Catturare l’energia solare nello spazio per poi inviarla sulla Terra, in modo continuo, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, superando i limiti del fotovoltaico tradizionale, è da molto tempo un sogno di tanti ricercatori.
Fino a poco tempo, questa possibilità era rimasta confinata tra fantascienza e teoria. Adesso, però, sta cominciando a entrare nella fase delle dimostrazioni pratiche.
La Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), un’agenzia di ricerca e sviluppo indipendente del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, ha infatti stabilito recentemente un nuovo record nella trasmissione di potenza tramite laser.
Da parte loro, neanche Cina, Europa e Giappone sono rimasti con le mani in mano negli ultimi anni, avanzando con vari programmi pilota verso satelliti operativi per la trasmissione solare.
Il record di DARPA con il progetto PRAD
Il 16 maggio, DARPA ha annunciato che il programma POWER (Persistent Optical Wireless Energy Relay) ha stabilito un nuovo record per la trasmissione di potenza via laser. Durante un test, il gruppo di ricerca ha trasmesso più di 800 W per 30 secondi a una distanza di 8,6 km.
“Abbiamo assolutamente superato ogni dimostrazione precedente per potenza e distanza”, ha dichiarato in una nota Paul Jaffe, responsabile del programma POWER, indicando di avere festeggiato il nuovo record di potenza teletrasportata usando parte dell’energia per preparare dei popcorn, ritratti nella foto di DARPA.
L’esperimento, noto come PRAD (POWER Receiver Array Demo), ha utilizzato una nuova tecnologia di ricevitore compatto progettato da Teravec Technologies.
Il ricevitore, mostrato nella foto di copertina di DARPA, presenta un’apertura centrale in cui entra il raggio laser, progettata per ridurre al minimo la fuoriuscita di luce. Una volta all’interno, il laser colpisce uno specchio parabolico che riflette la luce su decine di celle fotovoltaiche ad alta efficienza, riconvertendo l’energia ottica in elettricità.
L’efficienza di conversione ha superato il 20% su brevi distanze. Il test è stato eseguito presso il sito missilistico dell’Esercito Usa di White Sands, nel New Mexico. Nel test, trasmettitore e ricevitore erano collocati al suolo, dovendo quindi attraversare il tratto più denso dell’atmosfera terrestre, e rendendo i risultati ancora più significativi.
Il progetto POWER punta a creare una rete di relè energetici in grado di trasferire energia istantaneamente da un punto all’altro, utilizzando anche piattaforme aeree. La fase 2 del programma prevede l’integrazione di trasmissione verticale e satellitare.
Stati Uniti: tra dimostrazioni orbitali e ricerca militare
DARPA non è sola. Il laboratorio AFRL dell’aviazione Usa sta portando avanti il programma SSPIDR, centrato sulla missione Arachne, che utilizzerà un modulo sperimentale per convertire la luce solare in onde radio e trasmetterla alla Terra.
Il gruppo aerospaziale americano Northrop Grumman ha invece sviluppato il modulo SSPRITE (Space Solar Power Radio Frequency Integrated Transmission Experiment), mentre il Naval Research Laboratory (NRL) ha testato un modulo di nome PRAM (Photovoltaic Radio-frequency Antenna Module) a bordo dello spazioplano X-37B nel 2020. All’epoca, fu la prima dimostrazione di un sistema fotovoltaico spaziale progettato per la trasmissione di potenza, secondo Chris Depuma, ingegnere di NRL.
Da parte sua, Caltech, un ateneo californiano, con il supporto di donazioni private, ha lanciato nel 2023 il satellite SSPP-1. Il suo modulo MAPLE ha dimostrato la trasmissione di energia nello spazio e verso la Terra sotto forma di microonde, stabilendo a sua volta una prima assoluta, seppure con potenza minima, nell’ordine dei milliwatt.
L’Europa e il programma ESA Solaris
L’Agenzia spaziale europea (ESA) ha avviato nel 2022 il programma Solaris per valutare la fattibilità tecnica e industriale del fotovoltaico spaziale.
Due studi di concetto, affidati ad Arthur D. Little e Thales Alenia Space, sono stati consegnati nel 2023, con l’obiettivo di giungere nel 2025 a una decisione su un possibile dimostratore orbitale (Clima e fotovoltaico, aiuti dallo spazio?).
L’agenzia ha coinvolto attori come Enel ed Engie. Durante la conferenza ministeriale del 2023, l’ESA ha dimostrato una trasmissione wireless a terra di 36 metri capace di alimentare su scala molto ridotta una elettrolisi dell’acqua per produrre idrogeno.
