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L’energia fuori dalle logiche di mercato: democrazia e (ri)municipalizzazione

Il settore dell’energia dovrebbe essere sottratto alle logiche di mercato, riportando reti e servizi energetici alla proprietà pubblica. Solo così si avrebbe un vero Green New Deal. L'analisi e le tesi di uno studio del Transnational Institute.

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Le privatizzazioni hanno portato il pianeta al fallimento. Se vogliamo trovare la via d’uscita dall’emergenza climatica, servono alternative pubbliche che riorientino l’economia verso la giustizia sociale e ambientale.

Le esperienze europee delle comunità locali e delle cooperative energetiche dimostrano che la democrazia energetica è la chiave per contrastare il cambiamento climatico. Ma è l’intero settore dell’energia che deve essere sottratto alle logiche di mercato, pena l’impossibilità di collaborare, anziché competere, in un sistema economico fortemente diseguale.

È quanto emerge dal rapporto “The future is public: towards democratic ownership of public services” (allegato in basso) a cura dell’Istituto di ricerca Transnational Institute (TNI) che da anni lavora sul processo di (ri)municipalizzazione dei servizi pubblici, tra cui quelli energetici.

La (ri)municipalizzazione si riferisce al recupero della proprietà pubblica dei servizi nonché alla creazione di nuovi servizi pubblici. Negli ultimi anni, la ricerca di TNI ha identificato oltre 1.408 casi di (ri) municipalizzazioni di successo che hanno coinvolto più di 2.400 città in 58 paesi in tutto il mondo. Ma non è sufficiente.

La transizione energetica come problema economico

Il movimento per un Green New Deal per l’Europa si è formato per trasformare le richieste di giustizia climatica in proposte, ancorché non sempre concordanti quanto alle modalità (vedi QualEnergia.it).

La stessa Commissione Europea ha dato il suo sostegno ad una azione per contrastare l’emergenza climatica e ecologica continuando tuttavia a privilegiare i profitti privati (e le privatizzazioni) alle preoccupazioni sociali e ambientali.

Sebbene con il Clean Energy Package l’Ue imponga agli Stati Membri di legiferare per proteggere il diritto dei cittadini e delle comunità energetiche a produrre, vendere e accumulare la propria energia, questi “diritti di mercato” trasformano gli utenti in “attori del mercato” che devono competere tra loro, sovrastati dagli operatori storici dell’energia.

Questo approccio non può che aumentare il potere delle grandi compagnie energetiche e minerà le iniziative energetiche minori che il regolamento promette di proteggere, al contempo rallentando la transizione energetica.

Alcuni dei movimenti che hanno preso parte alla Climate Action Week, stanno mettendo sempre più in connessione le grandi multinazionali dell’energia con la crisi climatica, in particolare nel sud del mondo.

Da un decennio in Italia nell’ambito dell’azionariato critico diverse organizzazioni intervengono alle assemblee degli azionisti delle grandi aziende, energetiche e non, per sollecitare una maggiore attenzione agli impatti ambientali e sociali derivanti dalle loro scelte di bilancio.

Ma a sollecitare un totale cambio di paradigma è il caso dell’alleanza olandese Shell Must Fall che in occasione della annuale assemblea degli azionisti (AGM) del 2019 scriveva (profeticamente) sul proprio sito: “Nel mezzo di un’emergenza climatica, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno sono gli azionisti del colosso petrolifero riuniti per discutere di come massimizzeranno i loro profitti. Possa questa riunione degli azionisti essere l’ultima mai tenuta! Facciamo del 2020 il primo anno senza Shell AGM!.

A causa della crisi del COVID l’assemblea degli azionisti prevista per il 19 maggio si terrà nel quartier generale di Shell con soli due soci.

Lasciare le energie rinnovabili al mercato significa che le piccole compagnie energetiche devono competere con le grandi multinazionali per i sussidi e l’approvvigionamento energetico”. A scriverlo è il movimento Trade Unions for Energy Democracy, che raggruppa oltre 70 organizzazioni sindacali nazionali e sovranazionali, tra cui la CGIL, un po’a sorpresa vista l’esperienza che abbiamo in Italia del sindacato nelle vertenze energetiche.

Gli esiti delle esperienze di molte città europee e di gruppi di cittadini testimoniano che sono le soluzioni di mercato e il monopolio di fatto delle grandi imprese che stanno bloccando la transizione energetica, anche grazie a trattati come l’ECT, in grado di tenere sotto scacco la politica energetica della gran parte degli Stati Membri.

