Nel governo tedesco si sta affacciando l’idea di “colpire” la CO2 con una tassa.
Restano divergenze piuttosto marcate tra i vari partiti sul carbon pricing, ma la cancelliera Angela Merkel in una recente sessione di domande-risposte in parlamento ha confermato che l’esecutivo sta considerando ogni opzione per ridurre le emissioni inquinanti, comprese le possibili misure finanziarie con cui penalizzare l’utilizzo di combustibili fossili nei vari settori (elettricità, riscaldamento, trasporti).
A riferire sul nuovo orientamento di Berlino è il sito web tedesco Clean Energy Wire, sempre molto attento a seguire l’evoluzione normativa in campo energetico e ambientale in Germania; anche l’agenzia EurActiv parla del dibattito in corso sul carbon pricing nel “gabinetto climatico”, che riunisce i ministri impegnati a definire le politiche che dovranno portare il paese a raggiungere gli obiettivi di riduzione della CO2 al 2030 (-40% in confronto ai livelli del 1990).
Ricordiamo che la Germania si trova nel pieno di una transizione energetica ambiziosa: in particolare, si punta a eliminare il carbone nel 2038, mentre le rinnovabili già stanno producendo quote record di elettricità (vedi qui i dati sul 2018), anche se c’è il rischio di fallire il traguardo sulle emissioni, perché il carbone continua a rappresentare una risorsa preponderante nel mix di generazione elettrica (e l’uscita al 2038 può essere tardiva).
Tassare la CO2 è una soluzione per il clima rilanciata in più occasioni da diversi economisti e scienziati; è da citare soprattutto la proposta di Joseph Stiglitz di concepire una carbon tax internazionale, anche se al momento appare molto improbabile la sua adozione su una scala così vasta, per le ovvie resistenze dei paesi che più di tutti fondano le loro economie sulla produzione-esportazione di fonti fossili.
Intanto la Germania potrebbe seguire l’esempio della Gran Bretagna: introdurre un prezzo aggiuntivo (price-premium) su ogni tonnellata di anidride carbonica, da sommare al costo della CO2 sul mercato europeo ETS (Emissions Trading Scheme).
Londra così è riuscita a de-carbonizzare profondamente il mix elettrico in pochi anni, quasi azzerando il carbone a vantaggio di gas e rinnovabili.
Le vie possibili al carbon pricing sono molteplici: ad esempio, un sistema cap-and-trade sul modello dell’EU-ETS che prevede la compravendita di quote di CO2 oltre i limiti prefissati, oppure una tassa; inoltre, bisogna valutare se stabilire un prezzo unico della CO2 valido in tutti i settori industriali o definire prezzi differenti (sector-specific).
E poi occorre decidere come impiegare i proventi di una carbon tax: per favorire nuovi investimenti in efficienza energetica e rinnovabili (magari tramite delle agevolazioni fiscali), per sostenere le famiglie con bassi redditi, per convertire vecchi impianti a gas/carbone non più remunerativi? O per quali altre politiche?
Comunque, già il fatto che la Germania abbia messo sul tavolo l’opzione del carbon pricing è un segnale positivo, che potrebbe spingere altri paesi europei verso questa direzione.