Borsa: nell’ultimo decennio le rinnovabili hanno reso 7 volte più delle fossili

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I titoli legati alle fonti rinnovabili analizzati da uno studio della Iea e della Imperial College Business School hanno registrato un aumento del valore del 423% dal 2010, contro il 59% delle azioni "fossili".

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Investire in azioni di aziende delle rinnovabili ha reso oltre sette volte di più rispetto a una strategia incentrata sui combustibili fossili nell’ultimo decennio.

Lo indica Clean Energy Investing: Global Comparison of Investment Returns, uno studio dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea) e dell’Imperial College Business School, che ha analizzato centinaia di società quotate in borsa a livello globale e che è scaricabile dal link in fondo a questo articolo.

Il  portafoglio globale di società dell’energia rinnovabile analizzato ha infatti registrato un rendimento medio annuo del 18% nel decennio finito a dicembre del 2020, rispetto al 4,7% dei titoli dei combustibili fossili. Il rendimento totale di questo portafoglio verde nel periodo è stato di quasi il 423%, più di sette volte il rendimento del 59% dei titoli legati ai combustibili fossili.

I rendimenti superiori delle società dell’energia verde potrebbero spingere gli investitori a fornire i capitali necessari alla diffusione delle fonti energetiche a basso contenuto di carbonio nei prossimi anni, secondo lo studio.

“Le rinnovabili stanno superando i combustibili fossili e stanno superando il mercato in generale”, ha detto Milica Fomicov, un ricercatore dell’Imperial College di Londra, in precedenza gestore di portafoglio presso BlackRock Inc. e JPMorgan Chase & Co.

Gli investimenti in energia rinnovabile hanno battuto quelli in combustibili fossili in tutte le regioni del mondo, cioè sia nelle economie sviluppate che nei mercati emergenti. Inoltre, gli investimenti in energia verde si sono rivelati meno volatili nei mercati avanzati rispetto a quelli in fonti di energia inquinanti, hanno indicato i ricercatori, i quali hanno però anche sottolineato un aspetto preoccupante.

“Non stiamo assistendo a investimenti globali sufficienti nell’energia a basse emissioni di carbonio”, ha detto Charles Donovan, direttore esecutivo del Centro per la finanza e gli investimenti per il clima all’Imperial College Business School. “Ha senso da un punto di vista finanziario? La risposta è no. [Gli investimenti nelle rinnovabili] sono chiaramente superiori”.

Nonostante i sempre maggiori investimenti ispirati da temi legati all’ambiente, al sociale e alla governance (ESG), come quelli nelle rinnovabili, si sta andando ancora troppo lentamente se si vuole limitare il surriscaldamento globale. Al ritmo attuale degli investimenti, che ammonterebbero a 11.000 miliardi di dollari nelle rinnovabili entro il 2050, la temperatura media del mondo salirebbe comunque di 3,3 gradi centigradi entro il 2100, secondo BloombergNEF, cioè un livello che comporterebbe gravi disastri per l’ambiente e l’economia.

L’Iea stima che gli investimenti annuali in energie rinnovabili dovranno raddoppiare a più di 600 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi di limitazione della temperatura indicate dell’accordo sul clima di Parigi.

Lo studio si è concentrato solo sulle aziende quotate in borsa, escludendo quindi gran parte del settore dell’energia rinnovabile, che è fatto da società non quotate. Questo potrebbe indicare, da una parte, un’opportunità mancata da parte di molte imprese per raccogliere denaro sui mercati azionari, e dall’altra un’opportunità ancora da cogliere per il futuro, quotandosi in borsa, visto che gli investimenti dovranno aumentare ancora se si vogliono raggiungere gli obiettivi.

Nonostante i governi stiano spendendo migliaia di miliardi per risollevare l’economia dagli effetti della pandemia da coronavirus, molto poco di tali aiuti è destinato alla riduzione dell’inquinamento, hanno notato i ricercatori. I piani di ripresa potrebbero quindi fare di più per stimolare gli investimenti nelle energie rinnovabili rispetto ai combustibili fossili, hanno concluso gli autori dello studio.

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