Le rinnovabili e il dilemma delle reti di distribuzione

La crescita della generazione da rinnovabili avrà un notevole peso sulle reti di distribuzione. Come cordinarle con la rete di trasmissione? L’ideale sarebbe una gestione unica, ma ci sono ostacoli politici da superare. Un contributo di GB Zorzoli dal libro "Che cosa è l’energia rinnovabile oggi" di Gianni Silvestrini.

ADV
image_pdfimage_print

Con la crescita della produzione rinnovabile richiesta per coprire nel 2030 più del 70% della domanda elettrica, la quantità di energia allacciata alle reti di distribuzione potrebbe superare il 40% del totale.

Avremo due reti che svolgono in larga misura le stesse funzioni, con un’unica differenza tra loro: il livello di tensione a cui operano. Se vengono mantenute separate, sarà necessario mettere a punto una procedura di coordinamento tra la rete di trasmissione e le reti di distribuzione che garantisca di conservare stabile l’intero sistema elettrico. Non sarebbe rivoluzione da poco, oltre tutto complessa.

Una soluzione alternativa, che in più semplificherebbe la gestione del sistema elettrico, è l’affidamento della gestione di tutte le reti a un unico operatore. Poiché con la crescita delle rinnovabili dopo il 2030 alle reti di distribuzione sarà allacciato più del 50% della produzione elettrica, sarebbe più logico assegnarla a loro.

In Italia l’85% delle reti di distribuzione è gestito da Enel, il restante 15% da alcune aziende elettriche locali che operano in città come Milano, Torino, Bologna, Roma, a loro volta controllate dai relativi Comuni o da più Comuni limitrofi. Una parte certa e consistente delle entrate di questi Comuni viene dagli utili delle azioni delle aziende elettriche in loro possesso. Utili che in larga misura provengono dall’esercizio della rete di distribuzione.

Di conseguenza, per i Comuni la gestione delle reti di distribuzione da parte delle aziende elettriche locali è come per noi l’ossigeno presente nell’aria: senza, faticherebbero a restare in piedi. Non a caso, quando in Italia venne recepita la prima Direttiva sul mercato elettrico, si decise che nei Comuni dove la rete era ripartita tra Enel e azienda elettrica locale, la proprietà passasse per intero a quest’ultima.

Dato che l’alternativa – affidare a Terna l’intera rete – aggiungerebbe all’opposizione delle aziende e degli enti locali quella di Enel (che pure ricava una parte consistente dell’utile dalla gestione della distribuzione), esiste insomma un ostacolo politico, difficilmente sormontabile, alla creazione di un’unica rete elettrica nazionale.

Per quanto riguarda le reti di distribuzione, non va infine dimenticato un terzo incomodo, le Comunità energetiche rinnovabili. Almeno in una prima fase, in Italia le Comunità energetiche saranno virtuali, cioè non dotate di rete propria.

Tuttavia, la Direttiva sulle rinnovabili non prevede alcun vincolo alla gestione di una rete, addirittura in proprietà, da parte di una Comunità locale. In tal caso sarebbe possibile anche l’auto-dispacciamento, dove, diversamente dal dispacciamento centralizzato, i programmi di generazione e di consumo sono determinati direttamente dal gestore della rete locale. Già oggi questa possibilità viene presa in esame, perché, secondo i suoi sostenitori, semplifica la vendita diretta dal produttore al cliente e il trasferimento di energia dalla Comunità energetica ai suoi membri, ma indubbiamente complicherebbe ulteriormente la gestione del sistema elettrico.

Quasi metà della produzione elettrica allacciata alla distribuzione porrà anche un altro problema alle aziende che la gestiscono. Se una parte, spesso consistente, della potenza allacciata è di impianti rinnovabili di proprietà del distributore, si crea oggettivamente un conflitto di interessi: per esempio, quando un altro operatore avvia la procedura per la connessione di impianto rinnovabile proprio nella zona dove l’azienda elettrica intende allacciarne uno di sua proprietà.

Per i distributori si porrà quindi il problema della terzietà, con due possibili soluzioni: la cessione della rete di distribuzione o la rinuncia a possedere impianti di produzione allacciati alla propria rete.

Quella che prevarrà è deducibile dai cambiamenti indotti nelle utility dalla crescita delle rinnovabili.

Il brano è un estratto del nuovo libro “Che cosa è l’energia rinnovabile oggi”, di Gianni Silvestrini, con contributi di G.B. Zorzoli (autore della parte che riproponiamo qui e di tutto il capitolo “Comparto elettrico in trasformazione”) e di Tommaso Barbetti, David Chiaramonti e Giacomo Talluri.

ADV
×
0
    0
    Carrello
    Il tuo carrello è vuotoRitorna agli abbonamenti
    Privacy Policy Cookie Policy