Diritti umani e rischi sociali, anche le rinnovabili hanno un “lato oscuro”

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Un’analisi di Verisk Maplecroft sui principali impatti negativi associati all’espansione massiccia delle energie pulite su scala globale.

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La rivoluzione delle energie rinnovabili ha un suo “lato oscuro” fatto di violazioni dei diritti umani?

Almeno in parte sì, è la risposta di Verisk Maplecroft – società di consulenza strategica globale con sede in Gran Bretagna – che ha esaminato i principali rischi sociali correlati allo sviluppo delle tecnologie pulite in tutto il mondo, nel rapporto Human Rights Outlook 2019 (scaricabile qui con registrazione gratuita).

Tra i problemi più noti per le rinnovabili, sotto il profilo etico, c’è lo sfruttamento del lavoro minorile nelle miniere di cobalto in Congo, il paese africano che fornisce la quantità maggiore del prezioso metallo utilizzato per fabbricare le batterie al litio per le auto elettriche e gli impianti di accumulo energetico (vedi foto in alto, credit: The Carter Center/ G. Dubourthoumieu).

Ma questa è solo la punta di un iceberg un po’ più vasto, che tende a rimanere fuori dai radar delle valutazioni sulla reale sostenibilità sociale (oltre che ambientale) dell’industria “verde”.

Nello studio ci sono diversi esempi.

Spesso, infatti, c’è una notevole discrepanza tra le politiche sui diritti umani delle aziende e la realtà sul campo; inoltre, molte società che investono in rinnovabili non hanno ancora implementato una strategia con cui affrontare la responsabilità etico-sociale delle loro attività su scala globale, come evidenzia anche un recente documento del Business & Human Rights Resource Centre (BHRRC).

In Cina, secondo Verisk Maplecroft, l’esposizione dei lavoratori a elementi chimici pericolosi, come il cadmio, negli stabilimenti di pannelli fotovoltaici, desta particolare preoccupazione, data l’applicazione debole e inconsistente degli standard sulla sicurezza e la salute dei lavoratori (OHS: occupational health and safety) nel settore manifatturiero cinese.

Come si evince dal grafico sotto, in diversi paesi asiatici le violazioni per la sicurezza e la salute di chi lavora nelle fabbriche di moduli fotovoltaici sono particolarmente elevate, secondo l’indice di rischio elaborato da Verisk Maplecroft.

Sempre in tema di fotovoltaico, ci sono varie incognite sulla catena di fornitura del quarzo – soprattutto quello di elevata purezza – la materia prima impiegata per produrre il silicio; anche in questo caso, i timori si concentrano sulle scarse condizioni di lavoro nelle miniere di certi paesi (si citano la Mauritania e l’Arabia Saudita) oltre che sulla pericolosità dei siti minerari a causa delle malattie respiratorie che si possono contrarre senza adeguate protezioni (la silicosi in particolare).

Un altro settore esposto alle violazioni dei diritti umani sul lavoro è quello dei biocarburanti.

Di solito, parlando di combustibili prodotti da biomasse vegetali, si enfatizzano i problemi legati all’eccessivo disboscamento, alla perdita di biodiversità, alla distruzione degli ecosistemi per cedere il posto alle piantagioni estensive di canna da zucchero, soia, palma da olio e mais.

Tuttavia, i dati di Verisk Maplecroft – vedi il grafico seguente – evidenziano rischi “elevati” o “estremi” per le persone addette alla coltivazione di diverse piante destinate alla produzione di biocombustibili in Malesia, India, Indonesia, Tailandia, Brasile, oltre che negli Stati Uniti e in Cina.

Il punteggio sui diritti dei lavoratori (Labour rights score), definito dagli analisti per i vari paesi e le diverse colture energetiche, comprende molteplici indicatori, tra cui: utilizzo di migranti per la manodopera (tanto da parlare, in alcuni casi, di “moderna schiavitù”) soprattutto in Malesia, Indonesia e India, sfruttamento di lavoro minorile, entità dei salari, lavoro forzato per un numero eccessivo di ore, discriminazioni.

Nemmeno la costruzione di grandi parchi eolici è esente da complicazioni, che possono riguardare in particolar modo la violazione dei diritti delle popolazioni indigene (proprietà delle terre in primo luogo).

Cina, India, Brasile, Turchia, Messico, Corea del Sud, Stati Uniti, sono tra i paesi in cui tali diritti sono più vulnerabili ai rischi associati all’espansione massiccia dell’eolico (vedi il prossimo grafico).

Finora gli impatti più negativi, termina l’analisi di Verisk Maplecroft, si sono avuti in Messico nello stato di Oaxaca, dove ci sono progetti per una trentina di mega parchi eolici, molti dei quali hanno incontrato una ferma opposizione da parte delle comunità locali per diversi motivi: mancata consultazione, violazione dei diritti sulle proprietà, trasferimenti forzati, minacce perpetrate dalle forze dell’ordine.

Tanto che alcuni progetti sono finiti nelle aule dei tribunali, causando ritardi e perdite finanziarie agli investitori, aumentando molto il rischio-paese del Messico per questo settore delle rinnovabili.

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