Le potenzialità dell’intelligenza artificiale per supportare le attività umane sono molteplici e in buona parte da esplorare, ma si sa già quanto questa rivoluzione potrà pesare in termini di impatto ambientale.
Il cambiamento in atto va guidato con attenzione, sfruttando i mezzi che la tecnologia può offrire per rendere sostenibile il suo utilizzo e per guidare la decarbonizzazione e la lotta ai cambiamenti climatici.
Si è discusso proprio del “dilemma” sfide-opportunità nella conferenza “AI & the energy transition – a dual look” tenutasi presso il NetZero Milan expo summit il 16 maggio a Milano, con l’obiettivo di percorrere la catena del valore dell’AI e individuare possibili risposte.
I giganti dei dati sono industrie energivore
I data center di cui necessitano le applicazioni AI sono diversi rispetto al passato.
Stiamo parlando dei siti cosiddetti “hyperscale”, quelli di grandi dimensioni progettati per gestire workload estremamente pesanti (AI, big data, data analisys), popolati da server multi-processore equipaggiati con potentissime GPU. Saranno queste le infrastrutture IT del futuro, consumeranno molto e saranno tante.
A livello mondiale, la Iea stima che la domanda globale di elettricità dei data center raddoppierà (almeno) entro i prossimi cinque anni, arrivando a valere quanto i consumi del Giappone.
L’effetto sarà particolarmente evidente in alcune aree, ad esempio negli Stati Uniti dove si concentrerà circa la metà della crescita del fabbisogno, e in Europa dove, secondo i dati riportati dal Politecnico di Milano, i consumi energetici dei data center aumenteranno dai 62 TWh del 2024 fino ai 150 TWh nel 2030. La potenza impegnata in Europa da queste strutture crescerà nel frattempo da 10 a 35 GW.
Anche l’Italia sarà coinvolta. Secondo la previsione più cauta di Terna, nella Penisola la potenza IT installata è destinata a quadruplicare dai circa 500 MW del 2024 ai 2 GW del 2030.
Cosa consuma più energia all’interno di un data center? L’hardware, insieme agli apparati di storage e di rete, vale circa il 50% del fabbisogno.
Un altro 37% arriva dai sistemi di raffreddamento, un aspetto sempre più critico dato che la densità di potenza degli attuali rack determina una crescente dissipazione di calore e i sistemi di raffreddamento ad aria non sono più adeguati.
Oggi con l’AI si arriva già fino a 40-80 kW per armadio, rispetto ai 4 o 5 di qualche tempo fa, ma si passerà presto a valori molto più alti.
Come rendere l’AI più sostenibile
Lo scenario di crescita dei nuovi data center per l’AI richiede sforzi progettuali e gestionali per ridurre il fabbisogno utilizzando hardware più efficiente, sistemi di raffreddamento evoluti a liquido, monitoraggio costante per ottimizzare i parametri di funzionamento sostenibile delle strutture (PUE ossia Power Usage Effectiveness, CUE o Carbon Usage Effectiveness e WUE, Water Usage Effectiveness).
Bisognerà anche fare ampio ricorso al “green coding”, ossia codice che richiede meno risorse elaborative, esempio modelli AI più snelli che consumano solamente una frazione della capacità della GPU.
Il presupposto, ovviamente, è riuscire a soddisfare il più possibile il grande fabbisogno energetico di questi edifici con fonti a basse emissioni.
Come ha osservato il Ceo di Terna Energy Solutions, Stefano Schiavoni, infatti, il problema non sarà tanto rispondere all’aumento della richiesta di elettricità, ma farlo tenendo presente che nel mezzo c’è la transizione energetica.
Nel 2030 l’Italia arriverà a consumare 362 TWh di elettricità, rispetto ai 306 del 2023: si tratta di 56 TWh aggiuntivi, dei quali ben 10 causati dai data center. Tenendo conto degli obiettivi per quell’anno, la generazione elettrica da rinnovabili dovrà raddoppiare.
Il calore dissipato dalle macchine, inoltre, potrà essere recuperato e valorizzato, ad esempio per alimentare le reti di teleriscaldamento. Su questo fronte esistono già alcuni progetti attivi in Europa e anche in Italia qualche utility (ad esempio A2A) si sta muovendo.
Ci sarà poi un impatto ambientale sul territorio legato alle infrastrutture da realizzare per le connessioni in alta tensione dei data center.
Secondo le stime di Terna dovranno essere realizzate 437 nuove sottostazioni per l’alta tensione dal 2025 al 2027, la maggior parte nell’area milanese dove si assisterà alla maggior concentrazione di nuovi centri dati.
L’AI può supportare in fase di gestione del progetto, grazie al monitoraggio dei dati sul sito di costruzione. Per esempio, con l’utilizzo di algoritmi che analizzano in tempo reale le immagini, catturate magari con i droni (ci sono già dei test in corso). Poi potrà aiutare nel grande lavoro di manutenzione delle sottostazioni elettriche, grazie alle funzioni predittive.
Dal “green in AI” al “green by AI”
L’analisi dei dati è una leva importantissima quando l’obiettivo è quello di ottimizzare singoli processi e ridurre il consumo di risorse e in questo campo l’AI è preziosa.
La si può già oggi impiegare per il monitoraggio delle linee produttive o per l’abilitazione di nuovi modelli di economia circolare, ad esempio velocizzando il recupero degli scarti e la produzione di nuovi materiali ottenuti da riciclo.
I potenziali benefici sono però più generali. La capacità dell’AI di raccogliere informazioni, migliorare le previsioni e guidare le decisioni può essere cruciale per la lotta al cambiamento climatico.
Secondo lo studio “Accelerating Climate Action with AI” (pdf), realizzato un anno e mezzo fa da Boston Consulting Group e Google, applicando su scala più larga le tecnologie attualmente collaudate, l’AI ha potrebbe contribuire a mitigare dal 5% al 10% delle emissioni entro il 2030.
Una visione condivisa dall’analisi di Carlo Negri, research director del Politecnico di Milano, secondo cui l’intelligenza artificiale può avere un impatto positivo sull’80% dei 169 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals) contenuti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
In particolare, ne potrebbero beneficiare proprio gli obiettivi ambientali, dove l’impatto positivo riguarderebbe 25 target su 27.
Grazie alle capacità di monitoraggio del territorio (si pensi alle immagini satellitari) e all’analisi di grandi quantità di dati mondiali sul clima, potrebbero essere sviluppati nuovi modelli per azioni congiunte e politiche di mitigazione e adattamento.
Per contro, un accesso “indiscriminato” alle informazioni ambientali prodotte grazie all’AI potrebbe portare alla crescita di attività altamente impattanti sullo sfruttamento di risorse.
Anche in questo caso, quindi, la “bivalenza” dell’intelligenza artificiale andrà gestita nel modo migliore (dall’intelligenza umana).