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CO2 in impennata, ma non si cambia senza una forte ventata di opinione pubblica mondiale

Negli ultimi trent’anni le emissioni climalteranti sono aumentate nonostante la maggiore consapevolezza sul clima. Eppure un monito arrivava 51 anni fa dal rapporto del Club di Roma.

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La metà di tutte le emissioni di anidride carbonica dovute all’utilizzo dei combustibili fossili è stata emessa dall’umanità a partire dal 1990.

La sua quantità, in poco più di trent’anni (1990-2020), è stata pari a quella immessa in atmosfera dall’inizio della Rivoluzione industriale (1750 circa) al 1990.

Questo il dato è del Global Carbon Budget del 2021, il più autorevole programma internazionale di ricerche sul ciclo del carbonio. Non possiamo non riflettere sul nostro modo di preoccuparci solo dell’immediato presente e dell’impostazione politica generale di rimandare le azioni che andrebbero intraprese per cambiare rotta.

L’IPCC ha prodotto il suo primo Assessment globale sullo stato del clima nel 1990. Oggi siamo nel 2023 e l’IPCC di Assessment globali da allora ne ha pubblicati sei, insieme a molti altri rapporti sugli effetti del cambiamento climatico (vedi Crisi climatica: siamo nei guai secondo il sesto rapporto di valutazione dell’Ipcc, ndr)

Nel 1992 è divenuta realtà la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico e si sono susseguite fino a oggi 27 Conferenze delle Parti della Convenzione.

Dopo tutto questo tempo i risultati raggiunti sono così modesti da non far neanche intravedere quella letterale rivoluzione energetica che dovremmo attuare con urgenza. Non solo, ma i trend delle nefaste conseguenze di una crescita materiale e quantitativa che si ritiene possa essere illimitata, ci hanno condotto a una distruzione dei sistemi naturali del Pianeta.

A marzo 1972, veniva pubblicato il Rapporto del Club di Roma “The Limits to Growthcurato dal System Dynamics Group del Massachusetts Institute of Technology – MIT, con il quale si allertava il mondo sui pericolosi effetti della strada intrapresa, richiamando l’umanità alla necessità di cambiare rotta.

Il Rapporto affermava: «Se l’umanità opterà per questa seconda alternativa invece che per la prima, le probabilità di successo saranno tanto maggiori quanto prima essa comincerà a operare in tale direzione».

Sono passati 51 anni e oggi abbiamo un quadro più chiaro di com’è ridotto il Pianeta, quadro che ci richiama al non perdere più tempo.

Non a caso, proprio lo scorso anno, il Club di Roma con il suo 54° Rapporto “Earth for All” (“Una Terra per tutti” edizioni Ambiente), ha fornito una straordinaria messa a punto di come avviare concretamente una vera e propria rivoluzione positiva verso la sostenibilità.

Questo rapporto ci propone una significativa, documentata e fattibile trasformazione dell’attuale sistema economico dominante, quindi dalla Growth Economy alla Wellbeing Economy (dall’economia della crescita all’economia del benessere).

Aurelio Peccei, nella prefazione de “I limiti alla crescita” puntualizzò: «Non dobbiamo illuderci. Senza una forte ventata di opinione pubblica mondiale, alimentata a sua volta dai segmenti più creativi della società – i giovani e l’intellighenzia artistica, intellettuale, scientifica, manageriale – la classe politica continuerà in ogni Paese a restare in ritardo sui tempi, prigioniera del corto termine e d’interessi settoriali o locali e le istituzioni politiche, attualmente sclerotiche, inadeguate e ciò non pertanto tendenti a perpetuarsi, finiranno per soccombere».

Parole che oggi, 51 anni dopo, suonano come uno straordinario monito anticipatore di una situazione complessiva che in questi decenni è andata, sempre più deteriorandosi e che ha condotto il mondo a una rotta di collisione tra l’attuale sistema economico e lo stato dei sistemi ambientali e sociali giunti a livelli preoccupanti.

L’articolo è stato pubblicato sul n.1/2023 della rivista bimestrale Qualenergia.

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