Accumulo elettro-termico nelle rocce: nuova vita pulita per le centrali a carbone?

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La tecnologia ETES proposta da Siemens Gamesa sta funzionando da alcuni mesi in Germania e punta a risolvere il nodo dello storage energetico di lunga durata. Vediamo come e quali sono le soluzioni concorrenti.

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Come si può fare un accumulo energetico di lunga durata? Si possono riutilizzare in qualche modo le centrali fossili nell’ambito di un mix elettrico de-carbonizzato? Ci sono altre soluzioni rispetto alle batterie per “salvare” l’energia prodotta in eccesso dall’eolico e dal fotovoltaico?

Sono domande sempre attualissime, dal momento che molti paesi europei sono impegnati a incrementare le percentuali di elettricità generata con le rinnovabili e puntano a dismettere gli impianti a carbone/lignite.

Riconvertire le vecchie infrastrutture in poli industriali “verdi” è una delle sfide che non solo la Germania, ma anche l’Italia e altri paesi Ue dovranno affrontare nei prossimi anni; una sfida che in Germania ha già portato il governo a definire un piano multimiliardario per uscire definitivamente dal carbone e favorire nuovi investimenti nelle tecnologie pulite.

E proprio in Germania, ad Amburgo, dallo scorso anno è in funzione il primo impianto mondiale di accumulo energetico elettro-termico realizzato da Siemens Gamesa con la tecnologia ETES (electric thermal energy storage).

Il progetto pilota tedesco ora può stoccare fino a 130 MWh di energia termica, utilizzando l’elettricità in eccesso sulla rete per riscaldare mille tonnellate di rocce vulcaniche fino a 750 gradi centigradi; in che modo? Attraverso delle resistenze elettriche e dei ventilatori, l’impianto sfrutta l’energia elettrica per produrre aria calda e così riscaldare le rocce, che a loro volta trattengono il calore accumulato finché è necessario immettere nuovamente elettricità in rete, ad esempio per coprire un picco dei consumi.

A quel punto, entrano in azione le turbine a vapore che impiegano il calore delle rocce vulcaniche per produrre elettricità e così “scaricare” il sistema di accumulo (in pratica, le rocce fungono da batteria).

La tecnologia ETES, secondo Siemens Gamesa, è molto flessibile perché consente di realizzare progetti nuovi stand-alone oppure aggiungere l’accumulo elettro-termico a impianti industriali esistenti così come alle vecchie centrali a carbone, trasformando queste ultime in mega-unità di accumulo energetico.

E poi l’energia in entrata può essere sia elettrica sia termica, così come quella in uscita, in base alle differenti configurazioni del sistema, come evidenzia lo schema sotto; secondo le stime diffuse da Siemens Gamesa, l’efficienza complessiva quindi può arrivare al 45% nella conversione da elettricità/calore a elettricità e al 98% nella conversione da elettricità/calore a calore.

Così la tecnologia si presta a molteplici usi: processi produttivi industriali che necessitano di calore/vapore, accumulo del surplus elettrico delle rinnovabili per stabilizzare la rete.

In una breve analisi sulle prospettive della tecnologia ETES, GTM Research evidenzia che Siemens Gamesa punta a realizzare un impianto capace di accumulare energia nell’ordine dei GWh. L’azienda cercherà così di convincere potenziali clienti a investire in questa soluzione che, si legge nell’articolo di GTM Research, potrebbe aiutare a risolvere il problema di come ridurre l’uso di fonti fossili in settori industriali “pesanti” (potrebbe, quindi, essere un’alternativa allo sviluppo dell’idrogeno).

Ricordiamo che in tema di accumulo energetico “h24” di lunga durata ci sono diverse soluzioni che potrebbero emergere in un prossimo futuro, a patto che si riescano a realizzare impianti su scala commerciale in grado di competere sul mercato garantendo affidabilità, flessibilità e bassi costi operativi.

Tra queste: le batterie criogeniche sviluppate dall’azienda inglese Highview Power e il sistema che sfrutta la gravità proposto dalla start-up svizzero-americana Energy Vault (qui si tratta di impilare blocchi di calcestruzzo con una gru per poi calarli a terra), oltre al sistema ad aria compressa ideato dalla start-up canadese Hydrostor.

Molto difficile, in questa fase embrionale di ricerca e sviluppo e di prime applicazioni dimostrative, prevedere quale sarà (se ci sarà) una soluzione vincente a livello mondiale.

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