A 142 anni di distanza dalla messa in funzione della prima centrale elettrica a carbone del mondo, avvenuta nel 1882, il Regno Unito diventa il primo Paese del G7 a dismettere questa fonte all’interno del proprio mix elettrico.
Il 30 settembre il sito di Ratcliffe-on-Soar (nella foto di copertina), nel Nottinghamshire, verrà ufficialmente spento. Diventerà uno stabilimento per la produzione di idrogeno a basse emissioni, con l’obiettivo di raggiungere una capacità di elettrolisi di 500 MW entro la fine del decennio.
Londra arriva a chiudere tutte le centrali a carbone del Paese un anno prima di quanto inizialmente previsto dal vecchio governo conservatore nel 2015.
La data era stata anticipata nel 2021 dall’allora primo ministro Boris Johnson, nel tentativo di dimostrare la leadership climatica del Regno Unito in vista del vertice annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si sarebbe tenuto quell’anno a Glasgow.
Tuttavia, Downing Street fu costretta a chiedere a diversi impianti, che avrebbero dovuto chiudere nell’autunno del 2022, di restare attivi dopo le incertezze sul gas causate dalla guerra in Ucraina.
Nel 2023 la compagnia energetica francese EDF e altri gruppi hanno chiuso le ultime centrali elettriche a carbone rimaste nel Paese, lasciando Ratcliffe, costruita negli anni ’60 e in grado di alimentare circa 2 milioni di abitazioni, l’ultima rimasta in esercizio.
Lo scorso anno il carbone ha rappresentato solo l’1% del mix elettrico in Uk, contro il 34,7% del gas, il 32,8% di eolico e solare, l’11,6% di bioenergia e il 13,8% del nucleare.
La rotta verso l’obiettivo net-zero entro il 2030 richiederà un ruolo molto più ampio per le rinnovabili e un minore impiego di gas rispetto a quello attuale. E martedì 3 settembre il governo ha compiuto un passo in questa direzione.
La sesta procedura annuale per l’assegnazione dei contratti per differenza a progetti rinnovabili nel Regno Unito si è conclusa con l’assegnazione di 9,6 GW di nuova capacità, 5,9 GW in più rispetto all’anno scorso.
La maggior parte dei finanziamenti, che in totale ammontano a 1,55 miliardi di sterline, è stata assegnata a nuovi parchi eolici offshore (circa 5 GW), mentre 3,2 GW hanno riguardato progetti fotovoltaici. Circa 900 MW sono andati all’eolico onshore.
In generale sono stati mesi floridi per il settore eolico Uk. Secondo dati Ember, think tank climatico del Regno Unito, i parchi eolici del Paese hanno generato un record di oltre 7 TWh ad agosto, il 46% in più rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. La produzione eolica mensile media tra giugno e agosto è salita a 5,6 TWh, in aumento del 40% rispetto all’estate scorsa.
Questa transizione arriva in un momento in cui il Regno Unito è destinato a dipendere sempre di più dall’elettricità, con la crescente elettrificazione degli usi finali e una domanda che dovrebbe più che raddoppiare entro il 2050.
LCP Delta, una società di consulenza energetica londinese, ha espresso la preoccupazione che nei primi anni del prossimo decennio potrebbe verificarsi un “punto critico”, quando la dismissione delle centrali elettriche a gas potrebbe generare un vuoto nella produzione non colmato appieno dallo sviluppo di nuovi parchi eolici e solari e storage.
Ma la strada sembra ormai segnata, e passa da un’accelerazione sulle rinnovabili e dal definitivo smantellamento delle fonti fossili. E nell’immediato futuro riguarda tutta l’Europa.
La Danimarca ha chiuso la sua ultima centrale elettrica a carbone alla fine di agosto, la Germania prevede di farlo entro il 2038, e dalla fine del 2025 anche l’Italia, fatta eccezione per la Sardegna (previsto per il 2028).
Ma l’Europa non riesce a far scuola ovunque nel mondo. Si pensi all‘India, che a febbraio ha annunciato la messa in funzione, nel 2024, di nuove centrali elettriche a carbone per una potenza complessiva di 13,9 GW, l’incremento annuo più elevato da sei anni a questa parte.