Anche il biometano vuole i suoi PPA: come sta partendo il mercato italiano?

I cosiddetti BPA (Biomethane Purchase Agreement) possono favorire la decarbonizzazione delle imprese con elevati consumi di energia. Ne parliamo con Andrea Qualiano di Edison. Intanto è stato inaugurato nel torinese il primo impianto di biometano agricolo finanziato dal Pnrr.

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Non sono ancora così conosciuti e diffusi come i PPA (Power Purchase Agreement) per l’energia elettrica rinnovabile, ma i contratti pluriennali per l’acquisto di biometano potrebbero ritagliarsi un ruolo crescente per decarbonizzare le industrie “pesanti”, come le cartiere e le acciaierie.

Parliamo dei BPA (Biomethane Purchase Agreement), accordi di lungo termine siglati tra produttori di “gas verde” e distributori di energia o direttamente tra produttori e clienti finali, tipicamente le aziende con elevati consumi energetici.

In Italia il mercato dei BPA si sta aprendo, grazie anche ai bandi Pnrr per assegnare gli incentivi previsti dal DM 15 settembre 2022, mentre il decreto Agricoltura (art. 5-bis, comma 2), su cui il Gse ha svolto di recente una consultazione, contiene misure per promuovere la produzione di biometano da sottoprodotti agricoli e il suo uso finale nei settori “hard-to-abate”, in cui è più difficile abbattere le emissioni di CO2.

Intanto, il 30 novembre è stato inaugurato a Piverone (TO) il primo impianto di biometano agricolo finanziato con i fondi Pnrr, presso la società agricola Bagnod.

L’impianto ha partecipato al primo bando Pnrr a luglio 2023; realizzato da Prodeval, produrrà circa 3,5 milioni di metri cubi/anno di biometano che saranno interamente ritirati da Engie tramite un contratto BPA di lungo termine. Il biometano sarà poi rivenduto da Engie ai clienti “energivori” in modo da contribuire alla decarbonizzazione delle loro attività industriali, riducendo il consumo di gas di origine fossile.

Per capire meglio i numeri del biometano e le prospettive nel nostro Paese di questi nuovi contratti di fornitura, QualEnergia.it ha parlato con Andrea Qualiano, Head of Green Gas Origination and Gas Supply Decarbonisation di Edison, tra le prime utility a sottoscrivere un BPA in Italia (si veda anche l’intervista al direttore del Consorzio Italiano Biogas, Christian Curlisi: Per il biometano una marcia in più con i contratti PPA).

Partiamo dal contratto BPA che Edison ha siglato di recente con la società svizzera Kanadevia Inova, per il biometano prodotto da un impianto in provincia di Cuneo, la cui costruzione sarà completata entro il primo semestre del 2025. Può spiegare più in dettaglio cosa comporta?

È uno dei primi contratti di questo tipo firmati in Italia, in virtù del quale dal 2025 ritireremo circa 3 milioni di metri cubi l’anno di biometano prodotto da scarti agricoli da Kanadevia Inova, per una durata di 15 anni. Ciò consentirà al produttore di avere un partner, affidabile e con accesso al mercato finale, che gli garantirà il ritiro del biometano per l’intero periodo di validità degli incentivi previsti dal decreto 15 settembre 2022. Per Edison è un contratto strategico, perché con operazioni come questa si rafforza la sua posizione sul mercato italiano ed europeo dei green gas. Allo stesso tempo, offriamo ai nostri clienti, in particolare agli energivori, una soluzione competitiva che permette di ridurre la loro esposizione nei confronti dell’obbligo di compliance al meccanismo ETS [Emissions Trading Scheme, il mercato europeo della CO2, ndr.].

Quali sono le caratteristiche più importanti di questi accordi BPA e quali vantaggi offrono alle controparti?

Come accennavo prima, i contratti BPA offrono vantaggi strategici sia per i produttori, sia per i midstreamer come noi [chi ritira e rivende ai clienti, ndr.] e per i clienti finali. Dal punto di vista del produttore, il BPA assicura il ritiro del gas e delle garanzie di origine per tutto il periodo dell’incentivazione che è, appunto, di 15 anni, beneficiando allo stesso tempo della consolidata esperienza di un midstreamer che lo aiuterà in tutti gli aspetti operativi legati all’immissione in rete. Il BPA permetterà anche al midstreamer di garantirsi un accesso a una fonte energetica rinnovabile per lungo termine, ampliando l’offerta commerciale per i propri clienti e contribuendo al raggiungimento dei loro obiettivi di sostenibilità.

Parliamo ora di condizioni economiche: quali sono mediamente i costi di una fornitura di biometano rispetto ai prezzi del gas naturale?

Il costo di produzione del biometano è solitamente più elevato rispetto a quello del gas naturale di origine fossile. Per questa ragione se fosse commercializzato senza un adeguato meccanismo di incentivazione risulterebbe scarsamente competitivo. Nel 2022 è stato emanato il terzo sistema di incentivazione per il biometano, che garantisce al produttore la stabilità dei ricavi operativi con il cosiddetto conto esercizio, per un orizzonte di 15 anni, fornendo anche un contributo al costo di realizzazione dell’impianto tramite l’accesso ai fondi Pnrr, per un massimo del 40% dei costi totali dell’investimento.

