Sui biocarburanti “10 anni di politica Ue fallimentare”. Cambio di rotta in vista?

Le accuse di Transport & Environment mentre la Commissione Ue sta definendo le nuove misure per tagliare le emissioni.

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L’uso nei trasporti di biocombustibili crop-based, cioè coltivati in vasti terreni a scopo energetico (come le piantagioni di olio di palma), torna nel mirino dell’associazione no-profit Transport & Environment, che in un recente studio parla di dieci anni di politica Ue fallimentare sui biocarburanti.

E c’è il rischio di proseguire sulla strada sbagliata, se la Commissione europea non correggerà presto il tiro.

La direttiva Ue sulle rinnovabili del 2010, ricorda lo studio, aveva fissato l’obiettivo del 10% di energie rinnovabili nei trasporti nei singoli Stati membri per il 2020, e ciò ha incrementato la domanda di biodiesel a basso costo importato principalmente da Asia e America Latina.

Secondo le stime di Transport & Environment, auto e camion in Europa hanno consumato circa 39 milioni di tonnellate di biodiesel (da olio di palma e soia) dal 2010, con la conseguenza di emettere fino al triplo della CO2, rispetto a quella che avrebbero emesso gli stessi veicoli utilizzando solo diesel tradizionale.

Ricordiamo che il consumo di biocarburanti ricavati da colture vegetali su vasta scala, è responsabile di una elevata quantità di emissioni di CO2 sul ciclo di vita.

Difatti, occorre considerare non solo le emissioni dal tubo di scappamento delle auto, ma anche gli effetti collaterali delle piantagioni, come il massiccio disboscamento che, a sua volta, causa un mancato assorbimento di anidride carbonica negli ecosistemi naturali.

Transport & Environment calcola che la politica Ue sui biocarburanti, nel periodo 2010-2020, abbia portato alla distruzione di circa 4 milioni di ettari di foreste vergini per fare spazio a colture di olio di palma e soia, una superficie pari a quella dell’Olanda.

In sostanza, afferma Transport & Environment, una politica Ue che avrebbe dovuto contribuire a salvare il Pianeta lo sta invece distruggendo.

Ecco perché lo studio sostiene che Bruxelles dovrebbe eliminare ogni tipo di supporto pubblico a tutti i biocombustibili crop-based entro il 2030 al più tardi e mettere l’energia elettrica al centro della strategia per i trasporti.

Ricordiamo che la direttiva RED II del 2018 prevede di congelare il consumo di biodiesel da olio di palma ai livelli del 2019 per poi eliminarlo gradualmente tra 2023 e 2030, lasciando ai singoli Stati membri la possibilità di anticipare la fine del suo utilizzo a scopo energetico; in Italia ad esempio lo stop scatterà dal 2023.

Ma secondo Transport & Environment i produttori di biocarburanti potrebbero sostituire l’olio di palma con l’olio di soia, con il risultato che la politica europea sul biofuel continuerebbe a essere fallimentare per via dei danni ambientali ad essa associati: deforestazione, perdita di habitat naturali e biodiversità, crescita delle emissioni di CO2.

Cosa succederà?

Proprio in queste settimane la Commissione europea sta definendo le misure su energia e clima da presentare a metà luglio, finalizzate a tagliare di almeno il 55% le emissioni di CO2 nel 2030.

In ballo c’è anche la revisione degli standard sulle emissioni di CO2 dei veicoli: qui le anticipazioni del vicepresidente Frans Timmermans, dove si parla di un possibile stop alla vendita di auto termiche dal 2035.

Ma i produttori di biocarburanti, con una lettera aperta inviata a Timmermans e ai commissari competenti in materia, intendono spingere la Commissione Ue ad abbandonare la strategia “tutto elettrico” a favore di una neutralità tecnologica dove possano avere più spazio i carburanti sostenibili di origine rinnovabile.

Intanto lo stesso Timmermans, nel rispondere a un’interrogazione degli eurodeputati del Ppe Massimiliano Salini e Henna Virkkunen, sul ruolo dei carburanti rinnovabili nell’ambito della revisione del regolamento Ue 2019/631, ha affermato che (neretti nostri) “la Commissione proporrà di riesaminare il regolamento […] che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri per garantire un percorso chiaro verso una mobilità a zero emissioni“.

Timmermans ha poi aggiunto che “la valutazione d’impatto che accompagna la revisione in questione, riguarda anche il possibile collegamento tra le norme in materia di emissioni dei veicoli e l’uso di combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio. I costi e i benefici delle opzioni possibili, compreso un sistema di crediti di emissioni volontari, sono stati attentamente analizzati”.

La partita insomma è ancora in pieno svolgimento.

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