I piani di cottura a induzione sono uno dei grimaldelli più efficaci, ma anche meno usati, per aprire le porte ad una più rapida elettrificazione degli edifici in Italia.
Vediamo alcune delle caratteristiche dei piani a induzione, e gli ostacoli, sia concreti che culturali, che ancora si frappongono all’adozione di questo possibile strumento di decarbonizzazione, soprattutto ora che l’elettricità da rinnovabili si fa sempre più strada (vedi anche articoli correllati in fondo a questo articolo).
Cosa sono i piani a induzione
I piani a induzione appaiono come lastre uniformi in vetroceramica, sotto le quali passano delle bobine alimentate elettricamente che generano un campo magnetico, che serve a scaldare direttamente le pentole.
I piani a induzione non sono in rilievo come quelli tradizionali a gas e non producono fiamma. Il calore è localizzato dove si trova la pentola e non su tutta la superficie, minimizzando così le dispersioni di calore e garantendo un’efficienza doppia rispetto ad un piano cottura a gas.
Aspetti dimensionali
Per l’installazione di un piano a induzione in una cucina già presente l’elemento più importante da considerare è lo spazio a disposizione. Abbastanza spesso, le misure dei piani a induzione sono compatibili con quelle dei piani a gas preesistenti. In questi casi, la sostituzione dovrebbe essere semplice.
Quando le misure del vecchio e del nuovo differiscono, bisognerà adattare lo spazio precedentemente occupato dal piano a gas. Le misure sono comunque molto simili fra loro e le differenze sono dell’ordine di pochissimi centimetri in eccesso del nuovo rispetto al vecchio, per cui è relativamente facile adattare un qualsiasi top nuovo nello spazio prima occupato dal vecchio.
L’adattamento più semplice è quello relativo a superfici di formica, legno e altri materiali abbastanza “morbidi”, il cui taglio non è complesso. Un po’ più complesso è l’adattamento di un piano di marmo o di pietra, il cui taglio produrrà molta polvere. In questi casi bisognerà quindi proteggere le superfici circostanti.
Oltre all’impronta orizzontale, andrà considerata anche quella verticale, in quanto le bobine magnetiche sottostanti rendono i piani a induzione generalmente più profondi di quelli a gas. La differenza è di circa 5 cm in più. Là dove il nuovo piano di cottura sporgesse rispetto al piano della cucina in maniera considerata inestetica, si potranno usare dei “cordoli” di materiale adatto per fare da raccordo fra il piano cottura e il top della cucina.
Aspetti elettrici
Una delle caratteristiche dei piani a induzione è che hanno degli assorbimenti elettrici di picco piuttosto alti, cioè attorno ai 5-8 kW, che si verificano però nelle non comunissime occasioni in cui si devono usare tutti gli elementi al massimo della potenza.
Sebbene rari, tali assorbimenti elettrici di picco potrebbero richiedere degli accorgimenti. A livello installativo, un primo passaggio importante è verificare che la presa elettrica a cui verrà collegato il piano a induzione sia adeguata al suo assorbimento.
Adattare una presa comporta una spesa contenuta ed è quindi opportuno fare comunque questa operazione, a prescindere dal verificarsi di condizioni di picco nella realtà del proprio utilizzo. Ciò soprattutto per questioni di sicurezza, visto che una presa sottodimensionata potrebbe surriscaldarsi, provocare fiammate e principi di incendio in una zona che potrebbe essere nascosta alla vista.
Il secondo passaggio importante, soprattutto a livello di gestione dell’utenza e di spesa, è il possibile adeguamento della potenza in entrata della propria utenza elettrica. Chi ha già una potenza in ingresso di 4,5 o 6 kW non dovrà probabilmente preoccuparsi. Chi invece ha un contatore da 3 kW potrebbe trovarsi nelle condizioni di dover aumentare la potenza in ingresso della propria utenza.
Questa eventualità dipenderà però anche dall’uso che si fa del piano a induzione, cioè se cuciniamo poco o tanto contemporaneamente e, soprattutto, dagli altri carichi di casa che assorbiranno corrente nello stesso momento in cui cuciniamo. Si potrebbe quindi pensare di mantenere per il momento la propria utenza da 3 kW, vedendo se e come riusciamo a gestire i vari carichi.
Se il contatore salta ogni volta che cuciniamo o comunque con una certa frequenza, si dovrà richiedere un aumento della potenza. Se, invece, il contatore saltasse solo raramente, si potrebbe considerare anche la possibilità di “riattaccare” semplicemente la luce recandosi quando serve al nostro quadro elettrico.
