La vista e il rumore delle giganti turbine, secondo lo studio, sembra avere un impatto pressoché nullo sui 3000 uccelli di 33 specie diverse censiti dagli ornitologi nell’inverno del 2007, in prevalenza corvidi e piccoli uccelli dei campi. Tutte le specie, tra le quali diverse incluse nella lista rossa delle specie minacciate di estinzione – rileva lo studio riportato anche da New Scientist – sono state ritrovate in numero uguale in tutta l´area, in un raggio tra i 150 metri e i 750 metri dalle turbine. Gli unici a essersi spostati dagli impianti sono i fagiani.
Quello dell’impatto delle centrali eoliche sui volatili è sempre stato un argomento controverso, che ha più volte diviso il fronte ambientalista tra chi spingeva per meno vincoli alle rinnovabili e chi era preoccupato per la tutela della biodiversità. Vari studi in passato hanno dimostrato l’impatto degli impianti eolici sugli uccelli, in particolare sui rapaci. La ricerca inglese, riferita agli uccelli di campagna, che finora erano stati poco considerati, va in senso opposto.
“Le pale eoliche sono molto dannose in situazioni di crinale, bottle-neck, linee di costa e ovviamente meno nelle aree in cui (aree agricole comprese), non c’é un “raggruppamento” di migratori o di specie veleggiatrici; quindi ciò porta a dire che certo le aree agricole hanno meno problemi di impatto sugli uccelli” commenta a Qualenergia.it, Marco Gustin, responsabile Specie e Ricerca LIPU, che solleva però un dubbio su quante di queste aree pianeggianti nella realtà geografica italiana “a parte il Tavoliere pugliese” siano adatte all’eolico.
Sui terreni agricoli europei dunque le turbine eoliche possono contribuire a far raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni senza minacciare la biodiversità. L’eolico è una tra le fonti pulite con le maggiori potenzialità da sfruttare per raggiungere gli obiettivi europei del 2020, mentre la popolazione avicola delle campagne europee dal 1985 al 2005 ha subito un calo del 40% imputato principalmente ai metodi di agricoltura intensiva. “Una buona notizia sia per i naturalisti, che per le aziende dell’eolico che per i decisori politici” , dichiara l’autore principale dello studio inglese al Telegraph.
GM
2 ottobre 2008