Sussidi ambientalmente dannosi: ogni anno 1.800 mld di $ per distruggere la natura

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Non solo ai fossili, ma tra i sussidi da riformare, anche quelli che vanno ad agricoltura e acqua. Obiettivo è reperire almeno 700 miliardi di dollari l’anno da destinare a biodiversità e decarbonizzazione.

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Il mondo spende almeno 1.800 miliardi di dollari l’anno, pari al 2% del Pil globale, in sussidi pubblici che stanno portando alla distruzione degli ecosistemi e alla scomparsa delle specie.

Senza una maggiore consapevolezza e trasparenza, con tali sussidi continueremo a finanziare la nostra stessa estinzione.

Questi, in estrema sintesi, i tratti salienti di uno studio commissionato da The B Team Business for Nature, due collettivi internazionali di esponenti del mondo imprenditoriale e della società civile focalizzati sulla costruzione di un’economia più inclusiva e attenta all’ambiente.

Riformare gli 1,8 trilioni di dollari l’anno di sussidi dannosi per l’ambiente darebbe un importante contributo per reperire gli oltre 700 miliardi di dollari l’anno necessari a invertire la perdita di biodiversità entro il 2030 e a raggiungere emissioni nette di carbonio pari a zero entro il 2050, secondo lo studio.

Nel rapporto, condotto dai ricercatori Doug Koplow di Earth Track e Ronald Steenblik dello International Institute for Sustainable Development, si trova un’ampia analisi dei diversi tipi di sussidi ambientalmente dannosi (Sad) in tutti i settori e una stima del loro valore totale.

Fra i sussidi dannosi per l’ambiente non ci sono solo quelli, prevedibili, destinati al comparto dei combustibili fossili e dei trasporti, ma anche quelli a settori “insospettabili” e spesso ritenuti sinonimo di “natura”, come l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca e l’acqua, secondo lo studio, che mette in relazione i sussidi pubblici con il perdurare delle disuguaglianze globali e climatiche.

Nel rapporto, intitolato Protecting Nature by Reforming Environmentally Harmful Subsidies: The Role of Business e consultabile dal link in fondo a questo articolo, i ricercatori hanno stilato una classifica dei Sad, contando, fa gli altri:

  • 640 miliardi di dollari di sussidi all’anno per l’industria dei combustibili fossili, che contribuisce al cambiamento climatico, all’inquinamento dell’aria e dell’acqua e alla subsidenza dei terreni;
  • 520 miliardi di dollari di sussidi all’anno ad attività non sostenibili del settore agricolo, fra i cui danni ci sono l’erosione del suolo, l’inquinamento delle acque, la deforestazione legata alla semina, le emissioni di gas serra, la conversione degli habitat naturali e la conseguente perdita di biodiversità:
  • 350 miliardi di dollari all’anno per usi insostenibili dell’acqua dolce, la gestione dell’acqua e le infrastrutture per le acque reflue, contribuendo all’inquinamento idrico e ai rischi per gli ecosistemi nei corsi d’acqua e nell’oceano.

In sostanza i combustibili fossili, l’agricoltura e le industrie dell’acqua ricevono più dell’80% l’anno di tutti i sussidi dannosi per l’ambiente, esaurendo le risorse naturali, degradando gli ecosistemi e perpetuando livelli insostenibili di produzione e di consumo, oltre a esacerbare le disuguaglianze globali, secondo lo studio.

“La natura sta deperendo ad un ritmo allarmante, e non abbiamo mai vissuto su un pianeta con così poca biodiversità. Nel frattempo, non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo di 100 miliardi di dollari l’anno di finanziamenti per il clima, previsto dall’Accordo di Parigi. I sussidi dannosi devono essere reindirizzati verso la protezione del clima e della natura, piuttosto che finanziare la nostra estinzione”, ha detto Christiana Figueres, membro del B Team ed ex segretario esecutivo del Framework Convention of Climate Change dell’Onu (UNFCCC) in una nota.

Fra due settimane circa, si riunirà a Ginevra il COP15 Open Ended Working Group della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (CBD) e i membri di B Team e Business for Nature chiedono che l’obiettivo di 500 miliardi di dollari l’anno per la riforma dei sussidi nell’attuale bozza del Global Biodiversity Framework (GBF) venga rafforzato, per riflettere le ultime ricerche e impegnare i governi a reindirizzare, riproporre o eliminare tutti i sussidi dannosi per l’ambiente entro il 2030.

La redistribuzione degli incentivi pubblici deve andare di pari passo con l’allineamento di tutti i flussi finanziari privati verso attività a favore della natura, aumentando nel loro complesso gli strumenti pubblici e privati per fornire soluzioni finanziarie innovative che aiutino a proteggere, ripristinare e conservare la natura, invece che a distruggerla, concludono i ricercatori.

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