Cina: piani ambiziosi e obiettivi al 2050
La Cina prevede il lancio nel 2028 di un satellite da 10 kW per testare la trasmissione di potenza via microonde.
“Entro il 2050 potremmo realizzare una centrale solare orbitale da 1 GW”, ha dichiarato Duan Baoyan dell’Accademia Cinese di Ingegneria. Il Paese ha già attivato un sito di prova a Chongqing per esperimenti di proiezione di potenza del fascio luminoso (power beaming).
Impossibile che questo comparto sfugga alle tensioni commerciali e geopolitiche che stanno caratterizzando il mondo con sempre maggiore intensità negli ultimi tempi.
“Se la Cina svilupperà per prima questa tecnologia, potremmo un giorno dover comprare energia orbitale da loro”, ha scritto Robert Walker sulla rivista americana SpaceNews, sottolineando come la strategia cinese possa essere vista da alcuni come una possibile minaccia di supremazia tecnologica in un ennesimo settore.
Giappone pronto al primo test orbitale
Il Giappone ha annunciato per il 2025 il lancio del satellite OHISAMA, in grado di trasmettere circa 1 kW di energia tramite microonde a Terra. Il progetto è coordinato da Japan Space Systems (JSS).
“Disporremo più antenne riceventi su 40 km per catturare il fascio in movimento durante il passaggio orbitale”, ha spiegato Koichi Ijichi, consulente senior presso JSS.
A dicembre 2024, il gruppo di ricerca ha effettuato con successo un test aereo da un velivolo in quota a circa 7 km, trasmettendo energia tramite microonde verso una stazione ricevente a terra. Il sistema utilizzava lo stesso modulo fotovoltaico e il trasmettitore previsti per OHISAMA, che avrà una massa di circa 180 kg e sarà collocato in orbita a 400 km da terra. La ricevente terrestre sarà composta da 13 antenne distribuite su un’area totale di 600 m2, disposte lungo 40 km.
Secondo quanto riportato da Notebookcheck, l’esperimento mira a dimostrare la possibilità di alimentare piccoli dispositivi, come una caffettiera o una lavastoviglie, con energia proveniente dallo spazio.
“Questa missione segna un passo decisivo verso la realizzazione di impianti solari spaziali in grado di fornire energia pulita indipendentemente dalle condizioni meteorologiche terrestri.”, hanno detto i ricercatori giapponesi, che puntano a scalare progressivamente questo sistema modulare nei prossimi anni, incrementando la potenza e la durata delle trasmissioni orbitanti.
Tecnologie: microonde, laser e specchi orbitali
La Space-Based Solar Power (SBSP), ovvero la produzione e trasmissione di energia solare dallo spazio alla Terra, si fonda su diverse tecnologie di trasferimento dell’energia, ciascuna con caratteristiche specifiche. Le principali soluzioni attualmente esplorate includono:
- Le microonde, tipicamente nelle bande di frequenza tra 2,45 e 5,8 GHz, sono una tecnologia consolidata e vantaggiosa in quanto penetrano bene attraverso nuvole e pioggia, rendendole adatte a quasi tutte le condizioni atmosferiche; tuttavia, per ottenere fasci ben collimati e potenze utili a distanza, richiedono antenne di trasmissione e ricezione di dimensioni molto grandi, anche di diversi chilometri per centrali orbitanti di scala GW.
- I laser utilizzano luce a lunghezza d’onda nell’infrarosso, attorno a 1 micrometro; hanno il vantaggio di generare fasci molto più stretti e concentrati rispetto alle microonde, rendendo possibile l’uso di ricevitori compatti o mobili; di contro, sono più soggetti all’attenuazione atmosferica, soprattutto per effetto di nubi, polveri o vapore acqueo, e richiedono misure di sicurezza rigorose per evitare rischi da esposizione accidentale.
- Gli specchi orbitali rappresentano un’opzione passiva: riflettono la luce solare naturale verso pannelli fotovoltaici sulla superficie terrestre, prolungando l’illuminazione utile all’alba e al tramonto; non consentono trasmissione notturna né conversione diretta in elettricità, ma possono essere utili per applicazioni complementari o dimostrative.
L’ESA prevede anche configurazioni ibride che combinino microonde, laser e riflettori per bilanciare i vantaggi e mitigare i limiti di ciascun approccio, adattandosi meglio a differenti scenari applicativi e condizioni operative.
