Rimborsi delle accise per l’energia, la vicenda dietro la richiesta di Confindustria al governo

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Gli industriali chiedono la restituzione di 3,4 miliardi di euro di addizionali provinciali indebitamente pagate nel 2010-2011. I precedenti.

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Tra i temi più importanti portati da Confindustria all’attenzione del governo agli Stati generali dell’economia in corso a Villa Pamphilj, c’è la restituzione delle accise sull’energia indebitamente pagate dalle imprese nel 2010-2011.

Lo scontro tra Confindustria e governo si è riacceso dopo la richiesta del presidente degli industriali, Carlo Bonomi (neretti nostri): “Chiedo immediato rispetto per sentenza magistratura che impone restituzione di 3,4 mld di accise energia, impropriamente pagate da imprese e trattenute dallo Stato nonostante la sentenza della Corte di Cassazione che ne impone la restituzione”, ha twittato Bonomi dopo l’incontro con Conte.

Il riferimento è a quanto stabilito dalla sentenza n. 27099 del 23 ottobre 2019, che ha stabilito che le accise provinciali sull’energia elettrica, pagate dalle imprese per il biennio 2010-2011 (poi abolite dal 2012), sono illegittime perché in contrasto con la normativa europea della direttiva 2008/118/CE.

Ricordiamo che quelle accise erano applicate sui consumi di energia elettrica fino a 200.000 kWh mensili; l’aliquota pagata in bolletta variava nelle diverse province con importi compresi tra 0,0093-0,0114 €/kWh.

Così la sentenza stabilisce che il consumatore finale (l’impresa) può richiedere il rimborso delle accise indebitamente pagate al proprio fornitore di energia entro 10 anni; e il fornitore a sua volta può chiedere il rimborso all’Agenzia delle dogane con un’azione legale nei confronti dell’amministrazione finanziaria. Il punto è che la situazione rischia di esplodere in una marea di ricorsi dall’esito incerto.

Ecco perché Confindustria aveva già proposto, nei giorni scorsi, al ministero delle Finanze una soluzione per semplificare e velocizzare la restituzione delle accise, con rimborsi diretti a favore delle imprese da parte dei fornitori, e conseguente credito d’imposta a vantaggio di questi ultimi.

Ma finora il governo non ha dato spazio a possibili aperture e i rapporti con Confindustria restano tesi su questo fronte.

Ricordiamo poi che in una recente interrogazione alla VI commissione Finanze della Camera, Raffaele Baratto (Forza Italia) aveva chiesto al governo quali iniziative intendesse adottare per consentire in tempi rapidi e senza ulteriori aggravi il recupero delle imposte indebitamente versate.

Nella sua risposta, il sottosegretario al Mef, Alessio Villarosa, ha sostanzialmente “murato” le richieste degli industriali affermando, tra le altre cose, che l’accertamento in giudizio (neretti nostri) “pare peraltro ineludibile nel momento in cui deve essere verificato se il rimborso vantato dal consumatore finale sia effettivamente dovuto, verificando l’effettivo pagamento delle bollette e della corretta esposizione in esse del tributo in questione”.

Villarosa poi ha aggiunto che occorre “evidenziare che una parte preponderante dei consumatori finali dell’elettricità su cui era applicato il tributo in contestazione, era costituita da imprese che hanno portato in detrazione nei loro bilanci i costi dell’energia elettrica e con essi l’addizionale di cui attualmente viene richiesto il rimborso”.

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