I risultati della prima procedura di richiesta per gli incentivi, pubblicati dal GSE lo scorso 15 gennaio, mettono in luce un dato interessante: le biomasse agroforestali hanno ottenuto il 30% in più delle richieste rispetto al contingente di potenza disponibile, mentre per le Aste (impianti sopra i 5 MW) e le biomasse di tipologia C (rifiuti biodegradabili) la richiesta è stata mediamente pari al 10 % del contingente. Questo e tanti altri aspetti sono stati approfonditi settimana scorsa nel corso della presentazione della prima edizione del Report sulle Rinnovabili Elettriche non Fotovoltaiche, il rapporto pubblicato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.
Tra i partner dell’iniziativa ha figurato Renovo SpA, società che, attraverso la controllata Renovo Bioenergy, sta portando avanti un progetto che prevede la realizzazione di un network nazionale di centrali termoelettriche cogenerative alimentate a biomassa, che valorizzano l’energia termica residua attraverso la cessione a realtà industriali, commerciali e residenziali situate in zone limitrofe.
Il progetto rappresenta un valido modello di valorizzazione industriale degli scarti prodotti dalle lavorazioni agricole, agro-industriali e dalla manutenzione di superfici boschive, trasformati da pure voci di costo per la raccolta e lo smaltimento a fonti di energia rinnovabile sotto forma di biomassa secca.
“Negli anni passati, – ha spiegato il Presidente di Renovo SpA Stefano Arvati, intervenuto nel corso del convegno di Milano – si sono sviluppati soprattutto impianti di grandi dimensioni, che basano parte dell’approvvigionamento sull’importazione di biomasse, spesso dall’estero. Per fortuna, l’impatto del decreto sul settore ha orientato il mercato verso la realizzazione di impianti di piccole dimensioni, valorizzando in termini di incentivazioni il recupero di sottoprodotti agricoli, forestali e industriali”
Arvati ha continuato affermato che “questo intervento è di fondamentale importanza, considerando la quantità enorme di scarti di cui disponiamo e che implicano, tra l’altro, grosse problematicità di smaltimento. A questi vantaggi bisogna aggiungere una logica considerazione: un impianto di piccola taglia ha bisogno di meno combustibile, perciò può essere alimentato a filiera corta. Ritengo altrettanto positivo l’intervento del Governo per incentivare la produzione di ‘valore’, attraverso l’utilizzo di biomassa secca dagli scarti prodotti dalla manutenzione di boschi e foreste o dalla silvicoltura industriale, che in molti casi va a invertire situazioni di incuria per cronica mancanza di fondi che rappresentano un ostacolo alla fruizione del verde da parte della collettività, nonché un pericolo per la sopravvivenza stessa delle aree boschive. Allo stesso modo, il recupero energetico da potature di vite, olivo e frutteti rappresentano un’importante opportunità, e non solo in termini ambientali”.
“Ora, tuttavia, ci aspettiamo dal nuovo Ministero per l’ambiente – ha concluso Arvati – regole chiare e precise, che prendano in considerazione le direttive emanate dalla Comunità Europea e che possano contribuire a garantire nel nostro Paese efficienza energetica, economica e, di conseguenza, finanziaria”.