La nuova politica agricola Ue sarà un bene o un male per clima e ambiente?

  • 26 Ottobre 2020

I contenuti più importanti della Pac votata in Parlamento e le ragioni di chi la sostiene e chi invece la rifiuta.

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Il voto del Parlamento Ue sulla nuova Politica agricola comune (Pac) è stato un test per capire quanto l’Europa stia davvero puntando sul Green Deal, la rivoluzione economica verde che dovrebbe portare il nostro continente ad azzerare le emissioni di anidride carbonica nel 2050.

Per gli ambientalisti è un test fallito perché la nuova Pac, secondo loro, è un compromesso al ribasso che demolisce ogni ambizione di agricoltura ecologica. Per chi ha votato “sì”, invece, è un passo avanti verso gli obiettivi del Green Deal.

Gli eurodeputati, venerdì scorso, 23 ottobre, hanno approvato con ampie maggioranze i tre regolamenti che formano la nuova “architettura” della Politica agricola comune.

E ora il Parlamento europeo è pronto a negoziare la versione finale della Pac con i ministri dell’agricoltura degli Stati membri e con la Commissione Ue.

La posta in gioco

La posta in gioco è davvero alta: la Pac, infatti, vale una fetta enorme del budget europeo, circa un terzo del totale, con 387 miliardi di euro che saranno destinati alle politiche agricole nel periodo 2021-2027.

Così le forze politiche si sono date battaglia su come suddividere questo fiume di denaro.

Gli ambientalisti e le sinistre spingevano per rifiutare in blocco la riforma della PAC sostenuta da centrodestra, socialdemocratici e liberali, rappresentati, rispettivamente, dai seguenti gruppi a Strasburgo: EPP (European People’s Party, il gruppo più numeroso), S&D (Socialists & Democrats) e Renew Europe, di cui fa parte anche il francese Pascal Canfin, presidente della commissione ambiente del Parlamento Ue (la commissione ENVI).

Le ragioni del “sì”

La nuova Pac, si legge nella nota stampa del Parlamento Ue, “favorisce lo sviluppo di pratiche agricole più attente all’ambiente”.

Innanzi tutto, sono state rafforzate le condizionalità ambientali che gli agricoltori devono applicare, per ottenere una fetta dei pagamenti diretti per il sostegno al reddito agricolo. Nella Pac attuale, spiega Pascal Canfin in una nota su Linkedin, il 30% dei pagamenti diretti è versato se gli agricoltori rispettano alcuni criteri ambientali, come la rotazione delle colture.

Tuttavia, prosegue Canfin, gli Stati membri possono ridurre il numero delle condizionalità da rispettare.

Con la proposta del Parlamento, invece, le condizionalità diventano obbligatorie senza possibilità di deroghe da parte dei singoli governi.

In aggiunta, precisa Canfin, il 30% dei pagamenti diretti è destinato agli eco-schemi volontari: pratiche agricole volte a promuovere la biodiversità e la riduzione delle emissioni inquinanti. Si parla, ad esempio, di stoccaggio del carbonio nei suoli, minore impiego di pesticidi e tutela degli habitat naturali frequentati da uccelli e insetti impollinatori.

Secondo Canfin e gli altri sostenitori della nuova Pac, la proposta del Parlamento è un passo avanti perché prevede che la Commissione europea dovrà valutare la coerenza dei piani agricoli nazionali con gli obiettivi del Green Deal e in particolare con la strategia “Farm to Fork” (dalla fattoria alla forchetta) e con la strategia per la Biodiversità.

Tali strategie fissano diversi traguardi al 2030, come la riduzione del 50% dei pesticidi e il passaggio all’agricoltura biologica per il 25% delle superfici coltivabili.

Le ragioni del “no”

Al contrario, Verdi e associazioni ambientaliste sostengono che la nuova Pac sia troppo allineata alle richieste pervenute dalla lobby degli allevatori e delle aziende che fanno agricoltura intensiva.

Anche Greta Thunberg era intervenuta per sostenere il “no” contro una Pac che, secondo Greenpeace, Legambiente e WWF, condannerebbe a morte il futuro di un’agricoltura più attenta all’ambiente, alla tutela della biodiversità, alla riduzione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici.

Legambiente in una nota afferma che (neretti nostri) “al di là delle tinte verdi tanto sbandierate […] le misure agroambientali non verranno adeguatamente sostenute e si continuerà a finanziare un modello agricolo che porta alla perdita di biodiversità, contribuendo alla crisi climatica”.

Mentre il WWF dichiara che la Commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen “si trova ora in una situazione difficile perché un terzo del bilancio dell’Unione 2021-2027 rischia di essere sprecato a causa di una politica agricola insostenibile, totalmente in contrasto con il Green Deal, che conferma vecchie logiche, privilegi e interessi delle grandi corporazioni agricole”.

Di conseguenza, aggiunge l’associazione ambientalista, “per evitare il fallimento delle due strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 [la Commissione] dovrà intraprendere un’azione forte e decisa nell’ambito del negoziato del Trilogo [il negoziato istituzionale con Parlamento e Consiglio], ponendo sul tavolo la totale incompatibilità di questa Pac con gli impegni assunti per l’ambiente, il clima e la biodiversità”.

Quali rischi per clima e biodiversità

Mentre al Parlamento si dibatteva sulla Pac, è uscito un rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente (EEA: European Environment Agency), State of Nature, dove si evidenzia che lo stato di conservazione degli ecosistemi naturali è sempre più minacciato e che queste minacce arrivano in buona parte dalle attività agricole.

Molte pratiche agricole, infatti, mettono a rischio la biodiversità, perché contribuiscono a ridurre il numero di specie animali e vegetali che popolano gli ecosistemi, ad esempio attraverso la deforestazione (per fare spazio a nuove colture e allevamenti) e il drenaggio delle torbiere.

Qui c’è secondo problema: agricoltura e allevamenti intensivi, attraverso il cambio di utilizzo dei suoli, contribuiscono all’aumento delle emissioni di gas-serra, perché foreste e torbiere sono bacini naturali in grado di assorbire l’anidride carbonica.

Gli allevamenti, inoltre, come emerso da un recente studio di Greenpeace su dati FAO, producono ingenti quantità di gas-serra, tra cui soprattutto metano (che deriva dal letame e dalla fermentazione enterica del bestiame, vale a dire dalla loro digestione) e ossidi di azoto per via dell’uso di fertilizzanti chimici.

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