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Spreco isole minori: la rivoluzione può attendere

Nelle isole non connesse alla terraferma l'elettricità costa ben 465 euro/MWh, con un costo di 60 milioni di euro annui spalmato sulle bollette di tutti. Il d.l. Competitività propone di mettere fine a questo spreco, anche promuovendo fonti alternative agli inefficienti generatori diesel. Ma l'attuazione della riforma proposta dall'Autorità è piuttosto deludente.

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Poteva essere un’occasione per tagliare uno spreco e nel contempo promuovere l’energia pulita senza bisogno di incentivi, ma non pare sarà colta. Sembra  che dovremo aspettare ancora per vedere i moduli fotovoltaici soppiantare gli inquinanti e inefficienti generatori diesel nelle isole minori italiane, dove l’elettricità costa l’allucinante cifra di 465 euro/MWh. La rivoluzione attesa con le nuove norme introdotte dal Taglia-bollette, infatti, non pare riflettersi nella riforma che l’Autorità per l’Energia sta preparando, proposta in un documento messo in consultazione il 4 dicembre ((DCO 598/2014), con osservazioni che vanno inviate entro il 15 gennaio.

Stiamo parlando dell’incredibile spreco di denaro pubblico legato alla produzione elettrica nella dozzina di piccole isole italiane non connesse alla rete elettrica nazionale, che QualEnergia.it aveva denunciato già nel 2012.

In quei luoghi, dove abitano permanentemente circa 40.000 persone, ma che ne ospitano d’estate centinaia di migliaia, tutta l’elettricità proviene da generatori diesel, gestiti da piccole società private locali (a parte Salina, Vulcano, Capraia e Ventotene, dove opera Enel), che producono una elettricità carissima. Per non penalizzare gli abitanti delle isole, dal dopoguerra si è deciso che questi paghino l’elettricità quanto la media degli italiani, e il resto venga coperto da tutti i consumatori italiani attraverso un’apposita voce in bolletta, la UC4.

Il metodo per decidere quanto debbano ricevere le piccole società elettriche isolane è però discutibile: presentano le loro fatture, sottraggono quanto incassato dai loro clienti, e vengono conguagliate a piè di lista. Un sistema che lascia ampio margine ad abusi, sprechi e furbizie varie: «Se un operatore – ci spiega un tecnico del settore che vuole restare anonimo – decidesse di portare il gasolio per i generatori con l’elicottero, invece che con la nave, toccherebbe rimborsarlo ugualmente». Anche senza ipotizzare truffe, il rimborso a piè di lista non dà nessun incentivo a investire nel miglioramento degli impianti, per renderli più efficienti e ridurre i consumi, e tanto meno nell’installare alternative meno costose e inquinanti del diesel.

Dopo 50 anni di questo regime bizzarro, regolato da leggi prima nel 1962 e poi nel 1991, finalmente, nel giugno 2014, il Governo ha deciso di intervenire e, nel pacchetto Taglia-bollette del decreto Competitività, il n. 91, all’articolo 28, ha stabilito che l’Autorità adotti una revisione della regolazione «che sia basata esclusivamente su criteri di costi efficienti e che sia di stimolo all’efficienza energetica nelle attività di distribuzione e consumo finale di energia, anche valutando soluzioni alternative alle esistenti che migliorino la sostenibilità economica ed ambientale del servizio».

Insomma, il Governo riconosce non solo la necessità di ridurre i costi di generazione in questi ambiti, ma anche di cominciare a modificare il sistema in modo che integri anche le rinnovabili e diventi più efficiente sul lato consumi. L’AEEGSI, adesso, ha risposto con un documento di consultazione (DCO 598/2014), in cui descrive le basi su cui dovrebbero essere riscritte le regole di remunerazione per l’elettricità nelle piccole isole.

Nel 2013 – si legge nel dco – sono stati pagati 93,202 milioni di euro per 200 MWh di elettricità fornita a 40.843 clienti. Insomma l’elettricità nelle piccole isole viene fatta pagare 465 euro per MWh, contro i circa 170 euro/MWh del costo medio italiano di maggior tutela per il residenziale; ciò indica un conguaglio a carico della collettività intorno ai 60 milioni di euro annui.

