Nei decenni scorsi l’Italia si fece notare nel mondo per essere in prima fila nello sperimentare nuove tecnologie, dai treni ad alta velocità all’energia nucleare, fino alla messa in orbita di satelliti.
Salvo poi, purtroppo, quasi sempre non andare molto al di là dei prototipi, incapace di costruire una industria intorno a queste innovazioni e finendo magari per tentare, alcune volte, degli improbabili rientri “fuori tempo massimo”, come accaduto con il nucleare nel 2011.
Un altro settore in cui fummo pionieri, meno noto dei precedenti, è quello dell’uso dell’energie rinnovabili per elettrificare le isole minori non connesse alla rete nazionale: nel 1984 l’Enel spese la bellezza di 3 miliardi di lire per installare 80 kW di pannelli solari e batterie, per portare l’energia a 41 famiglie sull’isola di Vulcano. E i giornali riportarono allora in questi termini la grande notizia: “L’energia alle Eolie arriverà da sole e vento” .
Trentaquattro anni dopo di quell’impianto non si trova più traccia, e anche la grande promessa di elettrificare le piccole isole con sole e vento è rimasta tale, nonostante oggi, per costruire un impianto da 80 kW con batterie si spenderebbe un cinquantesimo di quanto speso allora: tutte le 20 isole minori italiane, compresa la stessa Vulcano, ricavano quasi tutta la loro elettricità da generatori diesel.
Le altre esperienze e il primato di Tilos nel Mediteraneo
Il resto del mondo, però, non è rimasto a guardare, e una dopo l’altra decine di isole in altre nazioni, ne fa l’elenco il recente rapporto di Legambiente “Isole sostenibili“, si stanno dotando di rinnovabili, e hanno piani per diventare presto 100% libere dall’energia da petrolio (anche con impiego massiccio dei mezzi di trasporto elettrici).
Alcune, anzi, lo sono già diventate: è ben noto il caso di Hierro, nelle Canarie, che dal 2013 produce quasi tutta la sua elettricità con il vento, accumulando gli eccessi di produzione come acqua dolce in un bacino posto su una montagna, da cui recupera l’energia con una piccola centrale idroelettrica, ma hanno raggiunto quell’obbiettivo, per esempio, anche le isole Orcadi, in Scozia, Samso in Danimarca, Kodiak in Alaska, o Ta’u nelle Samoa americane.
Ma all’ormai non tanto ristretto club del “100% ad energia verde” ora si sta per aggiungere l’isola greca di Tilos, nell’Egeo, che risolverà entro il 2018 i suoi problemi di fornitura elettrica, prima assicurati in modo inaffidabile dalla centrale diesel della vicina Kos, con 800 kW di eolico; 160 kW di fotovoltaico e batterie 2,4 da MWh di capacità. In questo modo Tilos diventerà la prima isola del Mediterraneo ad essere alimentata solo da energie rinnovabili, aggiungendo anche una importante coccarda verde alla sua capacità di attrarre turisti.
In Italia un decreto ancora inattuato
Record e occasioni di sviluppo che avrebbe potuto cogliere una qualsiasi isola minore italiana, se si fosse fatto seguire agli esperimenti pionieristici di 30 anni fa, un progetto concreto e lungimirante.
Invece isole minori italiane restano dipendenti dai generatori diesel, che producono una energia rumorosa, inquinante e costosissima, la cui differenza con il Pun viene ripagata da tutti gli italiani in bolletta con circa 60 milioni di euro l’anno.
Come detto più volte su QualEnergia fin dal 2012, per esempio qui e qui, la conversione delle piccole isole alle rinnovabili sarebbe un affare per tutti, per l’ambiente, per il clima, per la nostra industria e ricerca, così come per i cittadini paganti, ma, per ora, ben poco di concreto è stato fatto.
