Gas nazionale contro il caro energia, perché le misure del Governo serviranno a poco

  • 7 Novembre 2022

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Nel CdM di venerdì si è approvato uno sblocco delle concessioni, in cambio di un po' di gas a prezzi calmierati da dare agli energivori. Ma le intere riserve nazionali certe basterebbero per poco più di 6 mesi di consumi.

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Via libera alle nuove concessioni di idrocarburi nel mare Adriatico per aumentare la produzione di gas nazionale, a partire da 9 miglia dalla costa, puntando a sfruttare 15 miliardi di metri cubi aggiuntivi in dieci anni. In cambio, già da gennaio 2023 (dunque molto prima che eventuali nuove concessioni inizino a produrre), i concessionari dovranno fornire gas a prezzo calmierato da destinare alle imprese più energivore.

Queste le principali novità annunciate in tema di estrazioni offshore dal governo Meloni al termine del Consiglio dei ministri di venerdì scorso, 4 novembre.

Le novità della gas release arriveranno con un emendamento – di cui il Cdm ha autorizzato la presentazione – al decreto legge Aiuti-ter (144/2022) per dare attuazione al decreto Energia (dl 17/2022, art. 16).

Questo emendamento, spiega una nota di Palazzo Chigi, introduce norme volte a rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti di energia, incrementando la disponibilità di gas estratto in Italia da destinare ai clienti finali industriali a un prezzo accessibile.

Più in dettaglio, ha spiegato la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa, il provvedimento “riguarda la possibilità di liberare alcune estrazioni di gas italiano, facilitando le concessioni in essere e immaginandone nuove. Chiederemo ai concessionari che dovessero aderire di mettere a disposizione, in cambio, da gennaio, gas tra uno o due miliardi di metri cubi, da destinare ad aziende energivore a prezzi calmierati“.

Vediamo meglio quali sono le misure.

Innanzitutto, il governo prevede di rilasciare nuove concessioni anche tra le 9 e le 12 miglia dalla costa, in deroga al decreto legislativo 152/2006 (art. 6, comma 17). La deroga però vale unicamente per le aree marine con un elevato potenziale minerario; in sostanza, ogni giacimento deve avere una capacità superiore a 500 milioni di metri cubi di gas.

Poi è previsto che il Gse o le società da esso controllate, possano stipulare, con i concessionari di coltivazione di idrocarburi, contratti di acquisto di diritti a lungo termine sul gas di produzione nazionale, derivante da tale incremento di offerta.

I contratti potranno avere una durata massima di dieci anni; in base al meccanismo, i concessionari dovranno mettere a disposizione del Gse, per i primi due anni (2023-2024), almeno il 75% dei nuovi volumi produttivi attesi e poi almeno il 50% dei volumi per gli anni successivi.

Si parla di un prezzo calmierato tra un minimo di 50 e un massimo di 100 euro/MWh per le industrie energivore.

In pratica, si legge sul Sole 24 Ore, le condizioni di prezzo dei contratti di acquisto stipulati dal Gse dovranno assicurare la copertura dei costi totali effettivi delle produzioni oltre a una equa remunerazione; il prezzo di vendita del gas, stabilito per decreto, conterrà una riduzione percentuale, anche progressiva, rispetto ai valori giornalieri registrati al Psv, rimanendo nel già citato range di 50-100 €/MWh.

Tuttavia, restano diversi punti poco chiari e che destano perplessità, in particolar modo per quanto riguarda le riserve italiane di gas e la loro effettiva utilità.

Stando ai dati ufficilai del MiTE, infatti, le riserve nazionali di gas a terra e in mare – dati di fine 2021 – ammontano a 39,8 miliardi di Sm3 (metri cubi standard) considerando solo quelle “certe”, cui si sommano 44,5 miliardi di metri cubi di riserve “probabili” e 26,7 miliardi di mc di riserve “possibili”, ma in realtà non facilmente estraibili.

Quindi anche ipotizzando (irrealisticamente) di riuscire a estrarre tutte le riserve nazionali, comprese quelle possibili e probabili, il nuovo gas made in Italy basterebbe per meno di un anno e mezzo di consumi (76 miliardi di mc/anno nel 2021). E contando invece solo le riserve certe, il gas nazionale basterebbe per poco più di 6 mesi.

Altra considerazione è che identificare nuovi giacimenti, svilupparli e mettere in produzione i pozzi richiede anni. Solo in caso di giacimenti già coltivati potrebbero bastare alcuni mesi.

Peraltro, come sottolineava in una recente analisi anche il think tank Ecco Climate, il gas nazionale ha costi di estrazione generalmente molto più alti, perché viene estratto da giacimenti più piccoli e marginali rispetto a quelli dei grandi esportatori internazionali.

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Video della conferenza stampa:

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