L’Italia, con una spesa di 78,7 miliardi di euro in Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) nel 2023, pari al 3,8% del Pil, continua a rimandare la riduzione delle agevolazioni fiscali a favore dei combustibili fossili.
L’ultima ragione accampata per non mettere mano ai SAD tramite un taglio delle esenzioni fiscali per carburanti e combustibili fossili è che la materia è attualmente in discussione all’Unione europea, la cui normativa prevale su quella nazionale e di cui si vogliono quindi attendere le linee guida.
A Bruxelles è infatti in discussione la Direttiva sulla tassazione dell’energia (Etd), su cui i Paesi membri non riescono a trovare un accordo, relativamente al trattamento fiscale più o meno favorevole da riservare ai carburanti per l’aviazione e il trasporto marittimo (Tassazione energia, Ue ancora bloccata sui negoziati per la nuova direttiva).
In realtà, quella dei SAD è una questione di cui ci si sarebbe dovuti occupare da anni, anche in base agli impegni presi dall’Italia nell’ambito del G20, ci ha detto Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente.
Ci sarebbero poi diverse aree non coperte dalla Etd a cui il governo italiano potrebbe mettere mano senza attendere Bruxelles. Ma si preferisce non farlo, nascondendosi dietro il ruolo, per altro di solo indirizzo, della Commissione Ue.
Ricordiamo che la Etd (Direttiva 2003/96/CE) stabilisce le aliquote minime di accisa a livello europeo sui carburanti per motori, riscaldamento ed elettricità. Gli Stati membri sono comunque liberi di stabilire le proprie aliquote fiscali, purché vengano rispettate le aliquote minime della direttiva.
Una gestione superficiale dei SAD
In Italia, si lasciano intatte e, anzi, si aumentano le agevolazioni per il settore gas, mentre se propone di tagliare i sussidi, il governo italiano lo fa prendendo di mira le accise per servizi come i trasporti delle ambulanze o dei taxi, secondo Eroe, che è una degli autori del rapporto di Legambiente “Stop Sussidi Ambientalmente Dannosi 2024” (si veda nostro recente articolo).
Queste agevolazioni sulle accise di ambulanze e taxi ammontano a cifre basse, circa 14,4 milioni di euro, nel quadro complessivo dei sussidi e la sola proposta di un loro taglio ha l’effetto prevedibile e ricercato di sollevare ampie proteste, tese a dimostrare che non è proprio possibile tagliare le sovvenzioni. Un po’ come sparare di proposito sulla Croce Rossa per ottenere un effetto di conservazione dello status quo.
“Abbiamo 12 miliardi di euro nel settore energia e 9 miliardi nei trasporti che potrebbero essere eliminati subito. Tuttavia, il governo si concentra appunto su voci socialmente sensibili, come le accise per ambulanze e taxi, lasciando intatti sussidi significativi per le trivellazioni del gas, che valgono 642 milioni di euro”, ha spiegato Katiuscia Eroe.
Esempi di sussidi immediatamente riducibili o eliminabili sarebbero, per esempio, quelli per le caldaie a gas, finanziate con 4,2 miliardi di euro nel 2023, nonostante vadano contro le direttive europee, e quelle per il capacity market, costato l’anno scorso 1,17 miliardi, destinati interamente alle centrali fossili.
Governo italiano, una giustificazione debole
Per giustificare la contrarietà italiana alla riduzione delle esenzioni per le accise sui carburanti avio e marittimi, il ministro delle Finanze italiano, Giancarlo Giorgetti, ha detto che “tali settori sono già impegnati verso la transizione verde attraverso l’applicazione di altre misure, come l’Emission trading system (Ets)”.
In realtà, uno degli scopi della Etd è proprio quello di eliminare o ridurre possibili contraddizioni rispetto ad altre misure europee, come appunto il sistema di scambio di emissioni Ets o la direttiva sulle energie rinnovabili (Red 2).
“È quindi immaginabile che se un settore è coperto dall’Ets, allora l’accisa non debba essere addebitata alle attività di quel settore, a meno che la somma tra l’accisa e l’Ets sia più bassa del valore target stabilito dalla Commissione”, ci ha detto Michele Governatori, responsabile per le relazioni esterne settore energia di ECCO Climate, think tank indipendente.
Il problema è che “la Direttiva sulla Tassazione dell’Energia è vecchia e poco vincolante, con minimi fiscali bassi che favoriscono il dumping ambientale intraeuropeo”, ha detto Governatori a QualEnergia.it.
