Grandi isole alla ricerca di futuri green. E la Sardegna?

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Le strategie di Puerto Rico e Hawaii: rinnovabili, accumuli ed elettrificazione. In Sardegna invece si punta sulla metanizzazione; una scelta che ostacola la decarbonizzazione dell'isola e mette a rischio costi che non vedrebbero ritorni.

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Gli scenari di decarbonizzazione vedono percorsi stimolanti in diverse isole del mondo. Qui concentriamoci su alcuni territori di grandi dimensioni che hanno avviato strategie interessanti.

La rinascita dopo la tragedia

Puerto Rico, 3,2 milioni di abitanti, nel 2017 è stata devastata dal violentissimo uragano, Maria, che ha distrutto case, strade, linee elettriche, con una violenza che ha comportato 2975 morti. Dopo un anno molte le famiglie erano ancora senza luce.

Da questo disastro è venuta la spinta a rivedere totalmente il sistema elettrico tradizionale e puntare su rinnovabili, accumuli e minigrid. Nel 2019 il governo si è quindi dato l’obbiettivo di avere un’isola 100% rinnovabile entro il 2050.

Il gestore elettrico ha quindi predisposto un nuovo piano che però è stato giudicato non sufficientemente avanzato dal Regolatore. Il Puerto Rico Energy Bureau (Preb) infatti lo scorso giugno ha sollecitato una decisa accelerazione sulle rinnovabili tale da consentire di passare dal 2% della produzione al 40% nel 2025.

In particolare, ha proposto almeno 3.500 MW solari e 1.300 MW di sistemi di accumulo, ha sollecitato programmi di gestione della domanda e ha rigettato la proposta per un terminale di rigassificazione di metano e di una centrale a gas.

Tra l’altro ha sottolineato come i costi della soluzione “verde”, 13,8 miliardi $, sarebbero inferiori rispetto a quelli dello scenario convenzionale.

Va aggiunto che, il Regolatore ha chiesto anche di valutare la fattibilità di impianti eolici off-shore.

La strategia visionaria

Un’altra situazione interessante riguarda delle isole collocate in un altro oceano, quello Pacifico. Parliamo delle Hawaii, un arcipelago con una superficie di 28.300 km2 e una popolazione, raddoppiata negli ultimi 50 anni, di 1,4 milioni di abitanti.

Nel 2015 il governo, dopo accese discussioni durate anni, ha approvato l’ambizioso obbiettivo di raggiungere il 100% di elettricità rinnovabile nel 2045. Le difficoltà da superare erano notevoli, ma una politica molto attiva e visionaria accompagnata da un forte coinvolgimento della popolazione ha consentito di mettere in moto il processo. Quest’anno le rinnovabili arriveranno al 31% di produzione verde con la prospettiva di un balzo al 50% nel 2022.

La rapida crescita delle rinnovabili si è basata su una larga diffusione di sistemi fotovoltaici sui tetti, 80.000, e di alcuni impianti di grande taglia. La potenza rinnovabile è destinata a crescere rapidamente. Quest’estate sono state infatti aggiudicate gare per realizzare centrali solari per 460 MW e 3 GWh di sistemi di accumulo.

Ma per raggiungere quote ancora più elevate di rinnovabili occorreranno anche impianti eolici off-shore galleggianti. Al momento sono tre i progetti su cui si concentrano gli sforzi. Progression South conta di installare 400 MW entro il 2025 nell’isola maggiore, Hawaii, mentre nell’isola di Oahu dove c’è la capitale Honolulu, sono stati presentati due progetti, ciascuno da 400 MW.

Uno degli elementi che ha facilitato la corsa verso le rinnovabili è l’elevato livello delle tariffe elettriche (0,3 $/kWh) dovuto alla forte quota di elettricità generata con prodotti petroliferi. Al contrario di quanto avviene nelle nostre isole minori, il maggior prezzo di produzione nelle Hawaii si ribalta infatti sui consumatori. La continua riduzione del prezzo dell’elettricità rinnovabile ha inoltre facilitato la penetrazione del solare e dell’eolico.

