Pannelli fotovoltaici da smaltire e riciclare: come ci stiamo preparando in Italia?

Con circa 900mila impianti FV con un'età media 11-13 anni entro un decennio in Italia potremmo assistere ad uno tsunami di moduli a fine vita. Ne parliamo con il presidente di Cobat RAEE.

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Gli impianti fotovoltaici in Italia hanno vissuto una forte diffusione negli ultimi anni.

Ma insieme al successo registrato da questa tecnologia, dobbiamo porci la questione di cosa fare dei moduli fotovoltaici, quando questi verranno dismessi.

Secondo i dati del Gestore dei servizi energetici (Gse), a fine 2019 in Italia risultavano installati oltre 880.000 impianti fotovoltaici. Quelli di piccola taglia, cioè con potenza inferiore o uguale a 20 kWp, costituivano il 92% circa del totale in termini di numero.

Il punto è ora capire quanti dei pannelli di questi impianti dovranno essere sostituiti e, soprattutto, quando un volume sempre più ingente di moduli dovrà essere avviato al fine-vita.

QualEnergia.it ne ha parlato con Michele Zilla, presidente di Cobat RAEE, uno dei principali consorzi specializzati nel trattamento di moduli fotovoltaici dismessi e altri rifiuti elettronici, per capire se l’Italia si troverà a dover gestire una enorme massa di vecchi moduli solari da dismettere.

In base ai dati del Gse, “scopriamo che il parco fotovoltaico italiano non è giovanissimo”, ha detto Zilla.

Michele Zilla – Cobat RAEE

“L’età media dei quasi 900.000 impianti fotovoltaici italiani è, attualizzato al 2021, compresa tra gli 11 e i 13 anni. Ciò significa che gran parte dei moduli ha iniziato a sentire i primi effetti del tempo, con una perdita media di produzione dell’1,6% l’anno”, ha detto il presidente di Cobat RAEE.

“La riduzione media – ha aggiunto – si fa ancora più consistente, circa un -2,2%, per gli impianti entrati in esercizio prima del 2011. Considerato il lungo ciclo di vita dei moduli, anche 20-25 anni, oggi stiamo iniziando a vedere i primi numeri in crescita, ma il boom è previsto entro i prossimi 5-10 anni”.

Anche se manca ancora un tempo abbastanza ampio, va detto che potenziare una filiera del riciclo non è una cosa immediata e l’Italia non può farsi trovare impreparata. Bisogna pensarci prima che la questione diventi lasolita emergenza da gestire, ci ha ricordato Zilla.

Anche perché, il trattamento dei pannelli usati, inserito in un contesto di economia circolare, è un’opportunità che genera nuove materie prime, dunque ricchezza.

Come creare quindi le condizioni che consentano a Cobat e alle altre organizzazioni di settore di essere l’anello di congiunzione che chiuda il cerchio di un’economia circolare del fotovoltaico?

È compito dell’installatore o del produttore inserire i numeri di serie e altre informazioni relativi ai moduli su portali online dedicati, afferenti alle varie organizzazioni che si occupano di riciclo. Ogni modulo fotovoltaico risulta così mappato e geo-referenziato al momento dell’attivazione.

Il portale di Cobat, per esempio, consente al consorzio, al produttore e agli installatori di conoscere esattamente il luogo e il momento in cui il singolo modulo è entrato in esercizio. In questo modo, si riesce a seguire la vita di ogni singolo modulo, rintracciandolo a colpo sicuro quando arriva il momento di dismetterlo, come abbiamo spiegato più dettagliatamente in un precedente articolo.

“Cobat RAEE, inoltre, accantona il contributo versato dal produttore/importatore per ciascun modulo immesso sul mercato in un fondo, come da regolamento del Gse, offrendo la totale garanzia delle riserve necessarie a far fronte alla corretta gestione del loro fine vita, anche dopo 20-30 anni”, ha detto Zilla.

Oltre alla raccolta, è fondamentale la fase del trattamento.

In questo senso, Cobat RAEE “ha investito in due nuovi impianti per il recupero dei moduli fotovoltaici a fine vita, con l’obiettivo di creare una filiera industriale dell’economia circolare del fotovoltaico che risponda alle migliori pratiche internazionali, utilizzando le migliori tecnologie disponibili”, ha sottolineato Zilla.

L’impegno di Cobat nel settore risale al 2011, quando il consorzio strutturò la prima filiera italiana per la raccolta e il riciclo dei moduli fotovoltaici giunti a fine vita, anticipando la direttiva europea sui rifiuti elettronici, recepita in Italia nel 2014, con cui i moduli fotovoltaici sono stati formalmente annoverati tra le apparecchiature elettriche ed elettroniche.

“L’attivazione della prima filiera di gestione dei moduli fotovoltaici a fine vita è avvenuta in previsione della successiva emanazione del 4° e 5° Conto Energia, ai sensi dei quali, per l’ottenimento degli incentivi, produttori e importatori di moduli dovevano aderire a un sistema di raccolta e trattamento formalmente riconosciuto dal Gse”, ha precisato Zilla.

In un prossimo articolo, toccheremo alcune questioni patologiche e fisiologiche collegate alla dismissione dei moduli fotovoltaici, e cioè del mercato nero dei moduli, che invece di essere riciclati vengono venduti in mercati esteri, come l’Africa, e della possibilità di impiegare qui in Italia i moduli fotovoltaici usati.

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