“L’idea di fare delle regole comuni è esattamente quella di non permettere una concorrenza sleale. La concorrenza sleale non la eviti facendo le esenzioni, ma facendo un sistema uguale in tutta Europa con una logica che è quella del carbon pricing”, ha detto l’esponente del think tank.
La questione del dumping internazionale, ovvero della concorrenza sleale di chi dall’estero opera con meno tasse e vicoli ambientali, dovrebbe invece essere affrontata tramite il meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera (Cbam), che serve proprio a proteggersi dal carbon leakage extraeuropeo, ha aggiunto.
La posizione italiana è poco credibile
Un’altra delle ragioni addotte da Giorgetti è che per i settori del trasporto aereo e marittimo una maggiore “tassazione avrebbe a breve termine ripercussioni sulla competitività”.
“Gli obiettivi climatici sono una priorità, tuttavia le misure necessarie per il raggiungimento vanno valutate tenendo conto anche dell’impatto economicoe delle situazioni specifiche degli Stati membri”, ha rimarcato Giorgetti.
Va notato a tal proposito che il nuovo responsabile della politica fiscale e climatica europea è un olandese, Wopke Hoekstra. L’Olanda, come Paese, assieme alla Francia e ad altri, è favorevole ad una maggiore tassazione del cherosene per gli aerei e della nafta per le navi. Hoekstra, nella sua veste di Commissario Ue, ha sottolineato l’incoerenza dell’imposizione di circa il 50% di tasse sulla benzina per le auto e di nessuna sul cherosene per gli aerei.
L’Olanda, con il porto di Rotterdam e l’aeroporto Schiphol di Amsterdam, ha anche un traffico merci e passeggeri maggiore di quello italiano. Rotterdam è il più grande porto europeo con quasi 13.500 container movimentati l’anno scorso. Il primo porto italiano è Gioia Tauro, ottavo nella classifica Ue, con poco più di un quarto del traffico rispetto a Rotterdam.
Con 62 milioni di passeggeri, Schiphol di Amsterdam è stato il secondo aeroporto europeo più trafficato l’anno scorso dopo Parigi Charles de Gaulle, maggiore scalo della Francia, anch’essa favorevole a maggiori tasse sui carburanti avio. Fiumicino è settimo nella classifica europea con 40 milioni di passeggeri.
Se si guarda alle linee aeree, l’anno scorso il gruppo franco-olandese Air France-KLM è risultato quarto in Europa con 96 milioni di passeggeri, cioè oltre sei volte di più dei 14,8 milioni di passeggeri trasportati da ITA Airways, la nuova incarnazione risanata di Alitalia.
“Questo aspetto è interessante, perché l’Olanda è una delle economie più interconnesse col mondo. Quindi se va bene a loro una rimodulazione delle accise sui carburanti fossili, è curioso che non vada bene per il commercio internazionale dell’Italia”, ha commentato ironicamente Governatori.
Imposte ambientali, ma svuotate di significato
Secondo la classificazione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), le imposte ambientali in Italia sono più alte della media nel club dei Paesi più ricchi del mondo. Questo dato viene spesso usato dai governi italiani per dimostrare come il nostro Paese sia già più virtuoso della media.
“In realtà, rientrano in questa definizione anche imposte che non sono minimamente usate per compensare i danni ambientali in Italia. Per esempio, tasse di possesso delle automobili, le accise stesse, come nel caso del mancato proporzionamento tra accisa sulla benzina e diesel, dove quella sul gasolio è più bassa perché storicamente c’era il Superbollo; quindi più per un motivo di ragionevolezza fiscale che ecologica”, secondo l’esponente di ECCO Climate.
Ci sarebbe quindi bisogno in Italia di una rivisitazione in chiave di esternalità ambientali di tante imposte, non solo delle accise, ma per esempio di molte imposte di registro che potrebbero essere legate al danno ecologico, come per i passaggi di proprietà delle auto, peraltro carissimi, che rallentano il mercato dell’usato e non sono legati all’impatto ambientale, secondo Governatori.
“La virtù di un paese non si misura da quanto è l’impatto delle imposte formalmente definite ambientali, ma da quanto l’incidenza di un imposta è relativa a un’effettiva esternalità ambientale” e al fatto che quell’imposta venga poi usata per diminuire l’impatto delle esternalità negative, ha detto Governatori.
Dietro tutto ciò, c’è un interesse a difendere il settore dell’Oil & Gas, ed è per questo che non si interviene su nulla che riguardi, di fatto, il settore energia, ha concluso Eroe di Legambiente.