Trump vuole le “terre rare” dell’Ucraina, ma quelle non ci sono

Il Paese non risulta possedere rilevanti risorse delle terre rare propriamente dette (scandio, ittrio, lantanoidi) né miniere attive di tali elementi. Facciamo chiarezza con l'aiuto di Nicola Armaroli del Cnr, nel quadro della crescente competizione globale per le materie prime.

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I 500 miliardi di dollari in “terre rare”, chiesti dal presidente Usa Donald Trump all’Ucraina come moneta di scambio per il supporto americano a Kiev contro l’invasione russa, hanno innescato una spirale di analisi e commenti con molta disinformazione, anche sulla stampa internazionale.

Come vedremo, l’Ucraina non possiede risorse rilevanti di terre rare secondo i dati geologici attuali. Inoltre, ammesso che si trovino depositi minerari sfruttabili, serviranno molti anni (e ingenti investimenti) per portarli in produzione commerciale.

Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Parlando a Fox News il 10 febbraio, Trump ha dichiarato: Ho detto loro [all’Ucraina] che voglio l’equivalente di 500 miliardi di dollari in terre rare. E hanno sostanzialmente accettato di farlo, così almeno non ci sentiamo stupidi”.

In sostanza, la Casa Bianca punta a estendere il suo controllo sulle risorse geologiche ucraine come compensazione per il sostegno finanziario americano al presidente Zelensky, in un quadro geopolitico che vede Trump in prima linea nel voler risolvere il conflitto Kiev-Mosca; come conferma la telefonata di mercoledì dello stesso presidente Usa a Vladimir Putin per avviare i contatti diplomatici verso i negoziati di pace.

In Ucraina non ci sono miniere attive di terre rare

Nicola Armaroli, chimico e dirigente di ricerca presso il Cnr, spiega a QualEnergia.it che in linea generale il termine “raro” spesso è usato a sproposito, includendo materie prime che non sono rare, come il litio, il cobalto e altre ancora.

Come ha scritto in un post su LinkedIn, quella delle terre rare in Ucraina è sostanzialmente una fake news, perché il Paese è ricco di diverse risorse minerarie, tra cui litio, titanio, uranio e grafite. Ad oggi, però, secondo i database geologici internazionali, non risulta tra i detentori di risorse significative di terre rare.

Queste ultime comprendono esclusivamente 17 elementi chimici della tavola periodica: scandio, ittrio e 15 lantanoidi, impiegati in diversi settori tecnologici, inclusi cellulari, motori elettrici, illuminazione, industria militare e molto altro.

“In Ucraina oggi non vi sono attività minerarie legate alle terre rare”, spiega Armaroli, precisando che l’Ente geologico ucraino sostiene che nel Paese ci siano depositi di questi elementi, “ma non c’è nulla di sicuro”.

Inoltre, evidenzia l’esperto, “ammesso e non concesso che esistano delle riserve sfruttabili di terre rare in Ucraina, servirebbero almeno dieci anni per portarle in produzione”, specie in un Paese devastato dalla guerra dove occorre sviluppare nuovi impianti e nuove infrastrutture.

Il punto, osserva Armaroli, è che scandio, ittrio e lantanoidi “raramente si trovano concentrati a livelli che possano essere estratti”. Di terre rare insomma ci sono grandi quantità sul nostro Pianeta, “ma molto dipende da quanto siamo disposti a spendere per tirarle fuori”, perché i processi minerari possono essere molto complessi e costosi.

Difatti, come si legge sullo U.S. Geological Survey, Mineral Commodity Summaries di gennaio 2025, “le terre rare sono relativamente abbondanti nella crosta terrestre, ma le concentrazioni estraibili sono meno comuni rispetto alla maggior parte delle altre materie prime minerali. In Nord America le risorse misurate e indicate di terre rare sono state stimate in 3,6 milioni di tonnellate negli Stati Uniti e oltre 14 milioni di tonnellate in Canada”.

La Cina oggi è il principale produttore minerario di terre rare con circa il 70% del totale mondiale.

Stati Uniti e Unione europea stanno cercando opportunità per ridurre la loro dipendenza dalle importazioni cinesi (nuovi canali di approvvigionamento, industria del riciclo), quindi le affermazioni di Trump vanno lette nel contesto della crescente competizione geo-economica.

Peraltro, è difficile capire cosa intendesse esattamente con il suo vago riferimento alle “terre rare”. Alle terre rare propriamente dette o ad altri minerali?

Il tesoro ucraino e come sfruttarlo

Come scrive in un articolo online dell’11 febbraio Alberto Prina Cerai, Junior Research Fellow di Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), “che l’Ucraina fosse al centro dell’attenzione per le sue vaste risorse di materie prime (alcune delle quali classificate come ‘critiche’ sia da Stati Uniti sia dall’Unione Europea”, è un tema “che precede l’inizio delle ostilità e le dinamiche del conflitto che hanno portato la Russia ad occupare una serie specifica di territori”.

“Il vero ‘tesoro ucraino’ agli occhi occidentali è rappresentato da quello che a livello geologico è definito l’Ukranian Shield: una terra di intermezzo compresa tra i fiumi Nistro e Bug e che si estende al Mare d’Azov e nel sud del Donbas, di circa 250 mila chilometri quadrati”, prosegue Prina Cerai.

“La maggior parte dei depositi di minerali metallici e il più grande bacino di minerali di ferro di Kryvyi Rih sono collegati alla base geo-morfologica dello Scudo ucraino”, spiega l’esperto; “depositi primari sono associati a quantità variabili di materie prime critiche come alluminio, rame, nichel, litio, germanio, niobio, tantalo e terre rare, ma anche uranio (2% delle riserve mondiali) che sta tornando di interesse per il possibile rilancio dell’industria nucleare”.

L’uscita della Casa Bianca sulle terre rare, pur nella sua vaghezza, può essere collegata ai successivi colloqui con Mosca sulle ipotesi di pace in Ucraina. Un filo diretto Trump-Putin sulla questione potrebbe lasciare l’Europa in un angolo e mettere sul piatto dei negoziati le risorse minerarie di Kiev.

“Nel più ampio contesto transatlantico – evidenzia l’analista dell’Ispi – laddove Washington ora sembrerebbe voler dare le carte prima ancora di sedersi al tavolo delle trattative, seguendo le dichiarazioni e intenzioni del presidente, l’accesso alle risorse fuori dalla sfera d’influenza russa dovrà passare anche da un bilanciamento tra gli interessi americani e quelli, meno recenti, europei”.

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