Batterie organiche, a che punto è il progetto italiano?

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Il Cnr guida l'iniziativa ORANGEES per scoprire quali sono i materiali organici più performanti, da sostituire gradualmente ai minerali nei sistemi di accumulo per batterie meno impattanti sull'ambiente.

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Sostituire gradualmente la componente inorganica delle batterie (principalmente minerali come cobalto e litio) con materiali organici, per arrivare a costruire la “batteria del futuro”, più sicura, efficiente, economica ed eco-compatibile.

È l’obiettivo che si è posto il progetto italiano da 4 milioni di euro, denominato ORANGEES, acronimo che sta per ORgANics for Green Electrochemical Energy Storage.

L’iniziativa è guidata dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e vede come partner Enea, Consorzio interuniversitario nazionale per la scienza e tecnologia dei materiali (INSTM), Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), Ricerca sul Sistema Energetico (RSE), oltre alla multinazionale americana Standex International.

L’attività progettuale è stata avviata a maggio 2023 e terminerà a maggio 2026. Si tratta nello specifico di un’indagine rivolta ai diversi materiali che costituiscono una batteria, come elettroliti e componenti elettrodici, aventi sia una natura “ibrida”, ovvero costituiti da una matrice inorganica (metalli e/o ossidi metallici) e organica (da biomassa o scarti di lavorazione industriale), sia una natura puramente organica.

“I materiali ibridi sono sicuramente in grado di offrire una maggiore affidabilità in termini di prestazione elettrochimica, proprio perché presentano elementi metallici che risultano ancora oggi fondamentali ai fini della prestazione di cella”, spiega a QualEnergia.it Alessandra Di Blasi, dirigente di Ricerca dell’Istituto di Tecnologie Avanzate per l’Energia ‘Nicola Giordano’ (Itae) del Cnr e responsabile scientifico di ORANGEES.

“L’obiettivo – chiarisce Di Blasi – è però quello di diminuire progressivamente la componente inorganica in favore di quella organica, a più basso costo e minor impatto ambientale. Pertanto, miriamo a individuare materiali sempre più sostenibili di natura prettamente organica in grado di poter fornire prestazioni competitive rispetto alla richiesta del mercato”.

Il progetto intende studiare e sperimentare l’utilizzo di nuovi materiali sia ibridi (organici/inorganici) che prettamente organici, ottenuti da scarti dell’industria agroalimentare come caseina, siero del latte, cheratina, fico d’India e cellulosa.

Secondo Di Blasi la strada che ci separa da una batteria completamente organica “è ancora lunga”: “Siamo ancora in una fase prematura del progetto – spiega – per poter già individuare il materiale più promettente tra quelli provenienti da biomassa”.

Nell’ottica di una economia circolare, gli scienziati sperano anche di contribuire a compiere scelte più consapevoli e sostenibili già in fase di realizzazione della batteria, motivo per cui vengono svolte anche attività di life cycle assessment (LCA), la metodologia di valutazione che fornisce dati sugli impatti emissivi (e non solo) che un determinato materiale (e/o processo) fornirà durante il suo ciclo di vita, dalla sua creazione allo smaltimento finale, compreso il suo eventuale riuso.

I risultati offerti dalle prime analisi sono stati definiti “incoraggianti”. I ricercatori si augurano che i dati di questa attività progettuale possano fungere da punto di partenza per “far crescere globalmente la sostenibilità della catena del valore dei sistemi di accumulo elettrochimico, spingendo la ricerca verso lo sviluppo di dispositivi a base completamente organica”.

Ad oggi, infatti, non esiste ancora un mercato rivolto a questo segmento, ma ormai questa sembra diventata una strada obbligatoria anche alla luce delle criticità intrinseche di molti materiali comunemente in uso, a partire dalla loro disponibilità (ricordiamo che la Commissione europea ha stilato un elenco di 32 materie critiche, tra le quali rientrano proprio litio e cobalto). Il progetto vuole quindi contribuire a creare le fondamenta per un futuro mercato basato sulle “full-organic batteries”.

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