Si può cambiare in futuro la destinazione d’uso di un immobile residenziale, sul quale si sono fatti dei lavori agevolati con il Superbonus, senza perdere la possibilità di usufruire della maxi detrazione fiscale del 110%, a condizione di aver rispettato tutti i dettami degli articoli 119-121 del decreto Rilancio.
Lo chiarisce l’Agenzia delle entrate nella circolare 23/E del 23 giugno, richiamando anche diverse considerazioni pubblicate nella precedente circolare 30/E del 2020.
Difatti, si legge nella nuova circolare di giugno, (neretti nostri nelle citazioni), “in assenza di una specifica preclusione normativa, si ritiene che non osti alla fruizione dell’agevolazione la circostanza che l’immobile classificato – anche al termine dei lavori agevolabili – in una categoria ammessa alla detrazione possa cambiare, in futuro, destinazione d’uso. Ciò in quanto la norma non subordina la fruizione delle cinque (o quattro, per le spese sostenute nel 2022) quote annuali in cui la detrazione è suddivisa, al mantenimento dei presupposti dell’agevolazione”.
L’Agenzia fa l’esempio di un immobile residenziale A/4, riqualificato con il Superbonus, che dopo due anni dal termine dei lavori diventa un immobile strumentale a un’attività imprenditoriale: ciò non comporta la decadenza automatica del Superbonus, spiegano le Entrate, “salvo l’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria, in sede di controllo, accerti l’utilizzo dell’agevolazione non in conformità agli articoli 119 e 121 del decreto Rilancio, anche sotto il profilo dell’abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000″.
In generale, ricordano le Entrate, al Superbonus sono ammesse anche le spese per lavori eseguiti su immobili non abitativi che saranno destinati ad abitazione solamente alla fine dei lavori stessi; in questo caso, però, è necessario che “nel provvedimento amministrativo che autorizza i lavori risulti il cambio di destinazione d’uso del fabbricato – in origine non abitativo – e che sussistano tutte le altre condizioni e siano effettuati tutti gli adempimenti previsti dalla norma agevolativa”.
In sostanza, alla fine dei lavori, l’immobile deve rientrare in una delle categorie catastali ammesse al 110%: immobili residenziali diversi da A/1, A/8, A/9 e relative pertinenze. Quindi, ad esempio, sono ammessi al Superbonus gli interventi su un immobile A/8 (escluso dalla detrazione) che al termine dei lavori viene frazionato in più unità immobiliari A/3 (categoria ammessa alla detrazione).
Per quanto riguarda gli interventi edilizi nelle parti comuni di edifici condominiali, entra in gioco la “prevalenza” della funzione residenziale dell’intero edificio. In pratica, se la superficie complessiva degli immobili residenziali supera il 50% del totale, possono utilizzare il Superbonus anche i proprietari/detentori di immobili non residenziali, per le spese sostenute per le parti comuni dell’edificio.
Se invece la superficie complessiva degli immobili residenziali è inferiore al 50%, chi possiede o detiene unità abitative può utilizzare la maxi detrazione del 110% per le spese realizzate sulle parti comuni dell’edificio condominiale.
Si chiarisce poi che in caso di interventi che comportino il cambio di destinazione d’uso per alcuni immobili, la verifica che un edificio abbia una prevalente funzione residenziale, va fatta considerando la situazione esistente al termine dei lavori.
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