La Commissione europea ha approvato, ai sensi della normativa Ue sugli aiuti di Stato, un mega progetto di acciaieria verde a Boden, in Svezia, che tra le altre cose prevede la costruzione di uno dei più grandi elettrolizzatori al mondo, con una capacità pari a 690 MW.
Il governo svedese supporterà il progetto con 265 milioni di euro di sovvenzioni dirette, in parte finanziate tramite il Piano nazionale di ripresa e resilienza del Paese scandinavo.
L’iniziativa è portata avanti da H2GS (H2 Green Steel), azienda svedese fondata nel 2020 con la missione di produrre acciaio “green”.
Come detto, lo stabilimento avrà un elettrolizzatore di grande taglia per produrre idrogeno verde utilizzando energia elettrica rinnovabile. L’acciaieria potrà poi contare su un impianto a riduzione diretta del ferro (DRI) alimentato a idrogeno e su due altoforni elettrici ad arco.
La tecnologia DRI (Direct reduced iron), ricordiamo, rimuove l’ossigeno contenuto nelle varie forme di minerale di ferro facendolo reagire direttamente con l’idrogeno, producendo ferro e acqua all’interno di un forno a temperature relativamente basse (circa 1000 °C).
Ora, però, il materiale ottenuto con la DRI viene solitamente trasformato in acciaio liquido in forni altamente inquinanti, dato che la tecnologia dei forni elettrici ad arco (EAF, Electric arc furnace) alimentati da fonti rinnovabili è ancora ben lontana dall’essere ampiamente diffusa.
Il sito svedese dovrebbe iniziare le attività nel 2026; si prevede una produzione annua pari a 2,4 milioni di tonnellate di acciaio.
Nella nota in cui presenta il progetto, la Commissione Ue evidenzia che l’uso di energia rinnovabile nell’intero processo manifatturiero “neutralizzerà fino all’87% delle emissioni di gas serra, rispetto ai processi produttivi tradizionali [basati su fonti fossili]”.
L’investimento totale per la nuova fabbrica di acciaio green è di circa 6 miliardi di euro, provenienti soprattutto da finanziamenti privati.
Più in generale, osserva BloombergNEF nel suo Industry Decarbonization Market Outlook, aggiornato alla prima metà del 2024, le industrie pesanti stanno aumentando gli investimenti per produrre materiali a basse emissioni di CO2.
Nell’acciaio, ad esempio, si potrebbe arrivare a 100 milioni di tonnellate/anno di produzione low-carbon al 2030, come mostra il grafico sotto, considerando le diverse tecnologie proposte dalle industrie (forni a riduzione diretta, forni elettrici ad arco, elettrolisi, cattura e stoccaggio della CO2, biomasse).
Intanto a maggio Federacciai e Gse hanno siglato un protocollo d’intesa per decarbonizzare l’industria siderurgica italiana.
Oltre a ridurre l’impronta di CO2 degli stabilimenti, l’accordo punta a migliorare l’efficienza energetica del patrimonio immobiliare e degli asset produttivi delle imprese associate a Federacciai, oltre a promuovere configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile.
Ricordiamo ancora che a febbraio la Commissione europea ha approvato anche gli aiuti di Stato tedeschi per 1,3 miliardi di euro ad ArcelorMittal, per sostenere la parziale riconversione degli impianti esistenti (tra cui altiforni a carbone) con nuovi impianti DRI e forni elettrici, nelle fabbriche di Brema ed Eisenhüttenstadt.