Piccolo idroelettrico, Agcm spinge le gare ma Assoidro dice no

Per il Garante si può procedere attraverso l’art. 30 del Testo unico delle acque ma per l’associazione l’unica strada sono i rinnovi automatici.

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Un parere dell’Antitrust sulle gare per il piccolo idroelettrico, cioè sotto i 3 MW, ha portato a una dura critica da parte di Assoidroelettrica che spinge sui rinnovi automatici.

Il tutto muove da una comunicazione della Provincia di Belluno in cui si lamenta l’assenza di una “regolamentazione idonea a disciplinare i rinnovi delle concessioni del piccolo idroelettrico secondo le modalità previste dalla direttiva Bolkestein”. Al momento, infatti, l’unico riferimento normativo sarebbe l’art. 9 del Testo unico acque (Tua) n. 1775/1933, ritenuto non sufficiente a chiarire tutte le fattispecie.

In particolare, la Provincia “si pone il problema del trasferimento della titolarità dell’impianto esistente dal concessionario uscente – che lo ha realizzato – al nuovo, tenuto conto che la normativa sul regime delle proprietà è di competenza esclusiva dello Stato (art. 42 Cost.) e che non esiste alcuna norma o elemento che consenta alla P.A. concedente di espropriare le opere afferenti all’impianto”.

Da ciò l’ente segnala all’Agcm di non poter procedere con le gare e sollecita Regione Veneto e Mimit a definire criteri minimi atti a garantire la predisposizione di procedure uniformi a livello nazionale.

Dal canto suo l’Autorità ricorda di essersi già espressa due volte sul tema e di aver anche chiesto la definizione di un nuovo quadro normativo. Allo stesso tempo, però, chiarisce la procedura che l’Amministrazione è tenuta ad applicare in assenza di una disciplina ad hoc.

La ratio dell’art. 30 Tua, sottolinea il Garante, è proprio “di disciplinare la gestione di opere costruite da un’impresa destinata a non proseguire l’attività economica alla scadenza della concessione”. In tal caso, quindi, “lo Stato ha il diritto o di ritenere senza compenso le opere costruite nell’alveo, sulle sponde e sulle arginature del corso d’acqua, oppure di obbligare il concessionario a rimuoverle e a eseguire a proprie spese i lavori necessari per il ripristino nelle condizioni richieste dal pubblico interesse”.

Da qui si muovono, però, le critiche di Assoidroelettrica che si avvale del parere dei legali Ambrogio Papa e Giovanni Battista Conte.

Quest’ultimo scrive: “L’Agcm sostiene che l’art. 30 del Testo unico preveda il potere dell’Amministrazione di ritenere senza compenso le opere costruite” ma tale evenienza “può verificarsi soltanto qualora venga meno la pubblica utilità e l’interesse pubblico al permanere della derivazione; quindi non sembra applicabile al differente caso in cui l’Amministrazione ritenga utile proseguire la derivazione idroelettrica”.

Non solo, “l’art. 30 prevede l’espropriazione delle sole opere costruite su suolo demaniale (in alveo o sulle sponde e arginature) e, dunque, permarrebbe la criticità delle opere afferenti all’impianto realizzate su terreno privato e di proprietà del concessionario uscente”.

Alla luce di ciò, secondo l’associazione, bisogna tenere maggiormente conto del principio di reciprocità tra gli Stati membri contenuto nel trattato di funzionamento dell’Unione europea e della giurisprudenza consolidata del Tua.

Piuttosto che indire le gare con l’attuale situazione, “l’unica strada percorribile per sostenere una filiera strategica e completamente italiana è quella tracciata dalla legge vigente, ovvero il rinnovo automatico della concessione di piccola derivazione in capo al concessionario uscente, come esplicitamente previsto dagli articoli 28 e 30” (leggi anche Federidroelettrica: “basta freni al rinnovo delle piccole concessioni idroelettriche”).

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