorrebbero almeno 400) provenienti da Ispra ed Enea, molti dei quali prossimi alla pensione.
2. Lo studio andrebbe prima sottoposto a Valutazione ambientale strategica (VAS). Ma, si sa, in Italia le valutazioni ambientali è meglio non farle. Il governo Berlusconi mostra dunque un’arroganza che viola ogni principio di trasparenza e dibattito democratico: si producono gli studi di localizzazione prima di aver presentato criteri di esclusione e valutazioni ambientali e aver fatto – almeno formalmente – una consultazione con i portatori di interessi”.


Alcuni deputati e senatori del Pd hanno chiesto che questa lista dei siti sia subito resa pubblica, per la trasparenza e il coinvolgimento dell’opinione pubblica, ma anche per evitare nuovi casi come quello accaduto a Scanzano Jonico, fra l’altro creatosi proprio nel corso di un precedente governo Berlusconi.


Alcune Regioni, come Basilicata ed Emilia Romagna, hanno oggi espresso le loro opinioni in merito a questa fuga di notizie. Il presidente della Regione Basilicata, Vito de Filippo, ha dichiarato che “La Basilicata ha già detto ‘no’ con chiarezza e determinazione al tentativo di imporre il deposito a Scanzano Jonico fatto qualche anno fa ed è pronta a ripetere questa posizione in ogni circostanza, in ogni sede e con ogni mezzo”. Ma la partita “non può essere ridotta a un ‘morte tua vita mea’ che contrapponga i diversi territori in uno stillicidio di notizie che contrastano con le norme approvate”. L’iter previsto dal governo, infatti, “metteva la scelta dei siti a valle dell’aggiornamento dei criteri di selezioni da parte di una Agenzia per la sicurezza nucleare che ancora non esiste e delle risultanze di una valutazione ambientale strategica di cui ancora oggi non si ha notizia – ha detto De Filippo – quindi, ogni ipotesi di scelta già fatta dalla Sogin sarebbe una forzatura al di fuori di ogni quadro normativo e chi ne dovesse essere autore avrebbe posto in essere una sospetta quanto incosciente fuga in avanti”.


La Regione Emilia Romagna secondo il suo assessore Sabrina Freda dice che non vuole neanche sentir parlare di nucleare, sotto qualsiasi forma si presenti. Vale non solo per gli impianti, ma anche appunto per le scorie, “Come se non bastassero le voci su una centrale a Caorso, ora ci si mettono anche le scorie…”, sbotta la Freda. E “gli incentivi? Possono forse rassicurare i cittadini sui rischi delle scorie? Non siamo mica al mercato”.


Per Bonelli dei Verdi sul nucleare “si procede a colpi di leggi non concertate che non coinvolgono i cittadini e gli enti locali, secretando i documenti e con procedure che non tengono conto degli obblighi normativi, alcuni dei quali sono dettati direttamente dall’Unione europea”. La Sogin nel suo documento chiama il possibile deposito nazionale di scorie nucleare ‘Polo tecnologico’. Per l’esponente dei Verdi anche questo è modo di prendere in giro sia i cittadini e gli enti locali: “la ricerca e le problematiche delle scorie non si fa nei siti, ma nei laboratori di fisica nucleare con appositi reattori sperimentali, mentre i depositi sono solo dei magazzini”, ha detto in una nota.


Onufrio di Greenpeace rincara la dose e afferma che oggi si sta perpetrando ai danni degli italiani una vera e propria “truffa nucleare”, affermando che oltre a dare la precedenza all’energia da nucleare sulla rete elettrica, sembra si stia definendo anche un prezzo fisso (dunque fuori mercato) di 90-100 euro al MWh per l’atomo, cioè 50-60% in più del prezzo attuale alla Borsa elettrica. Risorse che verrebbe tolte all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili. Aggiunge poi che qualcuno forse pensa di creare “un quadro giuridico per poter firmare i contratti, che si sa non verranno mai rispettati, emanare un decreto che copre con garanzie pubbliche questi contratti e poi scaricare le penalità sulle bollette degli italiani”.


Per Legambiente “la realizzazione di qualsiasi impianto, a partire da quelli più impattanti come è il deposito per i rifiuti radioattivi, non può prescindere da un confronto trasparente con gli enti locali, i soggetti economici e i cittadini; si tratta di una scelta, infatti, che ipotecherà il futuro di quelle zone per centinaia o piuttosto migliaia di anni e che è indispensabile fare nel modo più democratico possibile, senza logiche militari”.


Una voce arriva anche dal Governo. E’ quella del sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia: “La Sogin ha fatto un ottimo lavoro, cercando di rispettare i termini, una base di partenza rispetto ad una decisione che dobbiamo prendere, ma non oggi. Tutto ciò dovrà essere poi valutato dall’agenzia per la sicurezza nucleare e deve rispondere alla Vas”.


Ma in molti si chiedono se in caso di elezioni anticipate i partiti di governo sull’atomo avranno ancora un atteggiamento di basso profilo, come è accaduto nella recente campagna elettorale per le regionali, quando questa materia scomparve dal dibattito per evitare il possibile dissenso dei cittadini.

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