Lo sviluppo delle rinnovabili nel settore agricolo è ormai un obiettivo condiviso per contribuire al raggiungimento degli obiettivi della transizione energetica. Ma uno sviluppo del fotovoltaico nel settore agricolo non può essere fatto senza tener conto della necessità di preservare i suoli agricoli.
Per questo motivi progetti e concetti legati all’agrivoltaico si stanno affinando un po’ in tutta Europa proprio su questa necessità fondamentale.
La sinergia tra due settori che sembravano dustanti fino a qualche tempo fa è emersa anche in Francia, con lo scopo di preservare la vocazione agricola degli appezzamenti.
L’ADEME, l’Agenzia francese per la gestione dell’ambiente e dell’energia, ha di recente pubblicato degli studi che definiscono gli standard affinché un impianto su suolo agricolo possa definirsi “agrivoltaico” (cosa ache in Italia il Crea dovrà fare nel prossimo mese, come diposto dalla conversione del dl 17/2022)
Si tratta di una serie di pubblicazioni (allegate in basso) che forniscono la nozione di “agrivoltaïsme“, per dirla alla francese, e anche una guida per i criteri di classificazione.
Una sorta di stato dell’arte bibliografico, con interviste agli sviluppatori fotovoltaici e agli agricoltori e la richiesta di un comitato di esperti istituito appositamente per monitorare questo lavoro.
“Una semplice classificazione dei progetti per tipo di impianto fotovoltaico e/o per coltura non è possibile allo stato attuale delle conoscenze”, ha spiegato l’agenzia. “Il nostro lavoro ha consentito la creazione di un albero decisionale, che è un vero e proprio strumento di analisi e identificazione dei progetti più virtuosi. Un’analisi caso per caso dei progetti è essenziale per valutarli e posizionarli nel sistema di classificazione proposto”.
Come viene definito, dunque, l’agrofotovoltaico?
Viene considerato un impianto fotovoltaico i cui moduli si trovano sulla stessa superficie di una produzione agricola, alla quale apportano una serie di servizi, senza provocare un significativo degrado qualitativo e quantitativo della resa agricola, nonché una riduzione del reddito generato dall’attività agricola.
Tra questi servizi c’è quello dell’adattamento ai cambiamenti climatici, la protezione da eventi atmosferici estremi (ad es. limitare lo stress idrico), di miglioramento del benessere animale, agronomico per colture specifiche.
Secondo lo studio di ADEME i progetti agrovoltaici devono sempre implicare la presenza di un agricoltore. Queste installazioni devono inoltre essere reversibili e adattate alle condizioni locali, senza danni all’ambiente. Anche gli impianti agrivoltaici dovrebbero essere adattabili alle nuove condizioni che si presentano.
Lo scorso anno alcune società solari operanti in Francia, come Sun’Agri, REM Tec, Kilowattsol e Altergie Développement et Râcines hanno annunciato la creazione di “France Agrivoltaisme”, il primo ente commerciale al mondo per il settore agrivoltaico che ha l’obiettivo di federare e di far instaurare un dialogo tra gli attori della filiera a servizio dell’agricoltura; oggo con oltre 50 aderenti e più di 10mila affiliati.
Tra i diversi recenti impianti agroFV in Francia c’è quello inaugurato lo scorso 10 marzo dalla società Sun’Agri che ha sviluppato su tre ettari di frutteto con drupacee (ciliegi, albicocche e pesche) un impianto con pannelli fotovoltaici mobili: un esperimento condotto dalla stazione di ricerca francese per la sperimentazione della frutta SEFRA, nel dipartimento della Drôme, nel sud-ovest del paese, per proteggere le colture dai rischi atmosferici. I pannelli sono installati ad un’altezza di 6 metri e possono ruotare di 90 gradi. Questa configurazione consente di ridurre il calore sulle piante fino a 3 gradi centigradi.