Consumi energetici in edilizia, è arrivato il momento di bandire i grattacieli di vetro

Gli involucri in vetro sono molto diffusi e apprezzati, ma richiedono elevati consumi per la climatizzazione. Per questo nella costruzione di nuovi edifici va ripensato il rapporto fra superfici vetrate e altri materiali.

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Il surriscaldamento della terra e la crisi climatica sono causati dai combustibili fossili e dai gas nocivi rilasciati in atmosfera, che producono il cosiddetto effetto serra. La Lotta ai cambiamenti climatici ha come obiettivo quello di contenere tale effetto serra.

Perché allora nel mondo continuano a spuntare come funghi dopo una pioggia estiva centinaia di grattacieli interamente ricoperti di vetro, cioè edifici che altro non sono se non delle serre? Perché cioè si continuano a costruire edifici che amplificano al proprio interno l’effetto serra?

Sono domande che un numero sempre maggiore di ambientalisti, ingegneri, architetti e persone attente ai mutamenti climatici si stanno ponendo.

Sembra paradossale, infatti, che all’interno della serra-mondo si seguitino a costruire nuove serre-ufficio o serre-casa, acuendo la necessità di “climatizzare” gli ambienti con voluminosi sistemi di raffrescamento, aumentando ulteriormente i consumi di energia e le emissioni all’origine dell’effetto serra stesso.

È un po’ come se durante un incendio si versasse benzina sul fuoco invece che acqua. Un circolo vizioso che alcuni stanno provando a rompere.

“Se si usano facciate in vetro standard, si ha bisogno di molta energia per raffreddarle e molta energia equivale a molte emissioni di carbonio,” ha detto a The Guardian Simon Sturgis, consigliere del governo britannico e della Greater London Authority, nonché presidente del Gruppo sostenibilità del Royal Institute of British Architects.

Perché quindi si predilige un materiale come il vetro, che ha bisogno di un maggiore raffrescamento di quanto non sarebbe necessario con altri involucri, generando maggiori emissioni che andranno a surriscaldare ulteriormente l’atmosfera?

Gli involucri in vetro degli edifici sono da decenni molto popolari per una serie di ragioni.

Piacciono ai gruppi edili perché, al contrario di mattoni, pietra, cemento, eccetera. sono un elemento costruttivo che non richiede laboriose e frammentarie stesure in loco, sono creati modularmente e industrialmente su vasta scala, facilmente installabili e consentono quindi vantaggi importanti sul fronte dei costi.

Piacciono anche ai clienti, perché lasciano filtrare molta luce naturale, riducendo quindi i consumi elettrici per l’illuminazione artificiale e influenzando positivamente l’umore e il dinamismo delle persone.

In inverno e nei climi freddi, la valenza negativa dell’effetto serra si trasforma inoltre in valenza positiva, poiché l’irraggiamento diretto degli ambienti consente di ridurre i consumi per il riscaldamento. I vetri piacciono anche perché, soprattutto ai piani alti, consentono vedute mozzafiato e un “respiro” che serve a compensare in parte la piccola dimensione delle unità abitative che si tende a ritagliare in questi edifici.

Ci sono poi motivazioni filosofiche che spiegano la vasta diffusione del vetro, soprattutto nella costruzione di edifici pubblici o di grandi banche e altri tipi di aziende. Il vetro è infatti l’incarnazione simbolica della “trasparenza” nonché della connettività, del legame fra il dentro e il fuori, il rappresentante e il rappresentato.

Questi, in estrema sintesi, i motivi della diffusione del vetro e i suoi vantaggi. Ma a quale costo per l’eco-sistema mondo?

L’Agenzia Internazionale dell’Energia stima che la costruzione, il riscaldamento, il raffrescamento e la demolizione di edifici generino circa il 40% delle emissioni globali di anidride carbonica. L’aria condizionata è responsabile di una percentuale sempre crescente di tali emissioni: l’energia utilizzata per il raffreddamento è infatti raddoppiata dal 2000 e rappresenta attualmente circa il 14% dell’intero consumo mondiale di energia.

Chiaramente si tratta di un dato medio. Molto dipende dalle latitudini, dal tipo di vetratura, dall’uso più o meno esclusivo del vetro rispetto ad altri materiali.

Ma anche tenendo conto di molteplici parametri tecnici, quali i diversi valori di trasmittanza dei differenti tipi di vetratura, si può sostanzialmente dire che in un edificio completamente vetrato, anche con le migliori e più performanti vetrature, risulta teoricamente difficile abbassare i consumi di energia primaria sotto i 130-140 kWh/m2 in zone con climi come quelli del nord Italia.

Come dire, un edificio tutto in vetro, pur bello, luminoso, facile da costruire e filosoficamente accattivante, nella migliore delle ipotesi non va attualmente oltre una classe energetica E, per lo meno in assenza di impianti a energie rinnovabili che ne alimentino i consumi per il raffrescamento o il riscaldamento e di altre possibili varianti.

Non una performance eccezionale insomma, che dovrebbe giustificare un profondo ripensamento nel rapporto fra superfici vetrate e di altri materiali nella costruzione di nuovi edifici e nella ristrutturazione delle torri di vetro già esistenti.

Una diversa modulazione che potrebbe evitare paradossi come quello che avviene non di rado in edifici tutti di vetro, dove nei giorni invernali può succedere che gli uffici esposti al sole richiedano un raffreddamento, mentre quelli in ombra abbiano bisogno di riscaldamento.

Molti fanno notare fra l’altro che le vetrature, con le loro guarnizioni, oltre ad essere problematiche dal punto di vista energetico, hanno anche una vita massima di circa 40 anni, cioè inferiore rispetto a quella di altri materiali.

In piccola parte, la tendenza a favore del vetro già registra un declino, almeno nelle intenzioni dei politici.

I sindaci di città come Londra e New York, stanno infatti cominciando a stabilire degli standard sulle costruzioni che direttamente o indirettamente dovrebbero iniziare a scoraggiare l’uso pervasivo del vetro negli involucri degli edifici.

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