Decine di miliardi di locuste hanno assaltato i campi dell’Africa e dell’Asia, questo mentre parallelamente il Covid mieteva vittime in tutto il mondo.
Ci sono impressionanti similitudini tra i due fenomeni.
Partiamo dalla velocità di propagazione. La crescita esponenziale del numero di insetti, con un incremento di 20 volte per ogni generazione, ci ricorda la rapidità del contagio del coronavirus che nella fase iniziale può portare al raddoppio delle persone infettate in pochi giorni.
Un secondo elemento che accomuna le due crisi riguarda l’impreparazione nella loro gestione. I paesi africani hanno dovuto affrontare l’invasione di locuste senza organizzazione e senza strumenti per difendersi, esattamente come è successo con il virus per molti paesi europei e del Nord e Sud America. È come dover affrontare un incendio senza avere idranti, ricorda Keith Cressman, responsabile della prevenzione delle locuste della Fao. E pare di sentire i consigli degli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla necessità di attrezzarsi per i virus.
La terza similarità riguarda la possibilità di una “seconda ondata”. Potrebbe accadere in autunno per il virus, come per le cavallette.
Infine, va ricordato come il contrasto alla piaga delle locuste esiga un coordinamento internazionale, esattamente come quello necessario per difendersi dal Covid.
Ma cosa ha portato all’eccezionale invasione delle cavallette nel 2020?
I cambiamenti climatici hanno avuto un ruolo importante, con un riscaldamento anomalo della parte occidentale dell’Oceano Indiano rispetto a quella orientale.
Questo fenomeno, il “dipolo dell’Oceano Indiano”, è spesso chiamato Niño indiano per la sua somiglianza con il suo equivalente del Pacifico. Nel 2019 esso ha visto un’intensità che non si verificava da decenni, portando piogge torrenziali nell’Africa orientale e in India che hanno obbligato centinaia di migliaia di persone ad abbandonare le proprie case.
Al ritirarsi delle acque è nata una lussureggiante vegetazione che ha consentito alle locuste, abituate a vivere in luoghi aridi, di moltiplicarsi in maniera esplosiva, cambiando colore, forma e lo stesso comportamento, usualmente solitario.
Il risultato è stata la devastazione dei territori che ha portato alla fame intere popolazioni.
Articolo pubblicato sul numero di luglio di Nigrizia