Riduzione dei consumi: quali priorità?

L'intervento di Dario di Santo, direttore di FIRE, Federazione italiana per l'uso razionale dell'energia.

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Secondo la banca dati Odyssee, che va a decomporre la riduzione o l’aumento dei consumi energetici in funzione delle varie componenti (e.g. andamento dell’economia, clima, struttura della produzione industriale, etc.), dal 2000 al 2015 l’Italia ha registrato un calo dei consumi nell’ordine dei 9 Mtep e parallelamente una diminuzione dei consumi legati all’efficienza energetica nell’ordine di 20 Mtep.

Quest’ultimo dato va però a bilanciare quantitativamente tre elementi collegati a un aumento dei consumi, che sono:

  • l’inefficienza dei sistemi (legati ad esempio alla logistica non ottimizzata o alla produzione nel manifatturiero che non raggiunge risultati massimi per ragioni di mercato o altro);
  • la variazione degli stili di vita (e.g. diffusione della climatizzazione estiva, nuovi dispositivi di consumo, uso dei trasporti, etc.);
  • la variazione demografica nel nostro Paese.

Alla fine, la riduzione dei consumi osservata nel Paese è stata dunque legata in buona parte alla crisi economica e alla conseguente diminuzione delle attività manifatturiere e di alcuni impieghi energetici. Questo ci dice che ridurre i consumi da qui al 2030 in presenza di una ripresa economica appare allo stato delle cose improbabile.

Ecco perché come prima priorità occorre promuovere un forte cambiamento attitudinale e comportamentale che investa il mondo manifatturiero (ripensare prodotti, servizi e filiere), il lavoro (smart working, telelavoro, etc.), i trasporti (quando e come mi muovo) e la vita quotidiana (cosa mi fa stare bene veramente, come e dove compro, etc.). È la tematica su cui è fondamentale costruire una collaborazione con i movimenti giovanili sull’ambiente ed è il primo degli spunti per il nuovo Governo.

A rendere l’obiettivo ancora più sfidante c’è la priorità di intervento data a edifici e trasporti, in ragione della necessità di ridurre le emissioni climalteranti del 33% nei settori non sottoposti a emission trading.

La riqualificazione energetica profonda del parco immobiliare esistente comporta un mix di soluzioni che coinvolgono l’involucro edilizio, gli impianti (riscaldamento, raffrescamento, illuminazione, building automation) e la generazione elettrica in loco.

La progettazione, realizzazione e gestione di tali interventi richiede imprese e professionisti competenti e capaci di avvalersi delle soluzioni dell’IoT per proporre progetti che consentano di conseguire il migliore compromesso fra prestazioni e costi e di raggiungere le performance previste nel corso degli anni. La seconda priorità è dunque promuovere e favorire la qualificazione energetica e digitale degli operatori di settore.

Riqualificare gli edifici inoltre costa molto, richiede tempo, e impegna per molti anni i soldi investiti. Due priorità a tale proposito. La prima è fare in modo che, con politiche intelligenti, la riqualificazione energetica si accompagni a una riqualificazione sismica e al miglioramento degli aspetti non energetici (comfort, sicurezza, funzionalità, etc.), in modo da sfruttare tali benefici multipli e conseguire un più consistente aumento di valore degli immobili.

La seconda è che il settore delle costruzioni si industrializzi, consentendo un maggiore ricorso alla prefabbricazione e a cantieri ottimizzati, anche sul fronte della gestione degli scarti.

Intervenire sui trasporti è anche più complicato: non si tratta di riqualificare, ma di rinnovare il parco dei mezzi e, soprattutto, di cambiare le modalità di movimentazione di persone e merci. La priorità in questo caso è di non pensare che la risposta si riduca al passaggio ai veicoli elettrici.

Nei prossimi anni si proporrà inoltre la questione efficienza energetica e/o fonti rinnovabili. La logica vorrebbe che la congiunzione fosse una “e” (riduco i consumi e produco da rinnovabile il fabbisogno rimanente). Il rischio, legato sia alla separazione degli obiettivi europei, sia alla maggiore facilità di vendita di un impianto fotovoltaico rispetto a una serie di interventi lato utenze, è che si realizzi il primo e diventi poi difficile pensare ai secondi (tanto più che il minor costo dell’energia conseguito grazie alla generazione distribuita e la struttura delle tariffe sempre più basata su componenti fisse non aiuteranno).

Se ciò avverrà avremo due problemi: le sanzioni per il mancato raggiungimento degli obiettivi sull’efficienza energetica da fronteggiare e la necessità di installare molti più gigawatt da fonti rinnovabili per raggiungere lo stesso volume di decarbonizzazione.

La priorità è ricordarsi la precedenza indicata dalla Commissione Europea nel nuovo pacchetto clima energia – i.e. prima l’efficienza energetica – che in pratica vuol dire per gli utenti di pensare al potenziale di riduzione dei consumi quando si dimensionano impianti di generazione e per i decisori pubblici che tutte le politiche devono essere pensate con questo obiettivo in testa, in modo da orientare correttamente le scelte di imprese, enti e consumatori.

L’ultimo tema è forse il più importante. In linea con le distorsioni dell’era social, anche il mondo dell’energia soffre sempre più di polarizzazione, fra chi vuole emissioni zero oggi e chi pensa di poter ignorare il cambiamento climatico e le diseguaglianze nel mondo, senza rendersi conto della posta in gioco.

Per portare avanti questa transizione servono tempo – lo dicono la storia e la complessità del sistema energetico, anche se siamo nell’era del digitale, senza contare che il fenomeno va guardato in ottica mondiale, non nazionale – e molti soldi. Sfruttare al meglio ciò che abbiamo a disposizione oggi, invece di demonizzarlo (vedi diesel e risorse di gas naturale), può essere un modo di garantirsi più risorse da poter investire nel cambiamento domani e imprese in grado di giocarvi un ruolo attivo, e meriterebbe dunque un confronto approfondito e razionale, non una guerra di slogan.

L’ultima priorità è dunque riflettere che il meglio è spesso nemico del bene e affrontare con spirito dialogante il dibattito sulle politiche e sugli strumenti.

Per contribuire a queste sfide FIRE sta promuovendo diversi strumenti pensati per imprese e professionisti e volti a favorire un approccio olistico al tema dell’energia, coniugandolo sempre più con il core business, e la mobilitazione dei capitali privati (non si può pensare di raggiungere i target su efficienza e rinnovabili grazie agli incentivi).

Abbiamo inoltre intensificato le collaborazioni a livello europeo e internazionale per diffondere buone pratiche per l’energy management e cerchiamo nelle sedi pubbliche e interassociative di promuovere il dialogo fra le parti. E saremo attivi nel dialogare con il nuovo Governo per ragionare sulle opzioni a disposizione.

L’intervento è stato pubblicato sulla newsletter numero 16 del 2019 di FIRE e sul blog dell’associazione, ripubblicato su QualEnergia.it con il consenso dell’autore e di FIRE.

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