Il Comune di Civitavecchia è impegnato in una delicata partita a scacchi con il governo.
La posta in gioco è la creazione di uno degli hub per l’eolico offshore galleggiante in Italia, e con esso la ripartenza sostenibile di un tessuto economico e sociale che rischia di sfilacciarsi sempre di più, se non si preparerà adeguatamente la transizione da un economia ad alte emissioni ad una a basso contenuto di CO2.
Per decenni Civitavecchia è stata economicamente ed energeticamente dipendente dalle centrali elettriche che ha ospitato, alimentate da fonti inquinanti come il carbone e il gas.
Con la prevista dismissione della centrale a carbone, sarà essenziale che il territorio trovi nuove fonti di lavoro e nuovi settori d’impresa. E l’eolico galleggiante potrebbe fornire una risposta sia alla domanda di lavoro che alla necessità di un nuovo sviluppo industriale.
Civitavecchia ha bisogno però che il governo metta a disposizione una parte dei fondi per la creazione dell’hub, così da attirare gli investimenti privati necessari.
Prende le mosse da qui la partita a scacchi fra il Comune laziale e il governo centrale, di cui Civitavecchia ha denunciato una disparità di trattamento nei confronti dei porti che si sono candidati a ospitare uno degli hub per l’eolico marino flottante.
L’antefatto: le candidature dei porti presso le centrali a carbone
L’eolico offshore galleggiante è una nuova tecnologia che il governo italiano intende incentivare con le misure adottate nel Dl Fer 2. Nei prossimi 10 anni, l’Italia dovrà installare circa 11 GW di nuova potenza eolica marina galleggiante, secondo Anev, l’Associazione nazionale energia del vento.
Sulla scia di tali misure e previsioni, si sono formate iniziative imprenditoriali come Divento Energia, la parnership tra GreenIT, la joint venture tra Plenitude di Eni e Cdp Equity di Cassa Depositi e Prestiti, e la danese Copenhagen Infrastructure Partners.
Il suo obiettivo è sviluppare 5 progetti eolici offshore galleggianti in Italia, con una capacità complessiva di 3 GW e un investimento di circa 15 miliardi di euro.
Una volta attivati, gli impianti, situati a circa 30 km al largo delle coste siciliane, laziali e sarde, dovrebbero generare circa 8 TWh di energia rinnovabile, contribuendo agli obiettivi di decarbonizzazione del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec).
Qualche mese fa, lo Stato ha invitato i porti italiani a candidarsi per ospitare uno di questi hub, soprattutto i porti vicini a centrali elettriche a carbone che sono in procinto di chiudere, come Brindisi e Civitavecchia, così da gestire in modo efficace i costi sociali ed economici di questa transizione energetica.
A candidarsi sono state Brindisi e Taranto in Puglia, Augusta in Sicilia e Civitavecchia nel Lazio.
La questione costi
La autorità portuali delle città hanno presentato dei progetti per la costruzione degli hub con costi piuttosto diversi fra loro.
Il costo totale del progetto civitavecchiese è di 518 milioni di euro, mentre quelli di Brindisi, Taranto e Augusta ammontano complessivamente a circa 350 milioni, di cui una cinquantina di milioni riferiti ad Augusta e il resto ai due porti pugliesi.
Il motivo principale di tale differenza è che il progetto laziale prevede anche una banchina antemurale di fronte al porto, per proteggere i moli più interni da onde e vento.
In attesa del decreto del ministero dell’Ambiente con le sue decisioni finali, il differenziale costi è uno dei motivi principali che avrebbe fatto salire le quotazioni dei porti di Puglia e Sicilia, facendo invece scendere quelle del porto laziale, tanto che, secondo indiscrezioni circolate nelle ultime settimane, Civitavecchia sembrava esclusa dal novero dei candidati.
Dialogo serrato fra Civitavecchia e i suoi parlamentari
Qualche giorno fa, il sindaco di Civitavecchia, Marco Piendibene (nella foto), a capo della nuova giunta di centro-sinistra insediatasi lo scorso luglio, ha scritto ai due parlamentari del territorio, Alessandro Battilocchio di Forza Italia e Mauro Rotelli di Fratelli d’Italia, nonché presidente della Commissione Ambiente della Camera, esortandoli a riflettere sulla possibilità di realizzare un hub per l’eolico offshore galleggiante nel porto cittadino.
“Riteniamo incomprensibile il differente approccio adottato dal governo in situazioni paragonabili a quella di Civitavecchia. A Brindisi e Taranto, ad esempio, si è scelto di investire 300 milioni di euro per la realizzazione di un hub polifunzionale per la creazione e la gestione di un parco eolico offshore presso il porto di Marsala. Tuttavia, lo stesso livello di attenzione non sembra essere al momento riservato alla nostra città, nonostante la sua posizione strategica”, si legge nella lettera del sindaco.
In risposta all’appello del primo cittadino di Civitavecchia, i due deputati del centro-destra hanno precisato che “Civitavecchia è stata rimessa in partita sulla possibilità di realizzazione di un hub eolico nazionale”, aggiungendo che “tuttavia, nonostante questa grande opportunità, non ci sembrano allo stato attuale esserci stati segnali concreti da parte di investitori interessati a questa progettualità, come si era auspicato e come invece si sta verificando in altri porti del sud Italia”.