Come funziona in concreto l’incentivo?

Il meccanismo individuato per il conto esercizio è il contratto per differenza a due vie. È una soluzione che, di fatto, sterilizza le fluttuazioni del prezzo del gas naturale, riportando i ricavi dell’impianto al medesimo valore definito inizialmente. In altri termini, il produttore vende a un midstreamer come Edison il gas e le garanzie di origine ai prezzi di mercato; se la somma dei ricavi di vendita è inferiore al valore predeterminato dall’incentivo, il sistema gli conguaglierà la differenza. Viceversa, se i ricavi sono superiori alla tariffa incentivante, il produttore dovrà restituire la differenza. Questa soluzione permette di avvicinare il prezzo del biometano a quello del gas naturale, stabilizzando i ricavi del produttore su un orizzonte di lungo termine.

Guardiamo ancora più in dettaglio i contratti BPA: ci sono condizioni/clausole particolari che si possono inserire per tutelarsi da determinati rischi, ad esempio quelli connessi alla disponibilità di approvvigionamenti di biomasse?

Data la natura dello schema di incentivazione previsto dall’attuale decreto che, come dicevamo, scherma il produttore dalle oscillazioni dei prezzi del mercato a monte e a valle dell’impianto, il contratto BPA è stato disegnato per assicurare al produttore il ritiro del gas e delle garanzie di origine per tutto l’arco di incentivazione, gestendo anche in modo ottimizzato e flessibile tutti gli aspetti operativi legati all’immissione in rete.

A quanto ammonta il potenziale in Italia per gli accordi di compravendita di biometano nei settori industriali hard-to-abate? Come vede il mercato per i prossimi 1-2 anni?

L’Italia avrebbe un grande potenziale per la produzione di biometano, soprattutto se ottenuto attraverso la lavorazione di sottoprodotti agricoli. Secondo il Pniec, al 2030 la produzione potenziale potrebbe raggiungere 5 miliardi di metri cubi, grazie alla riconversione degli impianti a biogas esistenti e alla realizzazione di nuove unità produttive. Nei prossimi anni, quindi, il mercato potrebbe crescere rapidamente per effetto dell’attuale sistema di incentivazione che finanzierà gli impianti entrati in esercizio entro il 30 giugno 2026.

Tuttavia, occorre tener presente che la taglia media di un impianto di biometano alimentato da sottoprodotti agricoli normalmente non riesce a soddisfare il consumo dei settori hard-to-abate, come ceramica, cemento e acciaio. Per questo motivo, la logica di aggregazione di portafoglio attraverso i BPA potrebbe essere la soluzione ideale sia per i produttori, affidandosi a un partner esperto del settore gas che li accompagna per tutto l’arco dell’incentivo, sia per i consumatori, che beneficeranno dell’accesso a questa risorsa con i servizi di ottimizzazione e flessibilità forniti dal portafoglio del midstreamer.

Il decreto Agricoltura (art. 5-bis comma 2) intende promuovere l’uso di biometano agricolo nelle filiere industriali difficili da decarbonizzare, tramite accordi di compravendita del biometano per autoconsumo. Quali impatti pensa possa avere questa norma?

La norma ha introdotto vari profili di novità nel settore, sia sul lato della produzione e del consumo per i clienti hard-to-abate che per le imprese di vendita e i distributori, che non sono i destinatari diretti della norma ma che costituiscono una parte integrante e fondamentale del sistema. Le regole operative sono ancora in fase di definizione e gli operatori del settore stanno ancora valutando gli impatti che queste novità avranno per tutti i soggetti coinvolti. La consultazione del Gse, appena conclusa, è stata un’opportunità per contribuire a definire regole attuative chiare, che tengano in considerazione le varie anime del mondo del biometano, valorizzandole in modo adeguato. Un punto cruciale sarà assicurare trasparenza e semplicità nella certificazione e nella connessione tra produttori agricoli e aziende industriali.

A metà ottobre, il governo ha annunciato che sta lavorando a nuovi incentivi per utilizzare il biometano nelle industrie energivore, nella stessa ottica dell’energy release per le aziende con elevati consumi di elettricità. Secondo lei che forma potrebbe prendere questo incentivo e che caratteristiche dovrebbe avere per essere efficace?

Riteniamo che per essere efficace debba favorire meccanismi e strumenti a mercato, soprattutto per la valorizzazione delle garanzie d’origine, e utilizzare indici di mercato liquidi, hedgeabili [cioè “coperti” dai rischi finanziari, ndr.] e largamente usati. È auspicabile che l’incentivo sia a lungo termine, per favorire pianificazione e investimenti industriali. È poi necessario prevedere meccanismi trasparenti e semplici per l’assegnazione dei fondi, che premino ad esempio i progetti più virtuosi che riescono ad abbattere negativamente la CO2 e consentire il ritiro e riutilizzo della CO2 biogenica.

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