Si sperava che la situazione si sarebbe sbloccata con il decreto del MiSE del 14 febbraio 2017, che prevede di dare, a chi produce elettricità rinnovabile sulle isole minori, gli stessi incentivi dati a chi la produce con il diesel, oltre a garantire l’accesso alla rete locale per la distribuzione, ma a 18 mesi dall’approvazione del decreto nulla è accaduto, perché manca il regolamento per l’erogazione degli incentivi scritto dall’ Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera, ex Aeegsi), che sarebbe invece dovuto essere pronto entro il 2017 (vedi QualEnergia.it, Incentivi alle rinnovabili sulle isole, una prima analisi del testo in consultazione).
L’appello alla nuova Arera contro i mini monopolisti
“Ufficialmente non ci sono spiegazioni di questo incredibile ritardo – commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – ma c’è il fondato sospetto che una instancabile operazioni di lobbying da parte dei titolari delle piccole società isolane di produzione elettrica, continui a mettere bastoni fra le ruote a un cambiamento ormai più che dovuto”.
In effetti pochi affari sono più remunerativi che produrre energia elettrica con il diesel in una piccola isola italiana, visto che lo Stato garantisce, alla dozzina di minuscole società elettriche, spesso a gestione famigliare, delle isole minori i guadagni con il sovrapprezzo in bolletta, mettendoli al riparo da ogni rischio, come il fluttuare del prezzo del petrolio.
Non c’è quindi da meravigliarsi che questi mini monopolisti vedano come il fumo negli occhi un decreto che, sia pure destinato a stimolare prima di tutto loro stessi perché si convertano alle rinnovabili, in pratica apre a chiunque il loro minuscolo mercato protetto.
“In teoria anche prima chiunque poteva andare su un’isola e impiantare, ammesso avesse ottenuto i permessi necessari, un parco Fv e distribuire l’elettricità in rete. Ma in pratica il nuovo produttore non avrebbe ricevuto dallo Stato il sovrapprezzo di cui gode il kWh da diesel e l’allaccio alla rete veniva ritardato e ostacolato dal monopolista locale con ogni mezzo”, spiega Zanchini.
Il nuovo decreto, invece, prosegue “concede il conguaglio a tutti i produttori, esistenti e nuovi, indipendentemente dalla fonte usata, e obbliga i gestori delle reti ad allacciare in tempi certi i nuovi impianti. In pratica livella il campo di gioco, permettendo a tutte le fonti di competere alla pari. Si spera quindi che la nuova dirigenza dell’Arera, nominata a fine luglio, sia meno sensibile alle lobby e smaltisca una pratica che il paese attende da ormai troppi anni”.
Segnali di cambiamento
Per completezza, bisogna però dire che alcune società elettriche delle isole minori sembrano aver colto il vento nuovo.
L’isola di Favignana, per esempio, è candidata ad essere una delle dieci isole faro-laboratorio del network della Commissione Europea “Greening the Islands” che punta a decarbonizzare mille isole europee entro il 2030, e la Società Elettrica di Favignana Spa ha già presentato un progetto per trasformare la vecchia centrale diesel in un impianto solare con batterie.
Al Giglio, invece, la Sie, il monopolista elettrico locale, con l’aiuto di Terna, punta ad affiancare ai generatori diesel, rinnovabili e accumulo, con l’obbiettivo di dimezzare il consumo di gasolio, mentre è previsto un digestore per i rifiuti organici, finora smaltiti a carissimo prezzo sulla terraferma, così da produrre biogas per elettricità e calore.
“È c’è anche il gigante Enel, che gestisce l’elettricità su 8 delle isole minori, come Capraia in Toscana, Vulcano in Sicilia e Ventotene nel Lazio. Non che anche Enel abbia fatto finora chissà che sulle ‘sue’ isole, ma alcuni sue sperimentazioni di produzione da FV e biogas, uso di batterie, o produzione di elettricità da onde, fanno pensare che abbia piani non solo per cambiare il sistema di produzione dove è già presente, ma che intenda, una volta approvato il regolamento da parte della Arera, anche sbarcare nelle isole minori più redditizie, come Pantelleria o Lipari”. conclude Zanchini.
Una eventualità che certamente non fa dormire sonni tranquilli ai ras dell’elettricità isolana da gasolio.