La risposta del sindaco, non si è fatta attendere: “L’esplicitazione di una volontà pubblica inequivocabile di voler scommettere su Civitavecchia sarebbe il segnale necessario per innescare un circolo virtuoso di sviluppo”, ha scritto Piendibene in una seconda lettera.
Il sindaco ha precisato a QualEnergia.it che, in base ai contatti della giunta, “ci sono soggetti privati di assoluto livello, olandesi e belgi, pronti ad investire per realizzare l’hub a Civitavecchia, qualora lo Stato metta a disposizione una parte con delle risorse pubbliche, quantificabile in un centinaio di milioni di euro”.
Nel porto laziale, infatti, “il progetto potrebbe procedere per fasi. Si potrebbe cioè fare subito la parte più interna, che non necessariamente deve essere protetta da un antemurale. Le strutture eoliche vengono assemblate nell’entroterra del molo, e non c’è bisogno quindi di navi che stiano attraccate e da proteggere dalle onde”, ci ha detto il primo cittadino di Civitavecchia.
“La sola banchina per l’hub costerebbe 100-150 milioni di euro”, cioè come quella dei porti di Brindisi e Taranto, ha aggiunto.
“Anche ad Augusta, Brindisi e Taranto non ci sono manifestazioni d’interessi private già espresse, ma nonostante questo il governo ha messo a disposizione le risorse pubbliche. È questa l’anomalia. I porti di Brindisi e Civitavecchia sono entrambi interessati dalla dimissione delle centrali di Enel. Sono dunque nella stessa situazione. A Brindisi però sono state messe risorse pubbliche, a Civitavecchia no”, ha sottolineato il sindaco.
Piendibene ha invitato i deputati Battilocchio e Rotelli ad un incontro, lunedì 14 ottobre, presso il Comune di Civitavecchia per cercare di delineare insieme una strategia circa il futuro del territorio. “Noi siamo a disposizione per discuterne”, ha detto il sindaco.
Eolico offshore: prospettive di lungo termine
Sarebbe importante che lo Stato intervenisse per fare in modo che l’Italia parta in tempo per non subire la concorrenza di altri porti europei che si stanno attrezzando per gli stessi progetti, come Barcellona, ha spiegato Piendibene (Il futuro dell’eolico galleggiante è in Europa).
“Noi non vogliamo essere solo una base logistica per un parco eolico che si farà. Vogliamo essere un hub per assemblare anche altri sistemi eolici destinati ad altre zone del Mediterraneo che garantirebbero il lavoro per un migliaio di persone, almeno per altri 25 anni. Ci sono già 7-8 progetti di cui si parla, ognuno richiede circa tre anni, si fa presto a fare il conto di quanto lavoro stabile offrirebbero”, anche in funzione della futura dismissione della centrale Enel, ha spiegato il sindaco.
Circa gli eventuali esuberi dei dipendenti Enel, è la società stessa che li dovrebbe redistribuire nelle sue varie attività e sedi, secondo Piendibene.
“Il problema più urgente è quello dell’indotto, cioè i metalmeccanici e altri lavoratori. Parliamo di 600-700 persone. Per loro è evidente che l’eolico offshore galleggiante è la prospettiva che può assorbirli, attraverso una riqualificazione a cui si sta già lavorando. C’è già una linea precisa sia nei confronti delle imprese che dei lavoratori e anche delle start up, dei giovani che possono cominciare a organizzarsi e fornire i prodotti e servizi necessari a questa tecnologia”, ha dichiarato il primo cittadino.
Ci vogliono più hub per l’offshore
“Il Mediterraneo si appresta ad ospitare il nuovo mercato dell’eolico offshore flottante. Non basta un porto del sud per fare crescere questa tecnologia; secondo gli imprenditori serve anche un porto al centro del Tirreno come Civitavecchia”, ci ha detto il sindaco della cittadina laziale.
“Lo sviluppo dell’eolico off-shore avrà necessità di più di due porti adibiti alla logistica industriale di questa nuova applicazione tecnologica”, ha detto Simone Togni, presidente di Anev, a QualEnergia.it, concordando con la posizione di Piendibene.
Poiché nei prossimi dieci anni l’Italia dovrà installare 11 GW di nuova potenza eolica galleggiante, “riteniamo che serva adibire un numero di porti adeguati, certamente più di due, e distribuiti in diversi punti della penisola al fine di consentire la logistica per l’installazione degli impianti e anche per la manutenzione degli stessi”, ha spiegato Togni.
“Non bisogna dimenticare che lo sforzo industriale che l’Italia dovrà sostenere è molto elevato e dovrà protrarsi per anni nell’installazione di floater e turbine eoliche con i relativi ancoraggi, ma contestualmente si dovranno posare i cavi e realizzare le manutenzioni ordinarie e straordinarie e tutto ciò, logisticamente, con soli due porti non sarà possibile farlo”, ha aggiunto.
Parlando dell’incontro della prossima settimana con i due parlamentari della maggioranza di centro-destra, il sindaco di centro-sinistra di Civitavecchia ci ha detto che “l’obiettivo è di sensibilizzarli e fare forza comune, metterci insieme e aiutare il territorio, al di là degli schieramenti politici. Questa è la partita. Siamo al centro del Mar Tirreno e Civitavecchia ha tutte le carte in regola per candidarsi ad essere uno degli hub principali di questa tecnologia. Si tratta di una strategia per il Paese, non è una questione localistica”, ha concluso Piendibene.