Portarle comunque la potenza a 4,5 kW potrebbe essere da subito la scelta più sensata, con un costo modesto.
Benefici
I piani a induzione sono generalmente più facili da pulire, sono esteticamente più lineari e minimalisti, hanno la risposta più rapida alle variazioni di temperatura e la migliore risposta in termini di tempo: in media, per far bollire 1 litro d’acqua bastano 3 minuti, mentre con il gas ce ne vogliono almeno 5. Due litri d’acqua con un piano di cottura a induzione bollono in soli 5 minuti.
Ciò è dovuto al fatto che i campi elettromagnetici non riscaldano la superficie di cottura, ma direttamente il recipiente di cottura. Ciò fa sì che i piani a induzione abbiano la maggiore efficienza energetica tra tutti i piani di cottura, ed è questo il loro vero vantaggio in termini di decarbonizzazione e contenimento delle emissioni, soprattutto all’interno dell’abitazione.
Attualmente, in Italia, l’acquisto del piano a induzione può godere del bonus mobili, cioè della detrazione fiscale del 50% in 10 anni (tetto di spesa di 8mila euro per il 2023 e di 5mila per il 2024, nell’ambito di interventi di ristrutturazione).
Un piano a induzione di qualità ha un costo che va dalle 400 alle 500 euro. Per quanto riguarda i consumi elettrici l’aumento può essere stimato in un 10% in più, ma molto dipenderà da come viene utilizzato il nuovo elettrodomeestico.
Alcuni svantaggi
La vetroceramica dei piani a induzione è più soggetta a graffi e rotture rispetto all’acciaio e agli altri materiali metallici dei piani a gas. Se una pentola cade accidentalmente sul piano di vetroceramica può danneggiare la superficie, compromettendone le prestazioni.
Per questo motivo, i piani cottura a induzione possono avere una durata media leggermente inferiore, in un intervallo compreso tra 15 e 19 anni, rispetto alla durata media dei piani cottura a gas, che è stata calcolata in 19 anni.
Anche il numero significativo di componenti elettronici presenti nei piani cottura a induzione può ridurre la durata di questi apparecchi.
“Il collo di bottiglia della durata di vita è solitamente rappresentato dai componenti elettronici, che tendono ad avere la durata più breve tra tutti i componenti di un prodotto. Si suggerisce che la durata di vita possa essere inferiore a quella dei piani cottura a gas o radianti, più simile a quella di altri prodotti elettrici di consumo (10-15 anni)”, secondo “Powering our buildings: how policies can support energy efficiency through building electrification”, uno studio pubblicato qualche mese fa dalla Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia (FIRE) in cooperazione con l’Istituto per la politica energetica e climatica europea (IEECP).
Un altro possibile svantaggio è che le pentole acquistate anni fa potrebbero non funzionare, cioè non essere capaci di attrarre il calore prodotto con le bobine magnetiche dei piani a induzione.
In realtà, moltissime pentole in commercio, soprattutto se acquistate negli ultimi anni, possono essere usate sui piani a induzione. Per verificare, basterà vedere se una qualunque calamita si attacca o meno al fondo della pentola. Se si attacca vuol dire che è adatta per un piano a induzione.
È fondamentale che una pentola possa interfacciarsi con il campo magnetico generato dal piano a induzione. Se il fondo di una pentola contiene ferro o acciaio sarà adatta.
Il problema sorge per altri materiali come l’alluminio, la ceramica o il rame. In realtà, anche in questo caso, è possibile continuare a usare tali pentole ricorrendo a degli appositi adattatori, facilmente acquistabili online o in mesticheria con prezzi a partire da 10-15 euro.
Sarà comunque possibile continuare a comprare e usare pentole di alluminio o altri materiali, anche senza adattatori, purché abbiano sul fondo uno strato di acciaio inox, in maniera da renderle compatibili con il piano a induzione.
Mercato dei piani cottura
In Europa, nel 2018, solo il 27% dei nuovi piani cottura era a gas, mentre nel 2015 la percentuale era ancora del 52%. E da qui al 2040 si prevede un aumento significativo della quantità di piani a induzione, che dovrebbe diventare la tecnologia più diffusa nei prossimi anni, come mostra il grafico tratto dallo studio FIRE.
Per quanto riguarda i piani cottura nel loro complesso, si prevede una crescita delle vendite fino a quasi 6,4 milioni di unità nel 2023, con la maggior parte delle vendite quest’anno di apparecchi a induzione.
