Otto anni per quasi azzerare il gas nel settore elettrico: la Gran Bretagna può farlo?

Uno scenario proposto dal think tank Ember per il mix energetico britannico al 2030. È richiesto "uno sforzo eroico", ma si può fare. Numeri, vantaggi e limiti di queste analisi.

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La Gran Bretagna potrebbe affidarsi a un mix elettrico quasi a zero emissioni già nel 2030, con tantissimo eolico (a terra e soprattutto in mare), tanto fotovoltaico, sistemi di accumulo energetico, una fetta di nucleare e di idrogeno verde, più un contributo marginale del gas con impianti dotati di sistemi per sequestrare la CO2.

In sintesi, questo è lo scenario costruito da Ember, think tank indipendente specializzato sui temi energetici.

È interessante approfondirlo perché la Gran Bretagna ha completato con successo una prima transizione dal carbone al gas con una quota crescente di rinnovabili, e ora si trova davanti alla sfida, analoga per il nostro Paese, di sostituire la sua grande porzione di gas con altre fonti pulite.

Sul futuro energetico di Londra ci sono però le incertezze su come vorrà muoversi la nuova premier, Liz Truss.

Ricordiamo che ad aprile Boris Johnson aveva lanciato un maxi piano per la sicurezza energetica incentrato su eolico offshore (50 GW al 2030), fotovoltaico, nucleare, idrogeno a basse emissioni con 10 GW di elettrolizzatori. Senza tralasciare un incremento delle estrazioni nazionali oil&gas e lo sviluppo di impianti CCS (Carbon capture and storage), da applicare alle industrie e alle centrali termoelettriche al fine di catturarne le emissioni di CO2.

Il target britannico è arrivare al 95% di elettricità pulita entro il 2030. Ma il piano con ogni probabilità sarà rivisto e corretto dal nuovo governo Uk.

Intanto a luglio la gara per assegnare 11 GW di nuova capacità rinnovabile ha dimostrato quanto siano diventate competitive le fonti green, che produrranno elettricità a costi 4 volte inferiori rispetto agli attuali prezzi della generazione a gas, e dimezzati rispetto alla remunerazione che sarà garantita alla centrale nucleare di Hinkley Point C, con due reattori Epr da 1.600 MW di potenza in costruzione nel Somerset.

A proposito di Hinkley Point C: secondo le comunicazioni di Edf (il colosso francese che la sta costruendo) dello scorso maggio 2022, la prevista entrata in funzione della prima unità è slittata di un altro anno, a giugno 2027, mentre il budget complessivo è lievitato a 25-26 miliardi di sterline, il 50% in più del budget originario del 2016.

Torniamo allo scenario di Ember.

Gli analisti ritengono fattibile passare da un mix attuale basato sul 40% di generazione elettrica a gas, a un mix 2030 dove la dipendenza dal gas sarà quasi scomparsa (1% del totale).

Ciò consentirebbe di risparmiare circa 93 miliardi di sterline grazie ai mancati acquisti di gas; si stima che già nel 2023 produrre energia elettrica con il gas costerà almeno sei volte di più rispetto ai parchi eolici.

Per centrare questo obiettivo, la Gran Bretagna dovrebbe installare 90 nuovi GW di eolico e fotovoltaico in 8 anni. Si può fare, afferma Ember, se intanto nei prossimi 4 anni tutti i progetti già presentati saranno approvati e costruiti.

Il grafico sotto mostra come dovrebbe evolversi il mix energetico UK da oggi al 2030.

In pratica, eolico e solare farebbero il 70% del totale, di cui il grosso sarebbe affidato ai grandi parchi eolici offshore. Il gas cosiddetto “unabated” (cioè senza tecnologie CCS) varrebbe appena lo 0,7% della generazione complessiva, mentre le centrali a gas con CCS farebbero un altro 0,5%.

La capacità installata nelle principali tecnologie al 2030 potrebbe essere la seguente:

  • quasi 90 GW di eolico (54 offshore, 34 a terra)
  • 51 GW di fotovoltaico
  • 6,8 GW di nucleare
  • 6,5 GW di idrogeno
  • quasi 14 GW di gas tra impianti con/senza CCS
  • 21,6 GW di batterie
  • 4,9 GW di pompaggi idroelettrici
  • 3,8 GW di altri sistemi di storage.

Il modello di Ember prevede che il gas sia utilizzato solamente disponibile per esigenze di bilanciamento, nei periodi di bassa ventosità e/o basso o nullo irraggiamento solare che non possono essere coperti dagli accumuli. Si propone anche di mantenere alcuni impianti a gas “in naftalina”, da attivare come riserva strategica in caso di eventi eccezionali, come una domanda di energia molto elevata per cause inaspettate.

È bene precisare alcuni punti. In particolare, il modello proposto assume per ipotesi che la Gran Bretagna sia una sorta di isola non interconnessa. In altre parole, gli analisti assumono che tutta la produzione energetica britannica sia utilizzata in UK, con il surplus elettrico impiegato in accumuli ed elettrolizzatori, e che non ci siano importazioni.

Ma si evidenzia che in molti casi le interconnessioni possono garantire prezzi più bassi e maggiore sicurezza delle forniture; quindi la loro è un’ipotesi teorica basata anche sulla capacità di sviluppare in tempi rapidi e su grande scala delle tecnologie, come idrogeno e CCS, che non si sono ancora affermate sul mercato.

Nello scenario è anche prevista una estensione della vita utile dei reattori nucleari esistenti.

Più in generale, per uscire dal gas in questo decennio, al governo è richiesto uno “sforzo eroico” (“heroic push” nel testo originale), mentre il settore privato dovrà accelerare gli investimenti oltre a puntare continuamente sulle innovazioni tecnologiche.

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