Nucleare, gas, auto elettrica, case green: cosa ha detto Meloni sull’energia alla Camera

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Rispondendo al question time, la premier ha ribadito l'approccio di neutralità tecnologica del governo, criticando le iniziative legislative Ue. Frecciate anche contro il Superbonus, che "ha favorito un mercato opaco" dei crediti fiscali.

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La transizione energetica deve essere graduale, pragmatica, dando spazio a tutte le tecnologie (non solo le rinnovabili ma anche gas, biocarburanti, idrogeno), tutelando gli interessi nazionali (occupazione, industrie) e rifiutando gli approcci ideologici come quello del “solo elettrico” in campo automobilistico.

Possiamo sintetizzare così le risposte date dalla presidente del consiglio, Giorgia Meloni, al question time della Camera, per quanto riguarda i temi energetici e ambientali.

Meloni non ha risparmiato forti critiche alle iniziative legislative europee sulle auto e sugli edifici – il regolamento che prevede lo stop alle nuove auto endotermiche dal 2035 e la direttiva Epbd appena votata in plenaria al Parlamento – ribadendo la posizione contraria del nostro Paese.

E ha anche criticato il Superbonus, perché la maxi detrazione del 110% in edilizia ha favorito la creazione di un “mercato opaco” dei crediti fiscali, annunciando poi altri interventi per riassorbire i crediti ancora in circolazione.

Più in dettaglio, rispondendo all’interrogazione di Angelo Bonelli (Alleanza Verdi-Sinistra) in merito alla strategia del governo per raggiungere gli obiettivi climatici e sul possibile ruolo del nucleare a fissione, Meloni ha affermato che “l’atteggiamento del governo rimane pragmatico, rimane ispirato al principio di neutralità tecnologica, ma, in ogni caso, non intendiamo intraprendere, su questo [sul nucleare, ndr], alcuna azione in assenza di un eventuale, chiaro atto di indirizzo del Parlamento, senza il coinvolgimento del quale non potremmo assumere alcun impegno a livello internazionale”.

Meloni ha poi parlato del gas, considerato “come vettore energetico della transizione, cioè come vettore necessario a garantire all’Italia una maggiore autonomia e a contribuire alla realizzazione del nostro progetto strategico dell’Italia come hub europeo dell’energia”.

Sulla proposta di direttiva sulle case green, la premier ha detto che “prevede obiettivi temporali che non sono raggiungibili per l’Italia, il cui patrimonio immobiliare è inserito in un contesto molto diverso da quello di altri Stati membri”.

Con il voto sulla direttiva Epbd, secondo Meloni, “il Parlamento europeo ha ritenuto di inasprire ulteriormente il testo iniziale e questa scelta, che noi consideriamo irragionevole e mossa da un approccio ideologico, impone al governo di continuare a battersi per difendere gli interessi dei cittadini e della Nazione”.

Altro tema caldo è quello delle iniziative a sostegno del settore automotive, al centro dell’interrogazione di Tommaso Foti (Fratelli d’Italia).

Dopo aver ripetuto che la transizione deve essere fatta con gradualità e con realismo, perché non si può “assecondare un processo che, sull’altare della decarbonizzazione, ci conduce dritti alla deindustrializzazione”, Meloni ha precisato che “la semplice incentivazione all’elettrico rischia di delocalizzare la produzione automobilistica in Paesi extra Ue”.

La strada del governo è quella della neutralità tecnologica, perché “è possibile conseguire lo stesso risultato, lo stesso obiettivo – la transizione verde – impiegando altre tecnologie rispetto all’elettrico” come biocarburanti, carburanti sintetici, idrogeno, tutti ambiti “in cui l’Italia vanta una tecnologia di assoluta avanguardia”.

Infine, rispondendo all’interrogazione di Emiliano Fenu (M5S) sulle iniziative volte a prevedere un contributo di solidarietà a carico del settore bancario, in relazione all’aumento dei tassi di interesse, Meloni ha fatto una digressione sul Superbonus.

Il Superbonus, ha dichiarato la premier, “ha anche consentito la proliferazione di un mercato opaco e non governato di circolazione dei crediti fiscali, a tutto vantaggio non delle imprese, che quegli interventi avevano realizzato, e per i quali oggi, giustamente, reclamano il pagamento, ma dei vari intermediari, anche finanziari, intervenuti a raccogliere questi crediti con un prezzo a sconto sul valore nominale, lucrando sul differenziale poi portato all’incasso con l’erario”.

Ora bisogna intervenire, ha evidenziato, “per garantire […] il riassorbimento dei crediti fiscali ancora in circolazione particolarmente da parte del sistema finanziario, stando attenti a evitare che anche questo si possa tradurre in un’occasione per lucrare impropriamente su rendite di posizione”.

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