I piani cottura a induzione godranno di una maggiore diffusione, però a scapito di altri tipi di piani di cottura elettrici. Le vendite di quelli a gas, invece, sembrano rimanere abbastanza stabili nel tempo, rappresentando circa un quarto delle vendite quest’anno in Europa.
In Italia, però la situazione è diversa, con i piani cottura più comuni che continuano a essere quelli alimentati a gas naturale o GPL, come si può vedere in questa tabella riepilogativa delle fonti energetiche usate per cucinare nei Paesi europei.
L’Italia è al primo posto in assoluto in termini di quote percentuali di gas sul totale del consumo energetico in cucina, e in fondo alla classifica per l’uso di elettricità.
Costi per la maggior potenza impegnata
I piani cottura a induzione sono attualmente meno utilizzati perché il loro funzionamento simultaneo con altri elettrodomestici comporta abbastanza frequentemente una maggiore richiesta di potenza elettrica, spostando la configurazione del contratto di acquisto da una alimentazione base da 3 kW a una da 4,5 o 6 kW. Tale eventuale aumento di potenza comporta una spesa fissa maggiore, sebbene non rilevante.
In linea generale si tratta di circa 1,7 € per kW di potenza in più al mese. Quindi passare da 3 a 4,5 kW (cioè per arrivare ad una potenza disponibile di 5 kW) costerebbe in più circa 2,6 €/mese, e se includiamo l’Iva, ciò significherebbe una spesa aggiuntiva in bolletta di circa 35 euro in più all’anno.
In merito all’aumento del costo per la variazione di potenza, l’Autorità per l’energia riporta in una nota che “per i clienti del mercato libero, il costo delle variazioni della potenza dipende da quanto previsto nei singoli contratti, fermo restando che il venditore dovrà comunque versare al distributore un contributo fisso e, per gli aumenti di potenza, anche un contributo per la potenza aggiuntiva richiesta:
- il contributo fisso è pari a 25,51 euro per le utenze in bassa tensione; per le utenze domestiche, fino al 31 dicembre 2023 questo contributo non è dovuto;
- il contributo per ogni kW di potenza aggiuntiva richiesta è pari a 71,04 euro per le utenze in bassa tensione; per le utenze domestiche, fino al 31 dicembre 2023 questo valore è ridotto a 56,16 euro se il nuovo livello di potenza disponibile non è superiore a 6 kW, e non è dovuto se l’aumento viene richiesto dopo una diminuzione della potenza, per ripristinare il livello di potenza precedente.
I clienti serviti in maggior tutela devono pagare al proprio venditore, oltre ai contributi destinati al distributore indicati sopra, anche un contributo di 23 euro destinato al venditore; la variazione della potenza comporta anche un adeguamento del deposito cauzionale se applicato, in quanto quest’ultimo si determina in proporzione ai kW di potenza impegnata”, spiega Arera.
Consigliamo di chiedere prima dell’aumento di potenza dei chiarimenti al proprio fornitore di energia elettrica.
Ostacoli culturali
“Per incentivare il passaggio alla cucina a induzione/elettrica è necessario un cambiamento nelle abitudini degli utenti finali, perché la principale barriera è di tipo culturale”, secondo il rapporto FIRE-IEECP.
Molte aziende di servizi pubblici in Europa, soprattutto nei Paesi Bassi, stanno offrendo ai consumatori che passano all’elettrico nuovi set di pentole, corsi di cucina, dimostrazioni, eccetera. perché hanno capito che ciò che deve cambiare è la cultura dei consumatori.
Uno degli ostacoli principali ad una maggiore diffusione dell’efficienza energetica risiede nella natura più tecnologica delle soluzioni per l’elettrificazione. Passare alle pompe di calore e agli stessi piani a induzione richiede una progettazione e una gestione adeguate per massimizzarne i benefici.
Molte di queste tecnologie non sono ben conosciute dagli utenti finali, né sono state oggetto di specializzazione da parte di tecnici e professionisti del settore. Sono percepite come innovative e per questo tendono a suscitare timore e riluttanza fra i consumatori, che le percepiscono come non sperimentate, non provate, anche se questo non è affatto vero. Le realtà è che queste tecnologie sono provate e affidabili.
La natura più tecnica di soluzioni per l’efficienza energetica rappresenta anche una barriera linguistica e di comprensione, che solo l’istruzione, la sensibilizzazione e l’abitudine a sentir parlare chiaramente può aiutare a superare. “Non ci sono differenze significative tra l’Italia e gli altri Paesi europei in relazione a questa barriera”, secondo gli autori dello studio sopra citato.