L’acciaio prodotto con idrogeno verde e forni elettrici ad arco, oppure quello ricavato da rottami, può ridurre le emissioni di CO2 della produzione di automobili in Europa di 6,9 Mt nel 2030, che equivale a evitare le emissioni annuali di 3,5 milioni di auto alimentate da combustibili fossili.
Lo rileva un’analisi pubblicata lo scorso 10 luglio da Transport & Environmment (T&E), organizzazione ambientalista indipendente europea, secondo la quale l’industria automobilistica del Vecchio Continente può diventare un mercato guida per la produzione di acciaio a basse emissioni di carbonio.
Con le emissioni di scarico in calo e in rotta verso lo zero, si prevede che quelle legate alla fase di produzione, note anche come “emissioni incorporate” di un veicolo, rappresenteranno circa il 60% del totale relativo al ciclo di vita di un’auto elettrica entro il 2030. L’acciaio costituisce una fetta importante di questa quota, con stime che vanno dal 16% al 27%, sulle quali è però possibile intervenire.
L’analisi di T&E, basata su uno studio della società di consulenza Ricardo, rileva come un impiego del 40% di acciaio green, sul totale di quello utilizzato sempre per la produzione di un’auto elettrica al 2030, avrebbe inoltre un impatto economico relativamente ridotto, con un aggravio di soli 57 euro sul prezzo di listino del veicolo.
La stima parte dalle previsioni di Ricardo che ipotizza, nello studio “The use of green steel in the automotive industry” (link in basso), un trend di riduzione generica del peso dei veicoli, nel prossimo decennio, che diminuirà l’uso dell’acciaio nel settore automobilistico.
Il passaggio al 100% di acciaio verde entro il 2040 comporterà un costo ancor più ridotto, di soli 8 euro rispetto all’utilizzo di acciaio convenzionale. Questo sarà reso possibile dalla tassazione sulle emissioni di CO2 e dal calo dei costi di produzione dell’acciaio verde. Ma “affinché i miliardi di euro di investimenti necessari per la produzione di acciaio green siano effettivamente investiti – ammonisce T&E – occorrono prospettive di mercato solide e affidabili per i produttori”.
Peso e prospettive della siderurgia
Il siderurgico è uno dei settori a cui prestare più attenzione. A livello globale è responsabile del 7% delle emissioni di CO2, un po’ meno del 5% delle emissioni totali dell’Ue. Inoltre, non è attualmente sulla buona strada per raggiungere lo zero netto entro la metà del secolo, con impatti totali ancora in aumento e meno di 1 Mt di acciaio a emissioni prossime allo zero attualmente prodotto (dati Iea).
L’attuale tecnologia dominante si basa principalmente sul carbone. Al momento, circa il 75% dell’acciaio nel mondo viene prodotto in altiforni alimentati con questa fonte. Per l’Ue questa cifra raggiunge il 57% della lavorazione.
Secondo uno scenario elaborato lo scorso ottobre da Wood Mackenzie, gruppo globale di ricerca e consulenza del settore energetico, la quota di DRI (il ferro a riduzione diretta, ottenuto tramite l’idrogeno, utilizzato come materia prima nella produzione dell’acciaio) sulla domanda totale di metalli aumenterà dall’attuale 6% al 13% entro il 2050, con una produzione che crescerà quasi cinque volte più velocemente della domanda totale di metalli, fino a 320 milioni di tonnellate. Il DRI viene poi solitamente trasformato in acciaio liquido in forni altamente inquinanti ma ora i produttori si stanno mobilitando per passare ai forni elettrici ad arco (EAF), alimentati da fonti rinnovabili.
Stando a quanto riportano gli analisti di Wood Mackenzie, nell’Unione europea produrre acciaio EAF utilizzando DRI importato dal Medio Oriente sarà fino al 15% più economico rispetto a produrlo utilizzando DRI locale, ed è per questo che ci si aspetta che l’Europa diventi presto il più grande importatore di ferro a riduzione diretta a livello globale, arrivando a coprire entro il 2050 oltre un terzo del commercio totale del prodotto.
Le richieste di T&E
Transport & Environmment chiede ai legislatori di contribuire alla creazione di un mercato guida per l’acciaio verde in Europa “fissando, a partire dal 2030, obiettivi per le case automobilistiche, affinché ne utilizzino una quantità progressivamente crescente nelle nuove auto”.
Il settore automobilistico, che attualmente consuma il 17% dell’acciaio in Ue, è ritenuto in grado di generare e sostenere questa domanda.
Sulla base del monitoraggio degli annunci di produzione effettuato da Ricardo, dal rapporto T&E emerge che l’Europa sarà in grado di produrre fino a 172 milioni di tonnellate l’anno di acciaio a basso tenore di carbonio entro il 2030. Una quota sufficiente per l’automotive europeo, che nel 2022 ha consumato 36 milioni di tonnellate.
Tra le richieste anche quella di istituire una definizione chiara e valida a livello europeo di “acciaio verde” che sia in linea con la definizione IEA di acciaio a emissioni prossime allo zero e che utilizzi l’approccio della cosiddetta “scala mobile”, tra 400 kg e 50 kg di CO2 per tonnellata di acciaio prodotto (a seconda della quantità di rottami utilizzati come input).
Un ulteriore tema fondamentale riguarderà il miglioramento della qualità dei rottami di acciaio riciclati. Nonostante incidano per quasi la metà di tutta la produzione dell’Ue, l’uso di questi rottami nelle auto nuove è limitato da scarsi livelli qualitativi che derivano dagli attuali processi di riciclaggio.
Affinché l’acciaio ad alte prestazioni utilizzato nell’industria automobilistica contenga rottami, questi devono infatti avere un contenuto di rame molto basso dopo il riciclaggio, massimo dello 0,06%, mentre l’attuale media dei rottami di acciaio nell’area OCSE è compresa tra lo 0,2 e lo 0,25%.
T&E chiede che vengano imposte soglie massime di rame nelle frazioni di acciaio riciclato provenienti da veicoli fuori uso, oltre a un migliore smantellamento di parti e componenti di veicoli fuori uso prima della triturazione. Target che potrebbero venire introdotti attraverso la Direttiva Ue sui Veicoli fuori uso (ELV), attualmente in fase di revisione.
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