Le sfide tecniche del fotovoltaico spaziale
Nonostante i recenti progressi, la SBSP resta una tecnologia con numerosi ostacoli da superare prima della piena applicazione commerciale e civile. Le principali difficoltà riguardano:
- Efficienza complessiva: attualmente, il rendimento globale del sistema, dalla raccolta solare alla trasmissione e riconversione a terra, si aggira tra il 10 e il 20%; le perdite si sommano in ogni fase: conversione fotovoltaica, generazione del fascio (laser o microonde), propagazione nell’atmosfera, e riconversione in elettricità.
- Attenuazione atmosferica: in particolare i sistemi laser sono vulnerabili alla presenza di nuvole, nebbia o aerosol che possono ridurre drasticamente la potenza ricevuta a terra; anche le microonde, pur più stabili, subiscono delle attenuazioni in caso di forti precipitazioni.
- Puntamento e tracciamento del fascio: mantenere l’allineamento preciso tra un trasmettitore orbitante e un ricevitore terrestre richiede sistemi di controllo altamente sofisticati, capaci di compensare rotazioni, vibrazioni e derive orbitali.
- Sicurezza e impatti ambientali: è necessario evitare qualunque rischio per esseri umani, animali e strumenti elettronici. Le aree di ricezione devono essere protette e i livelli di esposizione costantemente monitorati; l’interferenza con altri servizi radio, e il potenziale inquinamento luminoso da strutture riflettenti sono ulteriori punti critici.
- Costi elevati: la costruzione, il lancio e l’assemblaggio di satelliti solari richiede investimenti enormi; la NASA ha stimato in circa 0,61 €/kWh il costo dell’energia prodotta da sistemi SBSP con le tecnologie attuali, contro i circa 0,05 €/kWh delle rinnovabili terrestri.
Per superare questi ostacoli serviranno innovazioni nei materiali, nella robotica spaziale, nella gestione termica e nella miniaturizzazione delle componenti. La riduzione dei costi di lancio e la standardizzazione modulare saranno anch’esse decisive per l’evoluzione di questa tecnologia.
Geopolitica dell’energia solare orbitale
Come accennato, il fotovoltaico spaziale potrebbe alterare ulteriormente gli equilibri energetici globali, con implicazioni incerte, potenzialmente controverse, di cui oggi non comprendiamo ancora a pieno la portata.
L’invio costante di fasci di energia ad alta potenza attraverso l’atmosfera solleva interrogativi ancora poco esplorati: dall’interferenza con servizi radio e meteorologici agli impatti ecologici sulle rotte migratorie degli uccelli, fino a possibili rischi per la salute umana in caso di esposizioni anomale. Anche il problema della proliferazione di detriti spaziali e dell’inquinamento luminoso da grandi strutture riflettenti merita attenzione.
Al di là della dimensione civile, è evidente come i programmi SBSP siano spinti in prima battuta da obiettivi strategici e militari. Gli Stati Uniti, in particolare, mirano a garantire la disponibilità immediata di energia per basi e truppe dislocate anche in aree remote, dove la logistica tradizionale comporta tempi lunghi, costi elevati e rischi operativi significativi.
Anche la Cina e altri attori globali considerano il solare orbitale una tecnologia strategica a duplice uso: militare e civile. È quindi scontato che la creazione di una “nuova frontiera“, come sta succedendo già per esempio con l’accesso all’Artico, rappresenti una nuova superficie di scontro e incontro, di rischi e opportunità, il cui sviluppo è ancora tutto da scrivere.
Ciò che è certo è che la trasmissione senza fili di potenza energetica è una rappresentazione di “potenza” in senso molto più ampio. Non per niente DARPA è una struttura del dipartimento della Difesa Usa, seppur indipendente. Da una matrice simile sono nati in passato programmi militari che poi hanno permesso, ad esempio, lo sviluppo di internet, con il suo inevitabile bagaglio di costi e benefici.
“Chi controllerà il sole artificiale nello spazio potrà decidere dove inviare energia”, ha commentato Jean-Jacques Dordain, ex direttore dell’ESA.
La corsa è aperta, la linea del traguardo è ancora lontana, ma quanto fatto dalla Cina in tempi non sospetti per lo sviluppo di fotovoltaico e batterie, per esempio, insegna che chi parte a passo spedito ora potrebbe acquisire un vantaggio importante e cambiare per sempre il modo in cui produciamo e distribuiamo energia sul pianeta, e con esso il livello di potenza di chi riuscirà a farlo meglio.