Le proposte dell’AEEGSI, essenzialmente si sintetizzano nella definizione di costi standard, derivati da una lunga e complessa serie di parametri: dal prezzo medio del gasolio (addizionato del costo, variabile, per il trasporto nelle varie isole) al costo della distribuzione (che varia anch’esso da isola ad isola), fino alla remunerazione degli investimenti fatti e le tasse pagate. In altre parole, in un arco di tempo di circa 5 anni, pensato per dare il tempo alle società elettriche di adattarsi, si dovrebbe passare dal “piè di lista”, a rimborsi derivati dalla moltiplicazione della produzione per un costo standard del kWh, diverso per ogni isola, sottratti di quanto già incassato dagli isolani. Quando il nuovo sistema sarà a regime, se il produttore riuscirà a stare sotto al costo standard, meglio per lui, guadagnerà di più, se resterà sopra, avrà un forte incentivo ad essere più efficiente.

L’efficacia di risparmio del provvedimento, ovviamente, dipenderà tutta dal calcolo finale, isola per isola, di questo standard, ma un indizio pare già indicare che non si tratterà affatto di risparmi stratosferici. Il DCO indica come per ogni kWh prodotto, si calcoli un bisogno medio di gasolio di 225 grammi. Costando il gasolio per questo uso circa 0,9 euro al kg, se ne deduce che il carburante peserà per circa 0,2 euro al kWh, e rappresentando questa voce circa la metà del prezzo totale dell’elettricità prodotta via diesel, il costo standard del kWh sembra quindi destinato ad aggirarsi comunque intorno ai 400 euro/MWh.

Risparmio sui costi a parte, sarebbe poi interessante capire se questa proposta dell’AEEGSI, soddisferà la seconda parte della richiesta del governo quella delle “soluzioni alternative alle esistenti, che migliorino la sostenibilità economica ed ambientale del servizio”. «Sembrerebbe di no» osserva Alex Sorokin, della società Interenergy, che ha più volte progettato impianti rinnovabili e sistemi stand alone per piccole isole «l’AEEGSI ha realizzato uno studio interessante, ma tutto focalizzato sull’aumento dell’efficienza di gestione degli attuali impianti diesel.

Ma per ridurre i consumi di gasolio, il modo più ovvio sarebbe di sostituirli con fonti rinnovabili, che danno anche l’importante vantaggio di rendere le isole energeticamente autonome e indipendenti dagli approvvigionamenti via nave, oltre a ridurre l’inquinamento e andare nella direzione degli obbiettivi climatici europei. Purtroppo, però, questa possibilità nel documento non viene presa in considerazione: alle rinnovabili si accenna di sfuggita solo un paio di volte, e solo perché citate nel d.l. 91. Non sembra che gli autori del documento siano consapevoli del potenziale di innovazione tecnologica e di riduzione dei costi che queste fonti, unite alle smart grid, potrebbero esprimere al meglio nelle isole minori».

Abbiamo chiesto all’AEEGSI una risposta su questa critica. «C’è un equivoco» ci hanno risposto «noi dovevamo solo proporre una soluzione per far scendere rapidamente i costi di produzione elettrica nelle piccole isole, nel quadro dei provvedimenti di riduzione del costo dell’energia contenuti nella legge 91/2014. La creazione di costi standard per l’attuale produzione diesel, è il sistema più veloce per arrivare a questo. La promozione di fonti energetiche alternative nelle piccole isole spetta al Ministero delle Sviluppo Economico, che infatti ha annunciato un provvedimento ad hoc per assicurare incentivi e norme sia per l’uso di fonti rinnovabili che per l’incremento di efficienza da parte degli utenti finali. Sappiamo esserci già operatori che hanno fatto progetti per impianti fotovoltaici ed eolici con batterie su alcune di queste isole, che attendono l’arrivo di questo provvedimento del MISE». In effetti nella legge 91, art 28 1-bis, si incarica il MiSE di modificare alcuni commi della legge del 21 febbraio 2014, quella dello Spalma-incentivi, evidentemente nel senso di aiutare l’installazione di rinnovabili nelle piccole isole.

Ma, viene da chiedersi: con quei costi più che doppi rispetto alla media del kWh, bisogna veramente aspettare nuovi incentivi ad hoc per installare rinnovabili nelle piccole isole? Non sarebbero un regalo inutile, una rinuncia al ruolo di “moderatore dei prezzi” che potrebbero avere in quel contesto, trasformandole nel contrario: un ulteriore aggravio del costo di quella elettricità? E non è forse un automatismo da superare questo di equiparare sempre rinnovabili=incentivi, relegandole costantemente nel limbo delle attività un po’ parassitarie, incapaci di andare avanti da sole? E, infine, non si sta preparando così semplicemente la strada perché siano gli attuali gestori a creare la propria alternativa, con fonti che rendono più del diesel, evitando di far entrare pericolosi concorrenti?