Trasformare le società elettriche statali europee privatizzate in enti pubblici

In SudAfrica, una coalizione di sindacati e organizzazioni della società civile sta lottando per salvare dal fallimento e trasformare la multinazionale Eskom, mentre il governo vuole vendere l’intero settore della produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia. La coalizione propone

di costruire una nuova Eskom “completamente pubblica” al fine di sviluppare il suo potenziale di energia rinnovabile, creare posti di lavoro e migliorare la qualità della vita di tutti.

Nella sua proposta per un Green New Deal, il candidato presidenziale americano Bernie Sanders aveva chiesto di realizzare la piena proprietà pubblica dell’intero sistema energetico favorendo “distretti energetici pubblici, servizi pubblici e utilities locali di proprietà dei comuni e delle cooperative”.

Secondo Transnational Institute, gli esempi del Sudafrica e degli USA indicano la strategia necessaria per proporre percorsi per trasformare le società elettriche statali europee privatizzate – come EDF (Francia), RWE ed E.ON (Germania), Iberdrola (Spagna), ENEL (Italia) e Vattenfall (Svezia) – in enti pubblici democratici, considerando che attualmente si comportano, a livello nazionale e internazionale, come “predatori multinazionali”.

Queste campagne, inoltre, dimostrano che le richieste di sistemi energetici di proprietà pubblica a livello locale e nazionale non dovrebbero opporsi, ma rafforzarsi a vicenda. Perché ciò possa accadere serve un forte sostegno dal basso che si potrà avere solo quando i cittadini potranno sperimentare i benefici che possono derivare dalle molte forme di proprietà pubblica.

Democrazia energetica ed esperienze di (ri)municipalizzazione nel Regno Unito

Laddove sono stati (ri) municipalizzate le reti e i servizi energetici e creati modelli democratici di proprietà pubblica, si sono intraprese azioni per il clima che mettono al primo posto le persone e il pianeta con importanti vantaggi economici per i cittadini.

È infatti dimostrato che la privatizzazione dei servizi pubblici, la partecipazione pubblico privato e i modelli di outsourcing hanno portato al peggioramento delle condizioni dei lavoratori, all’aumento dei prezzi e alla riduzione degli investimenti.

L’11% della popolazione del Regno Unito sta affrontando la povertà energetica con migliaia di persone che muoiono ogni inverno a causa delle case fredde.

Le mobilitazioni dei cittadini hanno portato negli ultimi anni alla creazione di una società di energia pubblica a Nottingham e di una comunità energetica a Plymouth. Il loro scopo è offrire tariffe più convenienti, fornendo servizi di efficienza energetica e supportando la generazione di energia rinnovabile.

Plymouth Energy Community (PEC) è un’organizzazione benefit di proprietà della comunità creata nel 2013 con il sostegno del Comune. Nel 2014 ha creato PEC Renewables, che finanzia, installa e gestisce sistemi locali di generazione di energia rinnovabile. Entro il 2019, PEC ha aiutato più di 20.000 famiglie a risparmiare oltre 1 milione di sterline sulle bollette energetiche, abbuonando oltre 26.000 £ di piccoli debiti. PEC ha anche costruito una fattoria solare su un terreno contaminato. In combinazione con i pannelli sul tetto delle scuole e degli edifici della comunità, la città ha una potenza operativa di 6 MW di energia rinnovabile. Le entrate dovrebbero raggiungere 1,5 milioni di sterline e saranno reinvestite in progetti di riduzione della povertà energetica e delle emissioni di CO2.

Tuttavia, affinché queste aziende municipali e di proprietà della comunità possano collaborare e non si superino a vicenda, deve essere recuperato l’intero sistema energetico.

Durante l’ultima campagna elettorale, il partito laburista aveva pubblicato un rapporto con cui proponeva la creazione di un’agenzia nazionale per l’energia. Questa agenzia avrebbe posseduto le dorsali principali di trasmissione e sarebbe stata responsabile della pianificazione e della definizione degli obiettivi di decarbonizzazione.

In questo quadro, le autorità regionali sarebbero proprietarie delle reti di distribuzione, i comuni e le comunità potrebbero produrre localmente energia rinnovabile per i residenti. Questo approccio, scalato e integrato, sarebbe in grado di servire l’intero territorio, in un’ottica di sussidiarietà.

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