Rinnovabili in Italia: quasi un decennio buttato non si recupera in un batter d’occhio

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Uno sguardo ai dati all'installato delle rinnovabili elettriche dal 2014 al 2021 e una riflessione sul passato recente per affrontare la sfida che dobbiamo sostenere nei prossimi otto anni.

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Guardare indietro non è sempre un esercizio proficuo, ma a volte può dare la giusta ispirazione per cambiare in prospettiva futura.

È il caso, che ricordiamo spesso, della decelerazione delle installazioni di fonti rinnovabili a partire dal 2013 con il brusco stop al conto energia fotovoltaico, senza l’emanazione di un nuovo piano di incentivi, se escludiamo le detrazioni fiscali.

Normative e regolamenti farraginosi sulle rinnovabili elettriche si sono succeduti negli ultimi 8-9 anni, nessuna strategia per velocizzare le installazioni, tattiche dilatorie di vari tipo (nucleare, ad esempio) e l’esserci legati ancora di più al gas (quella considerata da molti la “fonte ponte”), ci ha portato a fare i conti con l’attuale crisi energetica e dei prezzi elettrici che avremmo potuto attenuare senza neanche fare particolari miracoli, visti i bassi livelli di rinnovabili installate nel periodo.

Allora vediamoli questi numeri, che ci danno anche la misura della responsabilità di tutti i governi che si sono succeduti, molto spesso sotto dettatura delle grandi aziende energetiche.

In sette anni, dal 2014 al 2021, in Italia si sono installati impianti a fonti rinnovabili per appena 7.600 MW di potenza, così come indicato dalla tabella (elaborazione QualEnergia.it su dati Terna):

Il grosso della nuova potenza era stato messo in esercizio nell’arco di pochi anni, soprattutto per il solare FV (2010-2012). Solo il 2011 ha visto impianti fotovoltaici per 9.400 MW circa, non senza diverse criticità su molti di essi che nel corso degli anni hanno perso in produzione proprio per l’eccessiva velocità (e la scarsa competenza di molti operatori) di quell’euforico mercato, ma governato molto male.

Eppure grazie allo storico apporto dell’energia idroelettrica, con i suoi alti e bassi nel corso degli anni, della geotermia e delle bioenergie, insieme alle nuove fonti rinnovabili (eolico e FV) riusciamo oggi a coprire il 36-37% della domanda elettrica, ma senza una vera crescita dal 2014, come si può vedere dai grafici qui sotto (nel dettaglio vedi su QualEnergia.it), anzi in alcuni anni con un sostanziale arretramento.

Se consideriamo il FV,in sette anni la media della nuova capacità installata è stata di soli 570 MW/anno; per l’eolico di 370 MW. Quindi poco più di 940 MW/anno per le due tecnologie (+6,6 GW nel periodo considerato), uno dei risultati peggiori in Europa.

Nel 2021 eolico e fotovoltaico hanno fornito al sistema elettrico nazionale 45,7 TWh, appena 8,8 TWh in più del 2014, ma comunque un apporto in costante crescita.

E se avessimo avuto 7 anni appena migliori?

Cosa avremmo potuto ottenere anche con un semplice raddoppio delle sole installazioni di eolico e FV, in linea con le nostre competenze, con il trend internazionale e con meno ostacoli da parte della politica nazionale e locale?

Ad esempio, per ipotesi, immaginiamo una crescita doppia in sette anni, pari almeno a 14 GW, anziché di 6,6 GW, quindi 2.000 MW in media all’anno, anziché 940 MW (1200 MW per il FV e 800 MW per l’eolico). Insomma, niente di impossibile se non ci fosse stata invece una dura opposizione alle rinnovabili a vari livelli.

Ebbene, facendo un calcolo approssimativo e abbastanza conservativo, valutando la stima della producibilità delle due fonti e il cosiddetto capacity factor, possiamo ritenere che avremmo avuto dalle sole due fonti considerate circa 56 TWh, cioè almeno 10,3 TWh in più rispetto a quanto hanno generato nel 2021.

La copertura della domanda elettrica annuale sarebbe passata nel 2021 a quasi il 40% (e sulla produzione elettrica nazionale saremmo a oltre il 45% contro l’attuale 41,6%).

Niente di eccezionale, ma comunque sarebbe stata una migliore base da cui ripartire verso quella accelerazione che ci serve entro il 2030, ma che il contesto interno e internazionale ci avverte che non possiamo dispiegare in soli tre o quattro anni.

Il compito che abbiamo davanti

Ora però il compito è un po’ più in salita. A questo punto, per fare un esempio, dal 2023 al 2030 (in 8 anni) stimiamo che dovremmo mettere in esercizio in media non meno di nuovi 5 GW di fotovoltaico all’anno, quindi circa 5 volte rispetto alla potenza in rete nel 2021 e poco più di 3 volte di quanto, forse, faremo nel 2022.

Questa semplice analisi ci può far ritenere che partendo da quest’anno, in cui presumiamo che vi sia finalmente quel raddoppio delle installazioni (forse anche qualcosa di più) che indicavamo come ipotesi nei trascorsi sette anni, si possono inìziare a intravedere tassi crescenti delle installazioni annuali per arrivare al 2030 anche ad una capacità cumulativa di circa 64 GW di fotovoltaico e 25 GW di eolico (onshore e offshore), con un graduale sviluppo dei sistemi di accumulo e delle reti elettriche, come indicato dal programma europeo Fit for 55.

Un obiettivo credibile potrebbe essere quello di arrivare a fine decennio a soddisfare con le rinnovabili il 60-62% della domanda elettrica nazionale, ma dobbiamo muoverci. Per alcuni sembrerà un target troppo ambizioso, per altri ancora insoddisfacente.

Comunque non possiamo perdere ancora interi anni in una normativa ambigua e cervellotica, in una disciplina autorizzativa che fa da freno, in ritardi nella formazione professionale e nelle infrastrutture, e poi decidere di voler recuperare tutto in poco tempo (Sono veramente possibili 60 GW di rinnovabili in tre anni?).

Ma se impariamo dal passato e ci muoviamo con convinzione e coraggio, con la gradualità e la costanza che hanno sempre voluto gli operatori di mercato e il buon senso di una crescita di medio-lungo periodo, allora, in meno di un decennio potremmo assistere a interessanti e positive sorprese.

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