Le rinnovabili in Italia nei primi tre trimestri: al 43% della domanda elettrica

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A fine settembre 2024 le rinnovabili generano 17 TWh in più dello stesso periodo 2023. Forte crescita dell'idroelettrico e record del fotovoltaico. Oltre il 51% sulla produzione elettrica nazionale. Le sfide sul terreno e gli ostacoli locali e nazionali.

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Dopo tre trimestri del 2024, con l’ausilio dei dati di Terna facciamo il punto sui consumi elettrici in Italia e il contributo delle rinnovabili anche rispetto agli ultimi dieci anni.

Nel periodo gennaio-settembre 2024 le rinnovabili hanno generato il 20,1% in più dello scorso anno, con una domanda di energia elettrica che è cresciuta appena del 2,1%, soprattutto per i notevoli consumi di luglio e agosto.

In numeri assoluti vediamo che con circa 101,7 TWh nei primi tre trimestri le fonti rinnovabili hanno prodotto 17 TWh in più dello stesso periodo 2023, il dato più alto di sempre.

Un risultato dovuto all’elevata generazione da idroelettrico (+45,4%) e fotovoltaica (+16,6%), che hanno portato la produzione da termoelettrico a scendere dell’11,1% in confronto allo scorso anno.

Nella tabella, tratta dal report mensile di Terna (link in basso), vediamo anche i dati del mese di settembre con una domanda in calo dell’1,3% sullo stesso mese 2023 (dell’1,1% su settembre 2022) e una produzione da Fer elettriche (10,2 TWh) in aumento del 3,1% (+29% su settembre 2022). Le Fer sulla richiesta elettrica di settembre hanno contribuito per il 40,1%.

Dati dei primi tre trimestri 2024

Con 101,7 TWh le rinnovabili elettriche hanno soddisfatto nei primi tre trimestri dell’anno il 43,1% della domanda (era al 36,6 lo scorso anno) e il 51,1% della produzione elettrica nazionale (al 43,3% nel 2023).

Nel grafico qui sotto l’andamento della domanda di energia elettrica e la generazione da rinnovabili nei primi nove mesi degli anni dal 2014 al 2024.

L’importazione di energia elettrica è stata finora di 42,2 TWh, per un saldo con l’estero (38,7 TWh), in aumento del 3,4% sul 2023.

Come detto, l’idroelettrico ha registrato un forte incremento: con 40 TWh (12,5 TWh in più sullo stesso periodo 2023) è riuscito a coprire il 16,5% della domanda al netto dei pompaggi.

Il fotovoltaico ha generato 4,2 TWh in più sul 2023 e ha soddisfatto il 12,7% della richiesta del paese. Scarso invece l’aumento dell’energia eolica (+1,4%). Andamento più o meno stabile della geotermia (-0,8% sul 2023) e delle bioenergie (+0,6%).

Nel grafico la quota percentuale delle diverse fonti rinnovabili sul fabbisogno elettrico in Italia nei primi tre trimestri 2024.

Passando al contributo delle due fonti che dovranno crescere moltissimo nei prossimi anni, notiamo che fotovoltaico ed eolico, insieme hanno generato 46,2 TWh.

Dal grafico in basso si può notare come sia il dato più elevato dal 2014. Da quest’ultimo anno, cioè 10 anni fa, la generazione di entrambe le fonti è aumentata di oltre 16 TWh; poco se consideriamo gli obiettivi prefissati al 2030, ma se proprio vogliamo fare un paragone, utile in questa fase storica, molto di più dell’ipotetica generazione di una centrale nucleare da 1600 MW, peraltro irrealizzabile in un lasso di tempo così ridotto.

Se volessimo pesare la quota delle diverse rinnovabili tra loro, ci viene in aiuto un ultimo grafico che vede l’idroelettrico al 39,4% su tutte le Fer. Il fotovoltaico è al 29,3% e l’eolico al 16,3% (45,4% se consideriamo insieme FV ed eolico).

Il 2025: anno zero per le rinnovabili?

Sappiamo che la strada per gli obiettivi delle rinnovabili a fine decennio è irta di ostacoli normativi e strategico-infrastrutturali, ma anche, come vediamo in questo periodo, da un’immotivata opposizione locale alimentata da alcuni organi di stampa, sotto la spinta di forti interessi del comparto del fossile.

Nonostante tutto abbiamo un quadro chiaro tracciato anche con obiettivi regionali (burden sharing) che dovrebbero smontare quella psicosi sui numeri inverosimili di richieste di connessioni di impianti rinnovabili spacciate, colpevolmente, come realistiche.

Riuscire a definire a breve un quadro corretto delle aree idonee da parte delle regioni (non l’1% del territorio come sta indicando la Sardegna) significherebbe responsabilizzare le istituzioni locali (Comuni inclusi) sul processo di transizione energetico e i benefici sul prezzo dell’energia che interessa il loro territorio, ma anche tutto il paese.

Ciò consentirebbe, peraltro, anche di mettere a terra i piani di sviluppo delle reti di trasmissione e, soprattutto, di distribuzione, unitamente all’aumento degli accumuli e la loro adeguata dislocazione, fondamentali per il modello di generazione distribuita che dobbiamo perseguire.

Questa è la sfida da mettere al centro dal 2025, forse l’anno zero da cui ripartire in modo meno caotico (continui stop and go) e più razionale, lasciando da parte le velleità nucleari di governo e Confindustria. Abbiamo le tecnologie, le idee e le competenze, ma appena solo sei anni per fare questa svolta. Per questo ogni tattica dilatoria è dannosa e va denunciata.

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