Quando si parla di contratti a lungo termine per l’acquisto di energia rinnovabile o “green PPA” (Power Purchase Agreement), i nomi più citati sono quelli delle grandi società americane del settore informatico, come Facebook, Apple, Microsoft.
Compagnie che, per prime, hanno iniziato a puntare sui PPA aziendali per avvicinarsi il più possibile all’obiettivo – già raggiunto in alcuni casi – di utilizzare il 100% di elettricità pulita.
Le ultime statistiche disponibili (agosto 2018) di Bloomberg New Energy Finance, evidenziano che nel mondo nei primi sette mesi dell’anno si sono siglati contratti di questo tipo per un totale di circa 7,2 GW di potenza installata nelle fonti rinnovabili, soprattutto eolico e fotovoltaico.
In cima alla classifica troviamo gli Stati Uniti, dove i PPA “verdi” sottoscritti finora dalle multinazionali nel 2018 hanno sfiorato 4 GW alla fine di luglio, secondo le rilevazioni del Rocky Mountain Institute.
L’Europa invece è un po’ in ritardo, con qualche eccezione nei paesi nordici, mentre l’Italia ha visto il suo primo contratto PPA aziendale lo scorso febbraio, stipulato tra Engie (venditore di energia) e la società austriaca di laterizi Wienerberger.
In Italia l’interesse verso i PPA sta crescendo grazie alla realizzazione di grandi parchi fotovoltaici senza incentivi: quello di Montalto di Castro, il primo in Italia in market parity, si regge su un contratto di lungo termine firmato dall’investitore (il fondo Octopus) con Green Trade.
Ne parliamo con Alessandro Marangoni (AD di Althesys)
Perché un Power Purchase Agreement può essere una scelta ottimale per un investimento nelle rinnovabili?
La logica di un PPA è particolarmente interessante per quelle fonti rinnovabili, come eolico e fotovoltaico, che hanno un costo iniziale d’investimento, i Capex, molto elevato, tanto da incidere fino al 90% sul valore complessivo di un progetto, mentre in genere hanno costi molto ridotti per l’esercizio e la manutenzione degli impianti, gli Opex, essendo pari a zero il costo del combustibile.
Qual è allora il principale vantaggio di un PPA “verde”?
Chi vuole realizzare un grande impianto deve conoscere in anticipo quali saranno i suoi ricavi dalla vendita di energia negli anni successivi, altrimenti avrà difficoltà a ottenere un finanziamento dalle banche. Di fatto, gli incentivi feed-in o tramite aste, sono dei PPA con una controparte pubblica, che assicura il pagamento di una determinata tariffa, o di una soglia minima, favorendo così la bancabilità del singolo progetto. Per il cliente-consumatore, invece, l’elemento principale è la stabilità e prevedibilità del prezzo.
Quanto dura di solito un contratto di questo tipo?
Si parla di almeno 10-15 anni, perché l’investitore vuole coprire con il PPA il periodo necessario a ripagare il finanziamento iniziale. Queste sono le durate prevalenti nei paesi, come gli Usa, dove questo strumento è più utilizzato. In Europa la durata media è inferiore, soprattutto in Italia, dove i PPA sottoscritti finora hanno orizzonti di 3-5 anni, anche se ultimamente le prospettive stanno cambiando.
Alcuni accordi sono molto complessi, sotto il profilo finanziario: quali sono le clausole più utilizzate?
Il PPA può prevedere un prezzo fisso, agganciato a qualche indicatore, come il PUN, o un prezzo variabile, magari inserito in un corridoio prestabilito con valori minimi e massimi secondo l’andamento del mercato elettrico. Le parti possono stipulare un’assicurazione sul credito, in modo che sia garantita l’affidabilità e la solvibilità del soggetto privato che acquista l’energia. Infine, possono stabilire dei meccanismi finanziari per proteggersi da determinati rischi, ad esempio le eventuali fluttuazioni dei prezzi elettrici.
Tornando all’Italia, secondo lei che prospettive ci sono per una maggiore diffusione dei PPA nel settore delle rinnovabili?
Le prospettive sono legate soprattutto alle dinamiche di mercato, alla crescente competitività delle rinnovabili senza incentivi pubblici, rispetto alle altre fonti di generazione elettrica. Il fondo Octopus, di recente, ha concordato con una banca un rifinanziamento da 23 milioni di euro per il parco FV da 63 MW installato nel 2017 a Montalto. Lo stesso fondo ha già pianificato altri investimenti di questo tipo nel nostro paese.
Per quanto riguarda, invece, gli impianti esistenti a fine incentivo, pensa ci siano opportunità di sottoscrivere contratti pluriennali per la vendita dell’energia?
Da un lato, è più facile concordare un PPA per un impianto che ha terminato gli incentivi, perché si sono esauriti i finanziamenti bancari e il progetto è stato completamente ammortizzato. Dall’altro, però, bisogna prestare molta attenzione alla vita utile residua dell’impianto e ai costi futuri di manutenzione e assistenza. Quindi è difficile pensare che un PPA per un’installazione esistente possa superare di molto 3-5 anni di durata complessiva.
Gli appuntamenti di Key Energy 2018 sull’argomento
Martedì, 6 novembre 2018
ore 14-18 – Quali prospettive per gli impianti solari a terra?
Mercoledì, 7 novembre 2018
ore 14-18 – Il fotovoltaico italiano verso il 2030. Scenari per il rinnovamento e per i nuovi impianti
Venerdì, 9 novembre 2018
ore 10-13 – Le opportunità del Revamping fotovoltaico
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