Per evitare tutto questo, forse sarebbe stato sufficiente che l’AEEGSI avesse adempiuto alla richiesta fatta dalla legge di valutare come creare un ambiente normativo più aperto e favorevole ad efficienza e fonti rinnovabili, creando i presupposti dell’installazione di fonti alternative al diesel nelle isole minori, senza bisogno di prevedere nuovi incentivi.

Comunque, se si trattava solo di fare i costi standard c’era bisogno di aspettare 40 anni? Non avevate timore che il “piè di lista” comportasse la possibilità di abusi e sprechi? «È da molto tempo – rispondono all’AEEGSI – che segnaliamo l’anomalia di questa situazione alle autorità politiche, e da alcuni anni abbiamo anche cominciato a effettuare controlli più stringenti sulle fatture presentate per il rimborso e contestare alcune delle voci di spesa, al che le società elettriche hanno risposto con una serie di ricorsi al Tar, che spesso abbiamo vinto noi. Ma per cambiare radicalmente il sistema, occorreva cambiare la legge del 1991, cosa che è avvenuta solo adesso».

Ma se uno volesse costruire su un’isola un impianto a rinnovabili per fare concorrenza alla generazione diesel, lo potrebbe già fare? «Non ci sono preclusioni – continuano dall’AEEG – e riceverebbe anche questo impianto i costi standard a kWh che saranno previsti per gli attuali produttori. Non c’è infatti un monopolio della produzione, anche se i nuovi arrivati dovrebbero chiedere l’allaccio alla rete alle società elettriche locali, che ne sono i concessionari. Il problema vero, magari, sarebbe ottenere i permessi per installare pannelli e turbine eoliche in aree spesso vincolate dal punto di vista ambientale e paesaggistico».

In realtà non sembra questo essere il problema maggiore. «Il vero problema di intervenire in quelle situazioni – osserva Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente – è superare il muro delle società elettriche locali. Noi stiamo da tempo studiando le possibilità di installazione di impianti a rinnovabili nelle piccole isole e abbiamo per questo cercato per prima cosa di parlarne con quelle società. Ma rifiutano qualunque contatto, non danno informazioni, non rispondono alle richieste. Credo che agire in quell’ambiente, dove dei gruppi hanno dei monopoli che considerano acquisiti per sempre, o anche solo aprire l’accesso alla rete pubblica di distribuzione dell’elettricità ad altri produttori, sarà un’impresa molto dura».

In effetti sembra che persino Terna incontri “difficoltà” nel previsto allaccio dell’isola di Capri, la più popolata delle isole minori, con il cavo dalla rete nazionale, cosa che renderà inutile la centrale diesel dell’isola: pare non riescano a trovare un terreno dove installare la cabina di trasformazione. «Invece – conclude Zanchini – i problemi legati alla protezioni paesaggistica li si può superare con il buon senso, costruendo impianti studiati sia come tipologia che come locazione, in modo da non disturbare il delicato ambiente in cui si va ad operare».

E in effetti lo si è già fatto. «Sull’isola di Stromboli, nelle Eolie, in località Ginostra – ricorda Sorokin – è stato costruito da Enel nel 2003 un impianto fotovoltaico da 100 kW con accumulatori, che ha da allora assicurato energia sia ai residenti che ai turisti. Se lo si è fatto quando fotovoltaico e batterie costavano molte volte di più rispetto ad oggi; farlo adesso per le altre isole sarebbe ancora più facile. In effetti, come dimostrano varie esperienze in Europa (e nel mondo, si veda il recente report Ernst & Young, ndr), fra cui la più recente sull’isola di El Hierro nelle Canarie, è perfettamente possibile dotare questi ambienti di un mix di fonti rinnovabili e sistemi di accumulo, personalizzato caso per caso, che provvedano alla fornitura energetica durante l’anno. Al limite, per non sovradimensionarli, si può lasciare al diesel il ruolo di copertura dei picchi di domanda per il turismo estivo. Chi si interessa di questo settore, sperava fortemente che si cominciasse a muoverci in quella direzione già con il provvedimento dell’Autorità, ma evidentemente, se quella proposta non sarà modificata, toccherà aspettare ancora».

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