Dopo il voto finale sulla Climate Law – 392 favorevoli, 161 contrari, 142 astensioni – il Parlamento europeo ha adottato la sua posizione ufficiale in merito alla prima legge Ue per il clima, che punta ad azzerare le emissioni di anidride carbonica entro il 2050.
La legge, infatti, intende trasformare la promessa politica della nuova Commissione europea – la “neutralità climatica” da raggiungere entro metà secolo – in una serie di misure vincolanti che permetteranno al nostro continente di uscire dai combustibili fossili.
Ieri, mercoledì 7 ottobre, gli europarlamentari, tra le altre cose, hanno votato l’emendamento del francese Pascal Canfin, presidente della commissione Ambiente, per tagliare del 60% le emissioni di CO2 al 2030, più di quanto proposto da Bruxelles (55% di riduzione).
Su quel voto c’è stata molta incertezza fino all’ultimo, perché il PPE (partito popolare europeo, il più numeroso a Strasburgo, cui aderiscono Forza Italia e SVP) supportava l’obiettivo del 55% e riteneva troppo ambizioso quello del 60%, anche se poi ha prevalso la linea delle sinistre e dei verdi: S&D (di cui fa parte il PD italiano), Renew, Greens/EFA e GUE/NGL hanno votato a favore, mentre la maggior parte del gruppo del PPE, così come l’ECR (di cui fa parte Fratelli d’Italia) e l’ID (di cui fa parte la Lega) contro.
Ma non c’è solamente il taglio delle emissioni del 60%, nella Climate Law appena uscita dalla plenaria a Strasburgo.
La Commissione europea, spiega una nota del Parlamento, dovrà presentare, entro maggio 2023, un piano su come raggiungere l’azzeramento delle emissioni al 2050, non solo a livello Ue, ma anche a livello dei singoli Stati: in pratica, ogni paese dovrà diventare neutro dal punto di vista climatico, senza eccezioni tra chi farà di più e chi farà di meno.
Il percorso dovrà essere compatibile con l’obiettivo fissato negli accordi di Parigi: limitare sotto 2 gradi l’aumento delle temperature medie, in confronto all’età preindustriale.
Quindi Bruxelles dovrà tenere conto del carbon budget rimanente, cioè la quantità di emissioni di CO2 che l’Europa potrà rilasciare nell’atmosfera fino al 2050 senza sforare il limite di Parigi.
Gli europarlamentari hanno poi deciso che dovrà essere istituito un organismo scientifico indipendente, EU Climate Change Council, che monitorerà i progressi e valuterà se le misure messe in campo saranno sufficienti per centrare l’obiettivo.
La Commissione Ue dovrà anche proporre un traguardo intermedio al 2040 sulla riduzione delle emissioni.
Inoltre, la legge sul clima prevede che siano eliminati, non più tardi del 31 dicembre 2025, tutti i sussidi diretti e indiretti ai combustibili fossili.
Tra l’altro, evidenzia l’agenzia EurActiv, gli europarlamentari hanno bocciato la proposta avanzata dalla Commissione Ue di contare, ai fini del raggiungimento del 60%, gli assorbimenti di CO2 nelle foreste e in altri ecosistemi (cosiddetti “carbon sinks”).
E hanno anche respinto un emendamento del PPE che chiedeva di includere, nel traguardo europeo, i progetti di riduzione della CO2 realizzati in paesi in via di sviluppo.
Insomma, il taglio delle emissioni del 60% dovrà essere ottenuto in maniera “pulita”, contando unicamente sulle riduzioni domestiche.
A questo punto, il Parlamento europeo è pronto a iniziare i negoziati con gli Stati membri sulla Climate Law, appena il Consiglio europeo avrà definito una sua posizione comune. Sembra però che molti paesi siano favorevoli al taglio del 55% senza un ulteriore incremento dell’impegno, quindi bisognerà vedere come si svilupperà il dibattito in quella sede nelle prossime settimane. La presidenza tedesca di turno punta a chiudere i negoziati entro dicembre.
Intanto Legambiente, nel commentare il voto, ha ricordato che è tecnicamente-economicamente fattibile tagliare le emissioni almeno del 65% al 2030 e che l’obiettivo del 65% è l’unico pienamente in linea con gli accordi di Parigi: la stessa posizione di altre associazioni ambientaliste, come il WWF.
Legambiente cita così un recente studio dell’Università di Berlino e dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW), dove si afferma che un taglio delle emissioni del 65% consentirebbe all’Europa di risparmiare oltre 10.000 miliardi di euro, per la conseguente riduzione dei danni ambientali e la minore dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili.