Eni ha comunicato un utile netto adjusted, cioè depurato dalle componenti straordinaria o non ricorrenti, di 13,3 miliardi di euro per il 2022, in aumentato di 9 miliardi di euro, pari a oltre il 116%, rispetto all’esercizio 2021, “grazie agli eccellenti risultati della gestione industriale e al notevole contributo delle partecipate”.
L’utile netto adjusted della società per il quarto trimestre 2022 è stato invece pari a 2,5 miliardi di euro, registrando un aumento di quasi il 50% rispetto al corrispondente periodo 2021, con un incremento quindi di 0,8 miliardi di euro.
L’utile operativo adjusted trimestrale, prima di interessi passivi e tasse (Ebit), nel quarto trimestre 2022 è stato invece di 3,6 miliardi di euro, in flessione di 0,2 miliardi, cioè in calo del 6%, rispetto allo stesso trimestre del 2021, per effetto della minore produzione di idrocarburi, scesa del 7% nel periodo, e della riclassificazione di Azule Energy, partecipata angolana alla pari da BP ed Eni, che hanno combinato le rispettive attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi, gas naturale liquefatto (Gnl) e fotovoltaico in Angola.
L’utile operativo adjusted, prima di interessi passivi e tasse, per l’intero 2022 è stato invece di 20,4 miliardi di euro, raddoppiando rispetto al 2021.
Sono questi, in sintesi, i dati salienti dei risultati annuali e trimestrali annunciati stamani dal cane a sei zampe, in attesa del piano strategico per il 2023, che sarà presentato oggi pomeriggio.
Le attività di esplorazione e produzione (E&P) hanno segnato un incremento di Ebit di oltre il 70% a 16,4 miliardi di euro.
Il portafoglio globale di Gas e Gnl (GGP) ha realizzato invece un Ebit di 2,1 miliardi di euro, “provvedendo alla sostituzione di gas russo con gas equity o da paesi ove operiamo e assicurando la continua ottimizzazione del portafoglio gas e Gnl in un contesto di offerta insufficiente, garantendo stabilità e sicurezza degli approvvigionamenti per i clienti e la gestione dei rischi finanziari”, ha comunicato la società.
Le attività di raffinazione e marketing (R&M) hanno poi ottenuto il migliore risultato di sempre con un Ebit di 2,2 miliardi di euro, rispetto a un risultato in pareggio nel 2021, grazie alla maggiore disponibilità degli impianti e all’ottimizzazione dei prodotti, in una fase in cui “le misure di efficienza hanno attenuato l’impatto dell’incremento dei costi energetici”, secondo la società.
“Nel 2022 ci siamo fortemente impegnati non solo nel progredire nei nostri obiettivi di sostenibilità ambientale, ma anche nel garantire la sicurezza energetica all’Italia e quindi all’Europa, costruendo una diversificazione geografica e delle fonti energetiche”, ha dichiarato l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, presentando i risultati.
“Durante l’anno abbiamo concluso una serie di accordi e di attività per rimpiazzare in modo definitivo il gas russo entro il 2025, potendo contare sulle nostre solide relazioni con i paesi produttori e sul nostro modello di sviluppo accelerato, che ci consentiranno di incrementare i flussi di gas da Algeria, Egitto, Mozambico, Congo e Qatar”, ha detto il manager.
Il contesto oil&gas
Dopo le perdite storiche registrate nel 2020 a causa della pandemia di Covid-19, le cinque maggiori società del settore hanno registrato un profitto netto senza precedenti di 153,5 miliardi di dollari (143,1 miliardi di euro) nel 2022.
I ricavi globali generati da petrolio e gas sono saliti a quasi 4.000 miliardi di dollari, sempre nel 2022, “un aumento enorme rispetto alla media recente di 1.500 miliardi di dollari”, ha detto qualche giorno fa il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia, Fatih Birol.
“Eni non fa eccezione al boom di margini dell’industria oil & gas mondiale originato dallo shock dei prezzi energetici”, ha commentato a QualEnergia.it Michele Governatori, responsabile programma elettricità e gas del think tank indipendente ECCO.