L’impossibilità di interconnessioni elettriche verso altri Stati rappresenta invece un elemento fortemente limitativo (questa è invece una notevole risorsa per l’isola di cui parleremo nel prossimo paragrafo) che obbliga a ricercare soluzioni efficaci per accumulare energia.

Accelerare la transizione o scelte più tradizionali?

E veniamo alla Sardegna dove il dibattito è apertissimo sulla scelta tra la realizzazione di una dorsale per il metano oppure un’accelerazione delle politiche e degli investimenti coerenti con uno scenario 100% rinnovabili.

RSE ha appeno resi pubblici i risultati di uno studio sul periodo 2020-2040 nel quale vengono confrontati diversi scenari possibili: dalla metanizzazione dell’isola alla copertura dei consumi finali spingendo sull’elettrificazione.

Il rapporto, aldilà delle valutazioni economiche sui diversi scenari analizzati, sottolinea un dato ovvio e cioè che “l’elettrificazione resta la strada più coerente con le politiche di decarbonizzazione sull’orizzonte di lungo termine dal 2050, insieme allo sviluppo dell’idrogeno verde”.

La Sardegna potrebbe in effetti divenire un terreno ideale per attuare il Green Deal europeo e arrivare ad una neutralità climatica anche prima del 2050.

È la strada su cui si stanno incamminando le isole che abbiamo analizzato. Le Hawaii, in particolare, hanno una superficie e una popolazione di dimensioni analoghe a quelle della Sardegna.

E questa evoluzione potrebbe vedere un’accelerazione grazie all’utilizzo intelligente delle risorse di Next Generation EU destinate al nostro paese.

Una rapida diffusione della mobilità elettrica contribuirebbe, tra l’altro, anche al bilanciamento della rete elettrica, il fotovoltaico abbinato all’accumulo diverrebbe la norma e le Comunità energetiche rappresenterebbero un momento centrale e socialmente significativo della crescita delle rinnovabili.

Naturalmente serviranno anche grandi impianti. Ricordiamo che le centrali solari termodinamiche in grado di garantire elettricità giorno e notte non sono mai state accettate nell’isola.  Soluzioni come l’eolico offshore sembrerebbero superare le obiezioni paesaggistiche. Non è così, se pensiamo alla vicenda del parco eolico galleggiante da 504 MW proposto da Ichnusa Wind Power che dovrebbe essere installato a 35 chilometri dalla costa sud-occidentale sarda.

Le reazioni di queste settimane ai 42 aerogeneratori fanno capire come molti non abbiano minimamente compreso l’accelerazione necessaria per far fronte all’emergenza climatica. Legambiente, Greenpeace, WWF e Kyoto Club si sono dichiarati favorevoli alla centrale eolica, mentre una strana alleanza che vede la regione Sardegna, alcuni comuni del Sulcis e Italia Nostra hanno sparato contro l’iniziativa per il suo “impatto ambientale”.

Tra l’altro, Italia Nostra a gennaio aveva cofirmato il documento “Sardegna Isola Zero CO2”. Un po’ di coerenza, signori.

Tornando all’investimento per la metanizzazione, esso non solo rallenterebbe le scelte alternative, ma è essa stessa a forte rischio di divenire sul lungo periodo uno “stranded asset”.

Anche l’ipotesi della Snam di fare della rete italiana uno hub europeo dell’idrogeno, suggestiva ma con fortissime criticità, non si applicherebbe alla Sardegna.

Per capire il nuovo contesto in cui siamo entrati, è utile citare il caso di diverse città negli Usa che hanno imposto l’opzioneall electric” per le nuove case, evitando così l’allacciamento alle reti di metano. E due importanti utilities californiane hanno sollecitato una normativa che estenda questi obblighi a tutto lo Stato in modo da scongiurare la realizzazione di reti di distribuzione del gas inutilizzabili già prima del 2045, data entro la quale la California intende raggiungere la “neutralità carbonica”.

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