Il nuovo mercato Ue della CO2 è alle battute finali: oggi il voto a Strasburgo

Dovrebbe esserci un "sì" con una larga maggioranza. Dal 2027 previsto un sistema ETS per i carburanti fossili usati per il riscaldamento e i trasporti stradali. Si temono impennate dei prezzi.

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Il nuovo mercato europeo della CO2 è alle battute finali.

Oggi, martedì 18 aprile, è atteso il voto in sessione plenaria del Parlamento Ue sulla riforma dell’ETS (Emissions Trading Scheme), il meccanismo che regola lo scambio di quote di emissione in diversi settori economici, tra cui migliaia di attività industriali (produzione di carta, acciaio, energia elettrica, prodotti chimici e così via).

Lo scorso dicembre 2022 i negoziatori di Parlamento, Commissione europea e Stati membri avevano raggiunto un accordo preliminare sull’ETS.

A febbraio poi c’era stato il voto favorevole della commissione per l’Ambiente del Parlamento, inclusa la nuova “tassa alla frontiera” sulla CO2 per determinati beni importati nella Ue.

È una riforma che fa discutere ancora prima di essere approvata, perché ci sono tante novità e alcune di essere potrebbero avere impatti rilevanti per cittadini e imprese.

L’esito del voto appare comunque favorevole con una larga maggioranza che comprende centro-destra, socialdemocratici, centristi di Renew, verdi (questi ultimi con qualche divisione; i verdi francesi dovrebbero votare contro).

In particolare, dal 2027 (ma con la possibilità di ritardare la partenza di un anno, dal 2028) ci sarà un mercato ETS che riguarderà le emissioni dei combustibili fossili utilizzati per il riscaldamento e nei trasporti stradali, come benzina, diesel, gas naturale, olio combustibile.

L’obiettivo è estendere l’applicazione del principio “chi inquina paga” ma c’è il rischio che i prezzi dei carburanti saliranno parecchio.

In teoria, il costo di una tonnellata di CO2 non dovrebbe superare 45 euro, almeno fino al 2030.

Ciò farebbe aumentare – secondo le proiezioni Ue citate dall’agenzia Euractiv – i prezzi finali dei carburanti di circa 10-12 centesimi al litro.

Tuttavia, diversi analisti, tra cui Michael Pahle del Potsdam Institute for Climate Impact Research, ritengono che il prezzo della CO2 potrà salire ben sopra 45 €/ton.

Si parla di valori massimi che potrebbero sfondare quota 100 €/ton o anche di più, fino a 200-300 €/ton.

Secondo l’eurodeputato tedesco Peter Liese (partito popolare europeo), capo negoziatore della riforma dell’ETS, è improbabile che si toccheranno cifre così elevate.

Secondo Liese, infatti, altri fattori aiuteranno a ridurre la domanda di combustibili fossili e a calmierare i prezzi, tra cui le politiche europee e nazionali per l’efficienza energetica, le innovazioni tecnologiche, il maggiore impiego di energia elettrica nei consumi finali, grazie alla diffusione crescente di pompe di calore e veicoli a batteria.

Il punto però è che i 45 euro alla tonnellata non rappresentano un price cap fisso. Quindi non c’è alcuna garanzia che si potrà rimanere a quel livello.

La nuova direttiva prevede che quando si supera la soglia di 45 €/ton, scatti un meccanismo che fa aumentare il numero di quote di CO2 in circolazione sul mercato ETS.

Questo incremento di offerta dovrebbe riportare in basso le quotazioni della CO2. Ma non è detto che funzioni nella misura prevista, soprattutto se la domanda di carburanti fossili rimarrà elevata.

Le altre novità

Tra le altre novità del nuovo ETS, c’è il Fondo sociale per il clima da 87 miliardi di euro, con cui finanziare misure per attutire gli impatti dell’ETS su cittadini e imprese più vulnerabili e maggiormente colpiti dai rincari energetici.

È previsto anche un allargamento del mercato ETS a navi e aerei.

L’obiettivo, per quanto riguarda i circa 10mila impianti industriali e di generazione elettrica coperti dal sistema, è ridurre le emissioni di CO2 del 62% al 2030, rispetto ai livelli del 2005 (il target della direttiva attuale è -43%).

Un punto importante è l’introduzione della cosiddetta “tassa alla frontiera” sulla CO2, battezzata CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), cioè meccanismo per adeguare il prezzo della CO2 alla frontiera.

In pratica, sarà una sorta di dazio applicato ad alcuni prodotti importati nell’Unione europea, provenienti da Paesi in cui gli standard ambientali sono meno severi; si partirà, da ottobre 2023 con una fase transitoria con il solo obbligo di reporting, con ferro, acciaio, cemento, alluminio, fertilizzanti, elettricità e idrogeno.

Quindi, gli importatori dovranno acquistare i certificati CBAM, pagando la differenza tra il prezzo della CO2 vigente sul mercato ETS europeo e il prezzo della CO2 praticato nel Paese da cui ha origine il prodotto.

Di conseguenza, saranno eliminate gradualmente le quote gratuite di CO2 assegnate alle industrie europee, al fine di evitare un vantaggio competitivo nei confronti delle aziende straniere obbligate ad acquistare i certificati CBAM.

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