“E il fatto che decolli anche l’utile netto ci dice qualcosa sul fallimento o sull’iniquità di un sistema di intervento sugli ‘extraprofitti‘ dell’energia che evidentemente si è concentrato sulle energie rinnovabili, che sono anche quelle che stanno facendo da calmiere alle bollette e i cui investimenti non dovremmo disincentivare”, ha aggiunto Governatori.
Guardando al bicchiere mezzo pieno, il settore dell’Oil & Gas ha “l’opportunità unica di investire una parte significativa di questa cifra nella transizione verso l’energia pulita, soprattutto nelle economie emergenti e in via di sviluppo”, ha commentato Birol in un recente post.
“Ci auguriamo che il management di Eni e il suo principale azionista abbiano chiara l’importanza di usare queste risorse per investimenti tali da rendere il capitale tecnologico, umano e finanziario del gruppo in grado di produrre valore aggiunto anche quando i colpi di coda dei prezzi di petrolio e gas saranno diventati marginali e il sistema energetico, industriale e dei trasporti si alimenterà di tutt’altro“, ci ha detto a sua volta Giulia Signorelli, ricercatrice sulla decarbonizzazione presso ECCO Think Tank.
“Reinvestire questi profitti in progetti di lungo termine nell’upstream oil & gas significherebbe, da un lato, violare gli impegni anche internazionali dell’Italia in termini di politiche per il clima, dall’altro, rischiare un declino rapido e l’irrilevanza nello scenario economico globale”, ha aggiunto Signorelli.
Rinnovabili
Sul fronte delle energie verdi, Plenitude, la controllata di Eni per la generazione e distribuzione di elettricità, oltre che di gas, ha raggiunto 2,2 GW di capacità rinnovabile nel 2022, il doppio dello scorso anno, e sarà affiancata dalla neo costituita Eni Sustainable Mobility nello sviluppare il piano di azzeramento delle emissioni dei clienti, ha comunicato la società.
Parlando di Eni Sustainable Mobility, Descalzi ha detto che “questo veicolo, facendo leva sulla forte presenza nel settore dei biocarburanti, offrirà soluzioni per una mobilità sempre più decarbonizzata ai clienti in Italia e in Europa”.
Piani Eni per il 2023
Descalzi ha fornito anche qualche anticipazione del piano strategico che sarà presentato in giornata, confermando gli indirizzi del passato recente.
“Le nostre priorità strategiche restano confermate: continueremo a investire per assicurare la stabilità e regolarità delle forniture, per soddisfare il fabbisogno energetico e per decarbonizzare le nostre attività e l’offerta ai clienti, mantenendo la disciplina finanziaria indispensabile per garantire ritorni attrattivi agli azionisti”, ha dichiarato.
Dividendi e riacquisti di azioni
L’aumento dell’utile netto ha permesso ad Eni non solo di finanziare gli investimenti e la crescita, ma anche di ridurre l’indebitamento e di remunerare gli azionisti con 5,4 miliardi di euro, distribuiti fra dividendi e riacquisti di azioni proprie, ha indicato la società.
Nelle ore immediatamente successive alla pubblicazione dei risultati, i mercati non stanno premiando il titolo della società in borsa, in calo di oltre l’1% a 13,93 euro a Piazza Affari. I risultati sono infatti in linea o un po’ peggiori delle attese degli analisti.
Non è mancato il commento di Greenpeace Italia e ReCommon sui risultati finanziari per l’anno 2022: “La gran parte di questi profitti andrà in forma di dividendi e riacquisto di azioni proprie a vantaggio degli azionisti, per il 70% privati. Una situazione doppiamente oltraggiosa, soprattutto perché anziché investire su una seria svolta verso la decarbonizzazione, l’azienda si limita a fare greenwashing, mentre continua a destinare gran parte dei propri investimenti a quelle stesse fonti fossili che hanno causato e alimentano la crisi climatica. Inoltre, puntare ancora sul gas significa condannare le famiglie e le imprese italiane a pagare bollette molto care anche nei prossimi anni”.
Nel comunicato le due organizzazioni sottolineano come ENI non sia l’unica compagnia energetica ad annunciare profitti record nelle ultime settimane. Prima lo avevano fatto Exxon Mobil (oltre 52 mld €), TotalEnergies (quasi 34 mld €), Shell (quasi 38 mld €) e BP (oltre 26 mld €).