Energia marina, “3,7 GW sulla rampa di lancio”

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Le varie forme di energia marina possono svolgere un ruolo importante in termini di programmabilità delle fonti e di autonomia energetica dell’Europa.

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L’energia dalle onde, dalle maree e altri tipi di generazione elettrica provenienti dalla famiglia dell’energia marina vantano attualmente una potenza installata ancora molto piccola, di poco superiore ai 535 MW a livello mondiale, ma la capacità di queste tecnologie è destinata ad aumentare di quasi 20 volte, raggiungendo 10 GW entro la fine del decennio.

È quanto è emerso durante un webinar organizzato dall’International Renewable Energy Agency (IRENA) che QualEnergia.it ha seguito.

Secondo Judit Hecke, che si occupa di innovazione per IRENA, la maggior parte della potenza installata consiste in centrali mareomotrici – conosciute anche come sistemi a barriera (tidal barrage o range), cioè l’unico tipo di energia marina ad avere raggiunto una piena maturità commerciale – che rappresenta oltre il 97% della potenza complessiva.

Le altre tecnologie, soprattutto la generazione a flusso di marea (tidal stream) e la generazione da moto ondoso, rappresentano attualmente circa il 2,5% della potenza installata, ma secondo IRENA ci sono attualmente ben 3,7 GW di potenza sulla rampa di lancio, di cui circa due terzi con tecnologie a flusso di marea e un terzo a sfruttare il moto ondoso, con 25 MW in connessione già quest’anno.

Negli ultimi due anni, la produzione di energia dal flusso di marea ha fatto passi importanti, superando il nel 2020 il traguardo dei 50 GWh e generando dall’inizio del 2017 più energia rispetto a tutti i 13 anni precedenti messi assieme, come si vede in questo grafico di Ocean Europe.

Secondo Hecke, finora molte risorse sono state dedicate alla ricerca e sviluppo delle tecnologie di generazione marina, ma adesso che si stanno raggiungendo la maturità tecnica e applicazioni anche su scala medio-grande, la priorità per il settore sta diventando la riduzione dei costi capitali e operativi.

Uno dei modi per raggiungere maggiori economie di scala e ridurre i costi è quello di creare delle sinergie con altre tecnologie rinnovabili. L’asso nella manica delle energie marine è che sono molto più prevedibili rispetto alle loro sorelle fotovoltaiche ed eoliche, rappresentando quindi un importante complemento.

Le maree, infatti, dipendono dai cicli lunari, ed è possibile predire con precisione praticamente millimetrica l’entità di una marea in ogni giorno dell’anno per tutti gli anni a venire. E anche il moto ondoso, che dipende dai venti, è prevedibile in buona approssimazione con diversi giorni di anticipo rispetto al suo verificarsi effettivo, con in più il vantaggio che il moto ondoso continua per un certo periodo anche dopo che il vento è scemato.

L’alimentazione delle attività offshore, delle isole, delle zone costiere, di comparti come l’acquacoltura e la desalinizzazione e di un po’ tutta quella che viene definita l’economia blu sono applicazioni naturali per l’energia marina, in congiunzione anche con fotovoltaico, eolico ed accumulo, come scritto in questo articolo.

Oltre ad avere un impatto visivo nullo o comunque molto ridotto su territori spesso piccoli, frastagliati e delicati come le isole, secondo Hecke, la generazione marina può svolgere un ruolo anche nel bilanciamento delle reti elettriche locali e nazionali.

Le energie marine, oltre a poter dare un contributo essenziale per il raggiungimento degli obiettivi europei sul taglio delle emissioni nocive e a soddisfare il 10% dei consumi elettrici europei, con un obiettivo di 100 GW installati al 2050, possono svolgere un ruolo ancora più importante dal punto di vista strategico ed economico, si è detto nel webinar.

L’Europa, infatti, è leader mondiale nelle tecnologie energetiche oceaniche: detiene il 66% del brevetti sull’energia mareomotrice e il 44% di quelli per il moto ondoso, con la maggior parte dei progetti in tutto il mondo che utilizza tecnologie europee.

Si tratta di una posizione che il nostro continente non ha in altri settori energetici e che la pone in vantaggio rispetto ad altre regioni del mondo, sia per lo sfruttamento di un settore da 53 miliardi di euro all’anno che per il raggiungimento di una maggiore autonomia energetica.

Quello di cui il settore ha bisogno adesso sono una valutazione e pianificazione attenta delle risorse, accompagnate da nuovi modelli di business, regolamentazioni abilitanti e sostegni finanziari, ha concluso Hecke.

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