Obiettivo clima 2030, il Consiglio europeo prende tempo

Gli Stati membri non hanno trovato una posizione comune sul nuovo obiettivo di riduzione della CO2. Tutto rinviato a dicembre.

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Il Consiglio europeo ha rinviato a dicembre la decisione sul nuovo obiettivo di riduzione della CO2 al 2030, perché non è riuscito a trovare un accordo comune tra i diversi paesi.

D’altronde, si sapeva che dopo il voto del Parlamento Ue, i negoziati istituzionali con ogni probabilità sarebbero stati difficili.

Quindi ricapitoliamo: mercoledì 7 ottobre a Strasburgo in plenaria, gli eurodeputati hanno approvato la posizione ufficiale del Parlamento europeo sulla Climate Law, la legge per il clima, che prevede di tagliare del 60% le emissioni di CO2 al 2030.

L’obiettivo votato a Strasburgo è più forte della proposta iniziale della Commissione europea, che puntava verso una riduzione del 55% per le emissioni al 2030, in confronto ai livelli del 1990 (ricordiamo che l’obiettivo attuale prevede di tagliare la CO2 del 40% tra dieci anni).

In ballo c’è il raggiungimento della neutralità climatica al 2050. Per azzerare le emissioni inquinanti entro metà secolo, infatti, il 40% di riduzione non basta più e bisogna aumentare parecchio l’impegno per abbattere le emissioni di anidride carbonica.

Arriviamo così al Consiglio europeo di ieri, giovedì 15 ottobre, dove i capi di governo dei 27 Stati membri hanno stabilito di rimandare la loro decisione di un paio di mesi.

Per conseguire l’obiettivo della neutralità climatica al 2050, si legge nelle conclusioni del Consiglio (neretti nostri) “l’Ue deve aumentare le proprie ambizioni per il prossimo decennio nonché aggiornare il quadro per le politiche dell’energia e del clima”.

Tuttavia, prosegue il documento elaborato dai 27, “il Consiglio europeo ritiene che l’obiettivo aggiornato debba essere raggiunto collettivamente dall’Ue nel modo più efficiente in termini di costi. Tutti gli Stati membri parteciperanno a tale sforzo tenendo conto delle circostanze nazionali e di considerazioni di equità e solidarietà”.

Così il Consiglio europeo “invita la Commissione a svolgere consultazioni approfondite con gli Stati membri per valutare le situazioni specifiche e fornire maggiori informazioni sull’impatto a livello di Stati membri”.

In sostanza: gli Stati membri hanno preso tempo, perché ci sono paesi, quelli del blocco orientale tra cui Polonia, Repubblica Ceca e Bulgaria, come riporta l’agenzia EurActiv, che premono per avere una contropartita economica all’accettazione di un obiettivo più forte sulle emissioni.

Questi paesi ancora oggi dipendono in massima parte dai combustibili fossili per soddisfare i loro consumi energetici nazionali.

Di conseguenza, per loro sarebbe più difficile tagliare le emissioni del 55-60% e così vogliono essere rassicurati, soprattutto in termini economici, ad esempio assicurandosi più fondi Ue da investire nelle energie rinnovabili e nelle politiche ambientali.

Un punto rilevante delle conclusioni, che potrebbe aiutare a convincere i paesi più riottosi, è quando si afferma che l’obiettivo (di riduzione) dovrà essere raggiunto collettivamente (quindi come media tra tutti gli Stati membri): in altre parole, ciò significa che alcuni Stati potranno sforare individualmente l’obiettivo concordato a livello comunitario.

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